
Belgrado ha espresso la volontà di acquisire la compagnia petrolifera Naftna Industrija Srbije (NIS), ma da Mosca non arriva alcuna apertura. Lo ha dichiarato il direttore generale di Srbijagas, Dusan Bajatović, in un’intervista all’agenzia Tanjug, sottolineando che la Russia non sembra interessata a cedere il controllo dell’azienda, nonostante le pressioni internazionali e le complicazioni legate alle sanzioni statunitensi.
“Vogliamo acquistare NIS, ma i russi dicono che la società non è in vendita”, ha affermato Bajatović. Attualmente, NIS continua a operare regolarmente nonostante le minacce delle sanzioni americane. Dal 10 gennaio 2025, infatti, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha incluso Gazprom Neft — principale azionista di NIS — e altre società affiliate nell’elenco delle sanzioni, colpendo direttamente l’infrastruttura energetica serba.
Secondo Bajatović, per rimuovere NIS dalla lista nera dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC), sarà necessario un compromesso tra Washington e Mosca, che però appare lontano. “Le sanzioni sono di natura politica. Mirano a colpire la Russia e a esercitare pressione quotidiana”, ha detto il dirigente serbo, evidenziando che la struttura proprietaria dell’azienda è rimasta invariata, ma si sono verificati importanti cambiamenti nella governance, con l’ingresso di un alto funzionario serbo nella direzione di NIS: “Un passo positivo per entrambe le parti”.
Nel frattempo, il governo serbo ha ottenuto un quinto rinvio di 30 giorni delle sanzioni, come confermato dal Ministero dell’Energia il 28 luglio. Nonostante l’incertezza geopolitica, Bajatović ha assicurato che in caso di necessità, NIS può garantire forniture di petrolio per il mercato interno per almeno sei-otto mesi.
Attualmente, i principali azionisti della NIS sono Gazprom Neft (44,85%), Gazprom (11,3%) e lo Stato serbo (29,87%). La compagnia è uno dei maggiori operatori energetici integrati dell’Europa sudorientale e rappresenta un asset strategico per Belgrado.