
A oltre un anno dal grave attentato contro il Primo Ministro slovacco Robert Fico, questa settimana si è aperto il processo a Juraj Cintula, l’uomo armato che il 15 maggio 2024 ha sparato più volte contro il leader slovacco. Ex minatore, scalpellino, poeta e attivista pacifista, Cintula – 72 anni – ha già confessato l’attacco, ma nega di essere un terrorista. Il processo, in corso presso il tribunale speciale di Banská Bystrica, ha lo scopo di chiarire se l’attentato possa essere qualificato come terrorismo o semplice tentato omicidio.
Durante l’udienza, Cintula ha rifiutato di essere interrogato, ma ha interrotto più volte i testimoni, accusandoli di mentire. All’arrivo in tribunale, ha gridato: “Lunga vita alla democrazia, lunga vita alla cultura libera”, ribadendo di aver agito per “rabbia” e non per “odio”. Aveva dichiarato in precedenza che il suo gesto era una risposta alla linea politica di Fico contraria agli aiuti militari a Kiev, salvo poi motivare l’attacco con un’accusa generica al premier: “Stava strangolando la cultura”.
Un perito psichiatrico lo ha descritto come “narcisista, egocentrico e impulsivo”, ma privo di disturbi mentali e perfettamente in grado di affrontare il processo. I testimoni lo hanno descritto come un “eterno ribelle”, attivo online con messaggi come “Stop Fico”, “Stop al terrore governativo” e riferimenti violenti contro leader politici internazionali, tra cui Trump, Orbán, Putin e lo stesso Fico.
Secondo la difesa, l’intento di Cintula non era quello di uccidere il premier ma di renderlo fisicamente inabile. La traiettoria dei proiettili, rivolta verso il basso, indicherebbe il tentativo di evitare aree vitali. Le ferite riportate da Fico, rese pubbliche per la prima volta in aula, sono gravi: lacerazioni all’intestino, alla vescica, frattura dell’anca e problemi digestivi cronici. Il Primo Ministro potrebbe dover affrontare un intervento per la sostituzione dell’articolazione dell’anca.
Fico, assente fisicamente ma rappresentato da un avvocato, ha dichiarato di perdonare Cintula e non intende chiedere danni. Ha definito l’attentatore “una vittima della radicalizzazione mediatica e politica” e ha accusato i media di alimentare un clima sociale tossico.
Il caso scuote profondamente la Slovacchia, membro della NATO, e rappresenta uno dei più gravi attentati politici nell’Europa contemporanea, con implicazioni legate anche al conflitto in Ucraina.