
Il bullismo non è un fenomeno confinato ai banchi di scuola. Assume forme diverse lungo tutto l’arco della vita: nel mondo militare prende il nome di nonnismo, in quello lavorativo diventa mobbing, e oggi lo troviamo quotidianamente sui social, nei media e persino nei talk show televisivi.
Spesso assistiamo a trasmissioni in cui l’obiettivo non è il confronto costruttivo, ma la prevaricazione: parole come armi, insulti come strumenti di dominio. Non sorprende che questi comportamenti diventino modello negativo da imitare, trasformando riunioni di lavoro, assemblee condominiali o incontri pubblici in vere e proprie arene.
Il quadro è sconfortante. Se in famiglia, nello sport o a scuola gli adulti non riescono a dare esempi positivi, come possiamo pretendere che i giovani imparino il rispetto reciproco? La cronaca racconta di un aumento di violenza e criminalità giovanile: un segnale d’allarme che dovrebbe far riflettere.
Ma ciò che appare ancor più grave è il comportamento di chi siede in Parlamento. Nei dibattiti politici assistiamo troppo spesso a prevaricazioni, derisioni, offese, calunnie, minacce e odio. Un linguaggio tossico che allontana i cittadini dalla politica e che contribuisce a creare un clima sociale sempre più avvelenato.
Gli epiteti rivolti a figure istituzionali di primo piano – dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Ministro degli Esteri Antonio Tajani, fino al Generale Roberto Vannacci – sono indegni di una democrazia matura. La violenza verbale non è mai “dialettica politica”: è bullismo, puro e semplice.
Quali soluzioni?
Forse servirebbero due rimedi concreti:
Corsi obbligatori per i parlamentari sull’educazione al rispetto della dignità altrui, con sanzioni chiare per chi trasgredisce.
Corsi di yoga, perché oltre ai benefici fisici, lo yoga calma la mente, riduce stress e ansia, favorisce autocontrollo e migliora l’umore.
Non è un caso che la parola “yoga” significhi unione, disciplina, armonia: una via per imparare a governare i propri sensi e a gestire i vissuti interiori.
Se davvero vogliamo un Parlamento – e una società – più sana, dovremmo iniziare da qui: rispetto, consapevolezza e capacità di autocontrollo.