(AGENPARL) - Roma, 17 Novembre 2025(AGENPARL) – Mon 17 November 2025 CollettivoDieci
Naked Gravity – CollettivoDieci
Con l’arrivo della primavera, le rondini tornano a posarsi tra le mura del Palazzo
Farnese, tracciando nel cielo rotte leggere e invisibili, disegni ef meri che rinnovano
il legame tra storia e natura. È in questo ritorno ciclico, sospeso tra presenza e
assenza, che nasce il nostro progetto: un’azione poetica che prende avvio dal
momento in cui il volo si fa memoria, trasformazione e soglia. La primavera delle
rondini diventa così occasione per osservare ciò che resta, per restituire all’aria e allo
spazio le tracce invisibili dei corpi e dei gesti.
Sinossi del progetto
Il nostro lavoro nasce dall’ascolto di rotte invisibili, quelle linee che attraversano il
tempo e i corpi senza lasciare mappe sicure. Rotte che sono come quelle delle rondini
migranti: silenziose, leggere, puntuali nel loro ritorno ma mai davvero catturabili.
Così anche le traiettorie umane – personali, affettive, collettive – si muovono in spazi
che non hanno con ni certi, in territori interiori che sfuggono alla cartogra a.
In questa dimensione sospesa incontriamo il mito di Icaro. La sua gura ci
accompagna non come racconto concluso, ma come immagine viva: il momento
esatto in cui il volo incontra il rischio della caduta, in cui il desiderio di libertà si
specchia nella fragilità dell’essere umano. La leggenda non ci parla soltanto di un
giovane precipitato, ma della tensione eterna a superare i limiti, della vertigine che
accompagna ogni slancio verso l’ignoto.
La scena diventa spazio di transito e di soglia: un luogo in cui la danza racconta ciò
che sfugge alle parole, e la parola si insinua tra i corpi come eco, memoria o annuncio.
La presenza di un attore – discreta ma necessaria – introduce un controcanto, un
dialogo con i danzatori che non spiega né narra in modo lineare, ma apre varchi, rende
udibili le risonanze interiori, dà voce all’attesa e all’incomunicabile.
Ogni gesto, anche il più ef mero, lascia un segno: un’impronta che non si vede ma
resta. È questo che cerchiamo di indagare: la memoria lasciata dai movimenti, dalle
presenze, dagli incontri. Ciò che rimane dopo un volo, dopo una partenza, dopo una
caduta. Non la ne, ma la traccia.
La performance intreccia mito e contemporaneità, desiderio e perdita, radici e
possibilità. È un paesaggio poetico abitato da corpi e voci che cercano contatto, come
messaggi lanciati nello spazio. Come le rondini che tornano a disegnare cieli
Farnesiani, anche noi cerchiamo di dare forma all’invisibile, di restituire allo
spettatore la vertigine di un volo che non si può fermare, e che proprio nella sua
fragilità trova la sua necessità.
