(AGENPARL) - Roma, 10 Novembre 2025New York, la città che non dorme mai, si è svegliata con una notizia dal valore storico e simbolico:
Zohran Mamdani, 34 anni, figlio di immigrati ugandesi di origine indiana, è stato eletto sindaco.
Ventiquattro anni dopo l’11 settembre, la metropoli che più di ogni altra ha portato sul proprio corpo
e nella propria memoria le ferite di quell’attacco, ha scelto di farsi guidare da un musulmano.
È un fatto che va ben oltre la politica. È il segno di una maturazione collettiva, di un lento ma reale
cammino verso la comprensione e la riconciliazione.
New York — simbolo dell’Occidente aperto, ferito ma vitale — conferma così la propria vocazione:
essere il luogo in cui le differenze non si cancellano, ma convivono, si confrontano e, talvolta,
imparano a riconoscersi.
Che proprio qui un credente musulmano possa essere scelto democraticamente a guidare la città
significa che una parte importante della società americana ha imparato a distinguere tra una fede e le
sue distorsioni ideologiche. È un passo che, a distanza di un quarto di secolo dalle macerie di Ground
Zero, mostra come la paura possa cedere il posto alla fiducia, e la memoria al riconoscimento
reciproco.
Nelle sue espressioni più autentiche, l’Islam pone al centro giustizia, responsabilità e servizio al bene
comune. È rispetto della diversità, compassione per ogni persona, dedizione silenziosa al prossimo.
Se oggi un musulmano viene eletto a capo di una delle più grandi metropoli del mondo, è segno che
questi valori sono ormai riconosciuti come universali, condivisibili da tutti, al di là di ogni
appartenenza religiosa.
Dimostra che la fede, quando è vissuta come responsabilità verso la società, diventa forza di
integrazione e di progresso.
In fondo, anche i valori democratici — dignità umana, libertà, partecipazione, giustizia — non sono
patrimonio esclusivo dell’Occidente, ma linguaggi diversi di una stessa aspirazione.
La democrazia non è solo un sistema di governo: è uno sguardo sull’altro, un riconoscimento di pari
umanità. È questa visione, maturata nel tempo, che consente oggi a una società occidentale di aprirsi
a chi professa una fede diversa ma condivide gli stessi ideali di libertà e responsabilità.
L’elezione di Zohran Mamdani non è dunque solo un fatto interno alla politica americana: è il segno
che la cittadinanza, la competenza e l’impegno civile contano più delle appartenenze identitarie. È la
prova che i valori democratici possono rinnovarsi includendo chi, fino a ieri, veniva percepito come
“altro”.
Ma questo risultato è anche il frutto della pazienza e dell’impegno di milioni di musulmani che, negli
anni successivi all’11 settembre, hanno scelto di rispondere al sospetto con il lavoro, all’odio con la
partecipazione, all’emarginazione con il contributo concreto alla società. È la vittoria dellaperseveranza silenziosa, della fede vissuta come servizio, del dialogo che non cerca visibilità ma
costruisce ponti giorno dopo giorno.
Anche per l’Europa — e per l’Italia — questa elezione è un messaggio. Ci ricorda che l’integrazione
autentica non nasce da slogan o contrapposizioni, ma dalla fiducia nella maturità democratica delle
nostre società. Quando la cittadinanza si fonda sulla partecipazione e sulla competenza, non sulla
diffidenza, allora la diversità diventa una risorsa, non una minaccia.
Forse New York, oggi, ci insegna che la storia non è condannata a ripetersi. Che le ferite possono
diventare cicatrici che insegnano, non muri che dividono. E che quando la conoscenza supera la
paura, anche il cuore delle grandi città può tornare ad aprirsi alla speranza.
Lo dichiara Massimo Abdellah Cozzolino, Segretario Generale della Confederazione Islamica Italiana
