
Milorad Dodik, presidente della Repubblica Srpska, ha formalmente chiesto al Tribunale della Bosnia-Erzegovina la commutazione della pena detentiva in una sanzione pecuniaria. La notizia, confermata oggi dal tribunale al quotidiano Dnevni Avaz, segna un’importante evoluzione nel caso che ha scosso le istituzioni bosniache e attirato l’attenzione della comunità internazionale.
Dodik era stato condannato a un anno di carcere e a sei anni di interdizione dalla vita politica per aver ignorato le decisioni dell’Alto Rappresentante, Christian Schmidt, e della Corte Costituzionale della Bosnia-Erzegovina. La Corte d’appello ha confermato il verdetto lo scorso venerdì, rendendolo definitivo.
Dalla sfida alla legalità al riconoscimento del sistema giudiziario
Per settimane, Dodik aveva rigettato apertamente il verdetto, denunciando la legittimità del tribunale e dichiarando che non si sarebbe dimesso dalla sua carica. Tuttavia, chiedendo oggi la conversione della pena in una multa di 36.500 marchi convertibili (circa 18.000 euro), Dodik riconosce implicitamente la giurisdizione della corte e la validità della sentenza.
Secondo la normativa vigente, è possibile sostituire pene detentive inferiori a un anno con una sanzione economica. È quindi probabile che il tribunale accolga la richiesta, aprendo però a nuove critiche politiche e giuridiche sulla coerenza delle istituzioni con i principi dello stato di diritto.
Mandato revocato, ma nessuna intenzione di dimettersi
Nel frattempo, la Commissione elettorale centrale della Bosnia-Erzegovina ha revocato ufficialmente il mandato presidenziale di Dodik. La decisione è diretta conseguenza della condanna definitiva, anche se il politico serbo-bosniaco può ancora presentare ricorso formale contro tale misura.
Nonostante tutto, Dodik ha ribadito pubblicamente di non avere alcuna intenzione di dimettersi, rilanciando invece l’idea di un referendum popolare nella Repubblica Srpska per decidere sul suo futuro politico.
Un sostegno regionale e internazionale
A sostegno di Dodik si sono schierati il presidente della Serbia Aleksandar Vučić e il primo ministro ungherese Viktor Orbán, entrambi critici verso la gestione internazionale della Bosnia-Erzegovina. Inoltre, Mosca continua a sostenere apertamente Dodik, tanto che la Russia ha chiesto una sessione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per discutere la situazione.
Il caso Dodik si sta dunque trasformando sempre più in una questione geopolitica, in cui si incrociano interessi interni, regionali e internazionali.