(AGENPARL) - Roma, 23 Ottobre 2025Il decimo Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile“, presentato il 22 ottobre a Roma alla Camera dei Deputati, fotografa un mondo attraversato da crisi multiple e da un preoccupante arretramento sul piano della “pace, della giustizia e della tutela dei diritti, pilastri imprescindibili dello sviluppo sostenibile“, focus di attenzione di quest’edizione 2025 del Rapporto.
L’Agenparl ha intervistato Anna Ascani, Vice Presidente della Camera dei Deputati.
«Buongiorno a tutte e a tutti,
è un onore per me aprire i lavori di questa giornata così rilevante e darvi il benvenuto alla Camera dei deputati.
Rivolgo un sentito ringraziamento ai presidenti dell’ASviS, Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, e al professor Enrico Giovannini, direttore scientifico, per il lavoro rigoroso e appassionato con cui, da dieci anni, l’Alleanza – ostinatamente, sottolineo questa parola – costruisce una vera e propria infrastruttura civile, culturale e scientifica al servizio di una sfida che riguarda tutti noi: quella dello sviluppo sostenibile.
Un saluto a tutte le autorevoli personalità che interverranno oggi: al Ministro Gilberto Pichetto Fratin, al Vicepresidente della Commissione europea Raffaele Fitto, alla rappresentante dell’UNHCR Chiara Cardoletti, alla direttrice del CERN Fabiola Gianotti, e a tutte e tutti i rappresentanti delle istituzioni e della società civile.
Il Rapporto ASviS ci chiama a ragionare su un’idea ampia e concreta di sviluppo, ci ricorda che la sostenibilità è un paradigma che abbraccia ogni ambito della società: è una visione del mondo. Siamo qui per riflettere, proprio attraverso questo documento, sul cammino dell’Italia verso l’attuazione dell’Agenda 2030 dell’ONU.
Un cammino che oggi affronta ostacoli che dieci anni fa, quando furono adottati i 17 Obiettivi, non erano ancora emersi con questa forza. Le crisi che si sono sovrapposte – la pandemia, le guerre, l’instabilità geopolitica, il peggioramento della crisi climatica – rendono quei traguardi ancora più urgenti, ma anche più difficili da raggiungere.
A questo proposito, mi ha colpito un dato tra quelli che saranno presentati diffusamente a breve: a livello globale, solo il 18% dei target dell’Agenda è sulla buona strada per essere raggiunto entro il 2030. Un segnale d’allarme che chiama in causa tutte le responsabilità politiche.
È per questa ragione che, con il 2030 alle porte, diventa ancora più importante parlare di sostenibilità in una concezione olistica, integrata, interconnessa. Gli obiettivi vanno affrontati insieme: dalla lotta alla povertà al lavoro dignitoso, dall’istruzione di qualità all’uguaglianza di genere, dalla giustizia climatica a quella sociale. Non sono tasselli separati, ma parti di un disegno comune.
“Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia”, ha scritto Papa Francesco nella Laudato si’. Un richiamo al fatto che ogni scelta ecologica è prima di tutto una scelta umana e politica: al centro c’è la persona e il suo rapporto con gli altri e con il mondo.
Non possiamo, quindi, affrontare la crisi climatica senza guardare anche alla crisi della democrazia, alla fragilità del multilateralismo, all’erosione dei diritti e all’acuirsi delle disuguaglianze. Lo sviluppo sostenibile è anche una questione di pace, di istituzioni solide. Né possiamo parlare di transizione ecologica senza considerare la giustizia sociale, il lavoro che cambia e che deve rimanere strumento di emancipazione, la povertà che si eredita e che troppe volte si traduce in esclusione.
Secondo l’ultima rilevazione ISTAT in Italia ci sono 5,7 milioni di persone in povertà assoluta: oltre un milione in più rispetto a prima della pandemia. E secondo il Rapporto, il nostro Paese registra un arretramento su sei Obiettivi chiave, tra cui povertà, disuguaglianze, oltre che tutela degli ecosistemi e qualità delle istituzioni. Un dato che richiede politiche pubbliche capaci di intervenire sulle cause strutturali della marginalità.
E lo stesso vale per altri obiettivi di sviluppo sostenibile, come la salute e il lavoro. Due priorità che devono essere centrali, soprattutto ora che si discute della legge di bilancio. È qui che si misura la coerenza di un Paese con gli impegni assunti e la capacità di incidere davvero nella quotidianità dei cittadini.
Come rileva il Rapporto, i dati previsionali rispetto agli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile pubblicati dal Governo destano preoccupazione: per il prossimo triennio quegli indicatori non miglioreranno. Questo significa che non ci saranno progressi su nodi cruciali come la disuguaglianza economica, la povertà assoluta, la speranza di vita in buona salute e la dispersione scolastica.
Il Rapporto ASviS è uno strumento prezioso. Ci offre indicatori, analisi, proposte. Ci dice dove siamo in ritardo ma anche dove si sperimentano soluzioni innovative. Nelle imprese, nei comuni, nelle scuole, nelle reti civiche. L’Italia, nonostante tutto, si muove. E spesso anticipa la politica.
È cresciuta, ad esempio, la consapevolezza che la sostenibilità conviene: alle imprese che innovano, ai lavoratori che trovano nuove opportunità, alle comunità locali che si organizzano per garantire coesione e servizi. La sostenibilità, se ben orientata, rafforza la resilienza economica e sociale, protegge da shock geopolitici e crea condizioni più solide per gestire le incertezze del nostro tempo.
Ma occorre sostenere e promuovere di più la mobilitazione e la partecipazione della società civile. E questo può avvenire soltanto se cittadine e cittadini riacquistano fiducia nelle istituzioni e nella politica. A livello nazionale e non solo. Prendiamo il caso dell’Europa, anche rispetto a ciò che si evince dal documento che sarà presentato oggi: l’UE sembra perdere quel ruolo di campionessa dello sviluppo sostenibile che aveva assunto negli anni scorsi, anche con il Green Deal. Dobbiamo difendere quella visione, migliorarla, rilanciarla, non smantellarla. Il Green Deal, se ben implementato, può diventare il cuore di un nuovo modello sociale europeo, capace di coniugare innovazione e protezione, crescita e giustizia intergenerazionale.
Perché nessuna transizione può funzionare se lascia indietro le persone, se amplia i divari, se non si traduce anche in progresso sociale condiviso.
La politica non può permettersi il lusso della retorica o dell’inerzia. Ogni esitazione ha un prezzo, e lo pagano sempre i più fragili. È qui, nelle istituzioni rappresentative, che dobbiamo assumere con responsabilità il compito di guidare questo cambiamento. E farlo con lungimiranza, con visione, con coraggio.
Mi auguro che questa giornata possa essere un’occasione per rinnovare un impegno collettivo. Perché nessuno di questi obiettivi può essere raggiunto da solo. E ogni obiettivo si rafforza se tenuto insieme agli altri.
Grazie ad ASviS per questo strumento prezioso. E grazie a tutte e tutti voi per il vostro lavoro.
Buon lavoro.»
