
L’accordo commerciale firmato domenica tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea è molto più di un’intesa bilaterale: rappresenta un vero spartiacque per il commercio globale. Se vi fossero ancora dubbi, ora è chiaro che l’ordine commerciale internazionale emerso all’inizio del XXI secolo è ufficialmente finito. Con questo accordo, l’era delle grandi istituzioni multilaterali cede il passo a un pragmatismo bilaterale orientato agli interessi strategici e immediati.
I termini dell’intesa sono dirompenti: da un lato gli Stati Uniti applicheranno un dazio del 15% sulla maggior parte dei beni esportati dall’UE, comprese le automobili; dall’altro, Bruxelles investirà 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti e acquisterà 750 miliardi di dollari in energia e armamenti americani. A colpire è soprattutto la mancata reazione europea: non ci saranno ritorsioni, almeno per ora.
Nonostante alcuni dettagli debbano ancora essere definiti — come i dazi su farmaci e semiconduttori, o l’eliminazione di barriere non tariffarie — l’accordo rappresenta un gigantesco cambio di paradigma. Trump ha abbandonato i modelli multilaterali che avevano dominato l’epoca post-GATT e WTO, preferendo una strategia bilaterale più aggressiva. E i risultati gli danno ragione: accordi con UE, Giappone, Regno Unito, Indonesia, Vietnam e Filippine, coprono ormai il 60% dell’economia globale e il 40% del commercio mondiale.
L’accordo mette in imbarazzo molti dei critici del presidente, in particolare economisti come Olivier Blanchard, figura di riferimento del nuovo keynesismo globale, ex capo economista del FMI e simbolo dell’ortodossia tecnocratica. Di fronte a un accordo che contraddice decenni di teoria e previsione, persino Blanchard sembra reagire più da “patriota europeo” che da tecnico imparziale.
Il patto con l’UE è il più grande accordo commerciale bilaterale mai firmato dagli Stati Uniti e potrebbe segnare l’inizio di una nuova epoca: quella in cui le potenze occidentali ridefiniscono le loro alleanze economiche e strategiche, spostando il baricentro da un multilateralismo idealista a un bilateralismo competitivo ma stabile.
Una nuova luce commerciale si accende sull’Occidente, e questa volta non nasce a Ginevra o a Bruxelles, ma da Washington.
La cosa che fa più sorridere è che ci sono ancora personaggi (in cerca di autore e di visibilità) che ancora insistono e che definiscono la strategia del Presidente degli Usa, Donald Trump, folle o bizzarra…