
La scuola, che attendeva con fondate speranze le misure promesse per un pensionamento più dignitoso e accessibile è stata tradita ancora una volta. La recente circolare ministeriale sul pensionamento per l’anno 2026 conferma, purtroppo, l’assenza di qualsivoglia agevolazione da parte del Governo, in particolare per quanto attiene al settore scolastico. Né l’Opzione Donna è stata liberata dai suoi attuali vincoli, né è stato esteso il beneficio ai lavoratori che, avendo versato contributi retributivi anteriori al 1996, raggiungono i 64 anni di età. Queste omissioni rappresentano un tradimento delle aspettative legittimamente nutrite dalla comunità educativa, che ha visto svanire le rassicurazioni offerte in campagna elettorale. Ancora più grave appare il contrasto con le recenti dinamiche che premiano i vertici della dirigenza pubblica. Grazie a una sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale la norma del 2014 sui tetti retributivi, l’INPS ha immediatamente applicato l’automatismo previsto dalla legge, elevando gli stipendi dei dirigenti di prima e seconda fascia da 240.000 oltre i 300.000 euro annui. Tale pronuncia, pur legittima sul piano giuridico, evidenzia una disparità intollerabile: mentre i cittadini comuni, e in particolare gli insegnanti e il personale ATA, lottano per conquistare diritti basilari e un futuro pensionistico sereno, una ristretta élite beneficia di incrementi salariali immediati e sostanziosi. Questa deriva non può che suscitare una forte denuncia dell’ingiustizia sociale che permea le scelte politiche odierne. La “casta”, lungi dall’essere un capitolo chiuso della nostra storia repubblicana, sembra riemergere con rinnovata vitalità, perpetuando privilegi che amplificano le disuguaglianze e lasciano indietro la stragrande maggioranza dei lavoratori. È inaccettabile che il benessere di pochi sia anteposto alla tutela di chi, giorno dopo giorno, sostiene il cuore pulsante del nostro sistema educativo con dedizione e sacrificio. In questo contesto, la contestazione già in atto sull’operato del Governo in merito alla crisi di Gaza – che ha rivelato gravi lacune in politica estera – non potrà che estendersi a questa palese ingiustizia interna al nostro Paese, aggravando il quadro di un’amministrazione inadeguata sia sul piano internazionale che nazionale. L’evidente incapacità di promuovere equità sociale e di onorare gli impegni verso i cittadini impone una riflessione profonda: il Governo Meloni, privo della necessaria autorevolezza e visione per guidare l’Italia attraverso queste sfide complesse, dovrebbe trarre le conseguenze inevitabili e rassegnare le dimissioni, aprendo la strada a un rinnovato impegno per la giustizia e la coesione nazionale. Dichiarazione dell’Onorevole Marinella Pacifico, già Senatrice della Repubblica.