
La tensione in Medio Oriente continua a crescere: secondo quanto riportato sabato dall’agenzia di stampa iraniana Fars, le basi militari statunitensi nella regione potrebbero essere incluse nella prossima fase dell’operazione di rappresaglia dell’Iran contro Israele.
Citata da Fars, una fonte militare iraniana di alto livello ha affermato che l’aggressione israeliana non resterà impunita e che la risposta iraniana si estenderà oltre i confini di Israele:
“La guerra scatenata dal regime sionista attraverso l’aggressione si estenderà nei prossimi giorni a tutti i territori occupati da questo regime e alle basi americane nella regione. Gli aggressori saranno bersaglio di un attacco di rappresaglia decisivo e su larga scala da parte dell’Iran.”
La fonte ha inoltre avvertito che il conflitto è tutt’altro che concluso:
“Questo scontro non finirà con le azioni di ieri sera. L’Iran continuerà a lanciare attacchi. Saranno dolorosi e faranno pentire gli aggressori.”
L’Iran ha recentemente lanciato missili verso Israele, in quella che ha definito un’operazione di risposta all’attacco israeliano contro il suo programma nucleare. L’azione è stata denominata “True Promise 3”.
Nel frattempo, gli Stati Uniti restano esposti nella regione con una fitta rete militare: oltre 1.000 basi in tutto il mondo, di cui numerose distribuite in Medio Oriente, tra Bahrein, Iraq, Qatar, Kuwait, Arabia Saudita, Siria, Emirati Arabi Uniti, Oman e Giordania. Si stima che siano presenti almeno 170.000 militari americani in più di 80 Paesi.
In un discorso televisivo, la Guida Suprema iraniana, Ayatollah Ali Khamenei, ha ribadito la determinazione del Paese:
“Israele ha scatenato una guerra contro l’Iran. Non resterà impunito. Useremo tutta la forza per farlo pentire.”
Anche il generale Ahmad Vahidi, consigliere del comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, ha sottolineato che la risposta dell’Iran “continuerà finché sarà necessario”.
L’inclusione delle basi USA come possibili bersagli rappresenta un’escalation di gravità internazionale, aumentando il rischio di un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nel conflitto.