
Dopo la controversa decisione della Commissione elettorale centrale della Bosnia ed Erzegovina (CEC) di revocare il mandato a Milorad Dodik, Presidente della Republika Srpska, è arrivata una dura reazione ufficiale dall’Ambasciata della Federazione Russa a Sarajevo. Mosca accusa apertamente l’Occidente di pressioni politiche e avverte che la Bosnia si trova davanti a una scelta storica.
Nel comunicato, l’Ambasciata russa denuncia che la decisione della CEC rappresenta un attacco politico orchestrato da potenze occidentali per eliminare un leader scomodo come Dodik. Secondo il testo, se la Bosnia-Erzegovina accetterà questo verdetto politicizzato, si allineerà agli Stati dell’“Occidente collettivo” – tra cui Moldavia, Romania, Francia, Germania, Austria e Stati Uniti – dove, a detta di Mosca, si usano strumentalmente le leggi per reprimere gli oppositori.
La nota attacca duramente anche Christian Schmidt, Alto Rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina, definendolo ipocrita per aver improvvisamente sostenuto l’importanza di applicare le decisioni giudiziarie, dopo aver “sputato” sul Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’organo che – si sottolinea – dovrebbe rappresentare l’autorità del diritto internazionale.
Il messaggio diplomatico avverte che l’esistenza stessa della Bosnia ed Erzegovina come Stato unico è ora a rischio, e che l’attuale spirale di tensioni, alimentata da “dettami esterni”, potrebbe portare a un punto di non ritorno. Si chiede quindi ai responsabili politici bosniaci di agire con saggezza, evitando di seguire il destino dell’Ucraina – indicata come esempio di uno Stato trasformato in “strumento della volontà altrui”.
L’Ambasciata conclude sottolineando che la Bosnia-Erzegovina deve ora decidere se essere uno Stato democratico e sovrano o un’entità sottoposta a pressioni straniere. “È giunto il momento della verità”, ribadisce Mosca, avvertendo che le conseguenze potrebbero essere gravi e irreversibili.