
Finkas Goldschmidt, presidente della Conferenza rabbinica europea, ha condannato con fermezza l’annullamento della conferenza prevista a Sarajevo, definendolo un atto che contraddice profondamente i valori fondamentali dell’Unione Europea, a cui la Bosnia-Erzegovina aspira.
Goldschmidt ha espresso sconcerto e preoccupazione per il modo in cui una città nota per la sua vocazione alla pace sia stata trasformata in un teatro di propaganda d’odio.
“Quando i rabbini europei, senza alcuna finalità diplomatica, promuovono coesistenza e solidarietà, e diventano bersaglio di un boicottaggio istituzionale, non si tratta più di una critica a Israele, ma di propaganda d’odio“, ha dichiarato.
Il rabbino ha ribadito che l’Europa non può arretrare di fronte a nuove forme di antisemitismo e ha sottolineato che chi intende diventare membro dell’UE deve dimostrare impegno reale verso i suoi principi fondamentali.
Secondo Goldschmidt, la Conferenza rabbinica europea è una delle poche istituzioni ebraiche che lavorano attivamente per il dialogo interreligioso. Tuttavia, la riunione del consiglio direttivo prevista per questa settimana a Sarajevo è stata bruscamente annullata:
“All’ultimo minuto, l’hotel ha cancellato la nostra prenotazione. Il Ministro Federale del Lavoro e degli Affari Sociali, Adnan Delić, ha pubblicamente chiesto non solo la cancellazione dell’evento, ma anche l’espulsione dei rabbini europei.”
Goldschmidt ha denunciato il linguaggio utilizzato da Delić, definendolo identico a quello della propaganda di Hamas o del regime iraniano, in particolare per aver definito Israele un’“entità genocida” e accusato i rabbini di voler “umiliare moralmente” Sarajevo.
Ha inoltre dichiarato che la cancellazione da parte dell’hotel è avvenuta sotto evidente pressione politica, e che il silenzio delle altre istituzioni governative rappresenta un danno non solo per la comunità ebraica ma per l’immagine e le aspirazioni europee della Bosnia-Erzegovina stessa.
Nonostante l’episodio, Goldschmidt ha confermato che la conferenza si svolgerà a Monaco di Baviera e che l’invito a Sarajevo resta aperto, come segnale di speranza in un futuro dialogo più aperto e rispettoso.