
In seguito alla decisione della Commissione Elettorale Centrale (CEC) di porre fine al mandato del presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, i partiti NPS (Narodni Prvaci Srpske) e DNS (Democratici Indipendenti) hanno annunciato, durante una sessione congiunta delle rispettive presidenze, di non accettare tale decisione. I due partiti denunciano che si tratti di una continuazione del processo politico contro Dodik e riaffermano il proprio sostegno all’istituzione della Presidenza della Republika Srpska.
Nel comunicato congiunto, NPS e DNS chiedono la convocazione urgente di una sessione straordinaria dell’Assemblea Nazionale della Republika Srpska, affinché vengano prese le decisioni necessarie per avviare una battaglia legale contro ciò che definiscono “ingiustizia e forza”.
“Solo i cittadini della Republika Srpska possono revocare il mandato al Presidente,” ha dichiarato Darko Banjac, presidente dell’NPS, sottolineando che le recenti decisioni della CEC e della Corte della Bosnia-Erzegovina mirano a incutere paura, e che NPS e DNS stanno invece dalla parte della libertà.
I due partiti chiedono unità politica tra tutte le forze parlamentari e altri attori della scena politica della Republika Srpska, ribadendo la necessità di difendere la posizione prevista dall’Accordo di Dayton e la piena autonomia delle istituzioni dell’entità.
NPS e DNS hanno inoltre invitato i funzionari nominati della Republika Srpska a dimettersi dalle istituzioni della Bosnia-Erzegovina, sottolineando che la presenza serba in quelle sedi è giustificata solo per prevenire decisioni dannose per la RS.
“Vogliono impedire alla Republika Srpska di decidere, pensare, parlare e lottare per la propria libertà. Ma noi combattiamo la paura con la libertà,” ha affermato ancora Banjac, lanciando un appello per la difesa della Costituzione della RS.
La reazione politica segue la decisione della CEC di interrompere il mandato di Milorad Dodik, dopo la conferma in appello della sentenza di condanna a un anno di carcere e a sei anni di interdizione politica per aver ignorato le decisioni dell’Alto Rappresentante Kristijan Šmit, la cui legittimità è contestata da parte della leadership serba in BiH.