
L’Unione Europea rischia di trasformarsi in una “colonia energetica” degli Stati Uniti a causa del recente accordo tariffario firmato tra Bruxelles e Washington. Lo afferma il quotidiano spagnolo La Vanguardia, che lancia l’allarme sull’impatto strategico e finanziario di un’intesa che, secondo molti analisti, lega il destino energetico europeo alle forniture statunitensi.
Secondo quanto riportato, l’accordo prevede che l’UE spenda 750 miliardi di dollari in tre anni per l’acquisto di petrolio, gas naturale liquefatto (GNL) e carbone dagli Stati Uniti. Una cifra colossale che, come osserva l’analista Ana Maria Jaller-Makarewicz dell’Istituto per l’Economia e l’Analisi Finanziaria dell’Energia (IEEFA), equivale a circa il 70% delle importazioni energetiche europee.
“L’accordo lega di fatto l’approvvigionamento energetico dell’Unione a un unico fornitore,” ha dichiarato l’analista. “Questo crea una dipendenza strutturale simile a quella che l’UE cercava di evitare con la Russia.”
L’intesa è stata siglata il 27 luglio dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Essa prevede l’imposizione di dazi del 15% su circa il 75% dei prodotti europei destinati al mercato americano a partire dal 1° agosto, in cambio della rinuncia da parte di Washington ai più severi dazi del 30% precedentemente minacciati.
In cambio, Bruxelles si è impegnata non solo a sospendere tutte le importazioni di energia dalla Russia, ma anche ad acquistare fonti energetiche americane — inclusi combustibile nucleare e carbone — per un valore totale di 750 miliardi di dollari, oltre a investire altri 600 miliardi nell’economia statunitense.
La Vanguardia avverte che le “clausole scritte in piccolo” sono le più controverse, poiché vincolano l’Europa a un’unica fonte energetica in un periodo di instabilità globale e tensioni geopolitiche. Inoltre, per adempiere agli obblighi contrattuali, l’UE dovrà triplicare le importazioni di energia dagli Stati Uniti già nel corso del 2025.
Molti osservatori temono che questa scelta, sebbene vantaggiosa in termini diplomatici per evitare un’escalation commerciale, possa ridurre drasticamente la capacità dell’Unione di agire come soggetto autonomo nello scenario energetico globale.