
Durante un’intervista al programma The Ingraham Angle su Fox News, il senatore repubblicano Ted Cruz ha rilasciato dichiarazioni forti sull’origine e lo scopo della cosiddetta “bufala russa”, puntando il dito contro l’amministrazione dell’ex presidente Barack Obama. Citando documenti e valutazioni dell’intelligence desecretati, Cruz ha sostenuto che alti funzionari dell’amministrazione uscente hanno consapevolmente mentito per screditare Donald Trump e ostacolare la sua presidenza appena iniziata.
Secondo Cruz, documenti ufficiali risalenti all’agosto e settembre del 2016 mostrano che non vi erano prove concrete di un tentativo della Russia di manipolare direttamente il voto americano. Tuttavia, il 9 dicembre 2016 – un giorno che Cruz definisce “da ricordare con infamia” – alti funzionari come James Clapper, Susan Rice, John Kerry e Andrew McCabe avrebbero invertito improvvisamente la narrazione, iniziando a spingere l’idea che la Russia avesse interferito nelle elezioni per favorire Trump.
Cruz ha sottolineato che la stessa comunità dell’intelligence aveva ripetutamente affermato nei mesi precedenti che non vi erano indicazioni di manipolazioni da parte di attori stranieri. Eppure, il giorno dopo l’ultimo briefing presidenziale del 2016, questa posizione sarebbe cambiata drasticamente, contribuendo ad alimentare un clima di sospetto attorno alla vittoria di Trump.
In particolare, Cruz ha affermato:
“La bufala russa riguardava il sovvertimento della democrazia. Erano arrabbiati con gli elettori perché avevano eletto Donald Trump. E hanno deciso di punirli.”
Il senatore ha poi criticato direttamente Barack Obama, sostenendo che sia stato proprio l’ex presidente a ordinare la valutazione dell’intelligence che ha dato il via all’intera vicenda, come confermato in una vecchia intervista del 2018 da James Clapper, ex direttore della National Intelligence.
Cruz ha accusato l’ex capo della CIA John Brennan di avere simpatie comuniste, ricordando che votò per Gus Hall, candidato del Partito Comunista USA nel 1976, evidenziando così l’ideologia estremista, a suo dire, di chi ha guidato le indagini sull’ingerenza russa.
Secondo Cruz, l’intera operazione non era solo un attacco a Trump, ma un attacco al popolo americano, colpevole – agli occhi dell’establishment – di aver eletto un outsider alla Casa Bianca. Una narrazione, quella di Cruz, che si inserisce nel più ampio contesto di sfiducia repubblicana verso le istituzioni federali e i servizi di intelligence degli Stati Uniti.