
(AGENPARL) – Mon 16 June 2025 Firenze, 16 giugno 2025
*Comunicato stampa*
*Quando la Via Lattea incontrò un’altra galassia. E le rubò le stelle*
*Ricerca coordinata dall’Università di Firenze** pubblicata su The
Astrophysical Journal Letters *
Dieci miliardi di anni fa una galassia è morta. A “mangiarla” è stata la *Via
Lattea*, che passaggio dopo passaggio ha attratto a sé le stelle della più
piccola *Gaia Enceladus*, orbitante attorno a lei come satellite. In
realtà, la galassia fagocitata, benché definita nana, presentava dimensioni
considerevoli, tanto che la fusione ha provocato potenti destabilizzazioni
all’interno della Via Lattea. Lo stesso nome, Gaia Enceladus, sottolinea
l’impatto che ha avuto sulla nostra galassia: se “Gaia” riprende il nome
del satellite ESA che ne ha permesso la scoperta e l’analisi dei dati,
“Enceladus” rappresenta un gigante della mitologia greca, imprigionato
sotto la Sicilia e responsabile dei terremoti e delle eruzioni dell’Etna.
Non nella mitologia ma nell’archeologia, in questo caso galattica, si
inserisce lo *studio coordinato dall’Università di Firenze* e
pubblicato su *The
Astrophysical Journal Letters*. L’articolo, intitolato “Evidence of Gaia
Enceladus experiencing at least two passages around the Milky Way”,
dimostra per la prima volta che questo evento di fusione non è avvenuto in
un unico episodio: Gaia-Enceladus ha attraversato più volte il disco della
nostra galassia prima di dissolversi completamente (DOI:
10.3847/2041-8213/addc66).
“Siamo riusciti a identificare stelle provenienti da Gaia-Enceladus
depositate nella Via Lattea durante il suo primo passaggio e gli
attraversamenti successivi” spiega *Ása Skúladóttir*, prima firmataria
dell’articolo e docente di Astrofisica, cosmologia e scienza dello spazio
presso il *Dipartimento Fisica e Astronomia*. “Si tratta di una scoperta
importante per ricostruire l’evoluzione della nostra galassia. Infatti –
prosegue – non tutte le stelle che oggi vediamo nella Via Lattea si sono
formate al suo interno: alcune sono nate appunto in galassie che la Via
Lattea ha inglobato nel tempo e che successivamente si sono dissolte al suo
interno”.
Questa è stata la sorte di Gaia-Enceladus, lentamente prosciugata del suo
patrimonio stellare. Le sue stelle oggi sono sparse in tutta la Via Lattea,
ma possono essere identificate grazie alle loro impronte chimiche e
cinematiche uniche rispetto a quelle delle loro “vicine” nate *in situ*.
“Abbiamo analizzato lo spettro elettromagnetico di alcune stelle
provenienti da Gaia-Enceladus – aggiunge *Skúladóttir* – osservandone la
composizione chimica, in particolare la presenza di alluminio, magnesio,
bario e ferro, elementi attraverso cui possiamo definire la galassia e la
zona di nascita della stella. Un’alta abbondanza di alluminio e magnesio
indica che la stella si è formata in un’area vicina al centro della
galassia. Un altro parametro che analizziamo è l’energia delle stelle, sia
potenziale che cinetica. In questo caso vale il principio opposto: un più
alto valore energetico è correlato a una stella più esterna del disco
galattico”.
Incrociando questi due dati, era stato riscontrato che le stelle della Via
Lattea differivano da quelle appartenenti a Gaia-Enceladus per una maggiore
ricchezza di elementi e un minore movimento. La particolarità dello studio
condotto da Unifi però è un’altra. “Anche tra le stelle di Gaia-Enceladus
si registrano differenze chimiche e cinematiche” afferma *Alice Mori*,
dottoranda in Fisica e Astronomia (Università di Firenze – INAF
Osservatorio Astrofisico di Arcetri). “Questo significa che siamo di fronte
a stelle che orbitavano in zone differenti e che quindi sono state
inglobate dalla Via Lattea in incontri diversi. La composizione di queste
stelle mostra come le prime a essere acquisite provenissero dalle regioni
esterne di Gaia-Enceladus, meno evolute chimicamente, mentre quelle delle
regioni più interne e più ricche di elementi chimici siano state catturate
in passaggi successivi, quando a venire intaccate furono aree più centrali
di Gaia-Enceladus”.
“I risultati della nostra ricerca – concludono le scienziate Unifi – sono
un decisivo passo in avanti per conoscere la storia della nostra galassia.
Prima, infatti, sapevamo solo distinguere le stelle nate nella Via Lattea
da quelle formatesi in altre galassie, senza però conoscere i dettagli
precisi di questo processo. Inoltre – concludono – poter utilizzare le
proprietà chimiche e cinematiche delle stelle ‘rubate’ da una galassia a
un’altra ci permette di ricostruire in modo accurato i processi di crescita
galattica che osserviamo ovunque nel cosmo, perché i processi di fusione
tra galassie sono molto comuni nell’universo”.
Nelle foto allegate:
*-Ása Skúladóttir*
Ufficio stampa
Unità funzionale comunicazione esterna
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE