
Banja Luka – Il Presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha dichiarato in un’intervista a RTS che non parteciperà alla sessione della Camera d’appello della Corte incostituzionale della Bosnia-Erzegovina, relativa ai ricorsi sulla sentenza di primo grado contro di lui. Il procedimento in corso riguarda l’accusa di mancato rispetto delle decisioni dell’Alto Rappresentante Christian Schmidt, figura che Dodik e altre autorità della Republika Srpska non riconoscono come legittima.
Secondo Dodik, l’intero processo ha una chiara matrice politica. A sostegno di questa tesi, ha sottolineato il rifiuto dell’Interpol di emettere un mandato di arresto nei suoi confronti, dimostrando — a suo dire — l’assenza di fondamento giuridico e la natura politica della persecuzione.
“Tutto questo ha motivazioni politiche. Ed è proprio per questo che mi dà nuova forza e mi motiva a lottare contro l’ingiustizia”, ha affermato.
Il sostegno dell’Ungheria e il peso della diplomazia
Dodik ha ricordato di aver incontrato recentemente a Budapest il primo ministro ungherese Viktor Orbán per l’undicesima volta, sottolineando la cooperazione strategica tra i due Paesi. Ha elogiato in particolare l’aiuto concreto che l’Ungheria sta fornendo alla Republika Srpska, attraverso progetti agricoli ed energetici.
“Orbán comprende la situazione perché lui stesso sta subendo attacchi mediatici e politici simili da parte di Bruxelles”, ha aggiunto.
Durante gli ultimi tre mesi, Dodik ha visitato Mosca, Belgrado, Gerusalemme e Budapest, dimostrando un’intensa attività diplomatica e cercando, secondo le sue dichiarazioni, nuovi modelli di cooperazione al di fuori del contesto euro-atlantico, sempre più ostile nei confronti della sua leadership.
Nessuna partecipazione all’appello
Dodik ha annunciato che non si presenterà alla sessione della Camera d’appello, considerandola una farsa orchestrata per indebolire politicamente la Republika Srpska. Ha definito il processo un tentativo di “demonizzazione” personale e un attacco all’autonomia dell’entità serba in Bosnia-Erzegovina.
“Non permetterò che mi rinchiudano in uno stato mentale costruito per distruggere l’identità della Republika Srpska”, ha concluso.