
Il CONI ha recentemente bandito un Concorso Pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato di 12 unità di personale non dirigenziale. Tra queste, 3 unità rientrano nell’Area delle Elevate Professionalità, 1 unità è destinata all’Area dei Funzionari da assegnare all’URP-Stampa (codice A.4), e le restanti sono distribuite tra altri profili, tra cui ulteriori 7 unità nell’Area degli Assistenti.
In particolare, nel profilo A.4 – Area dei Funzionari, famiglia professionale di tipo “amministrativo-economico-giuridico” da assegnarsi ad URP-Stampa – viene richiesto, tra i requisiti essenziali, l’iscrizione all’albo dei giornalisti, elenco professionisti (ai sensi della Legge 69/1963 e successive modificazioni). È evidente che tale formulazione esclude i giornalisti pubblicisti, sebbene anch’essi iscritti regolarmente all’albo dell’Ordine dei Giornalisti, ma nell’elenco diverso da quello dei professionisti.
Questa scelta solleva non poche perplessità. La Legge 150/2000, che disciplina le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, non distingue né esclude i pubblicisti. Al contrario, riconosce l’importanza della comunicazione istituzionale e la necessità di utilizzare professionisti della comunicazione, comprendendo di fatto sia giornalisti professionisti che pubblicisti. In particolare, l’art. 9 della legge prevede che gli uffici stampa siano affidati a personale iscritto all’albo dei giornalisti, senza specificare l’elenco (professionisti o pubblicisti), aprendo quindi la porta ad entrambe le figure.
La Legge 150 del 2000 istituzionalizza la comunicazione pubblica, rendendola una funzione essenziale all’interno della Pubblica Amministrazione. Ne consegue che le modalità di selezione dei profili comunicativi devono rispettare non solo criteri di merito, ma anche di equità e inclusività, coerenti con lo spirito della normativa vigente.
L’impostazione data dal CONI sembra dunque in contrasto con la legge e con i principi di parità di accesso e non discriminazione nei concorsi pubblici. L’esclusione dei pubblicisti rappresenta una manifesta disparità di trattamento, che appare ancor più grave se si considera il ruolo svolto da numerosi pubblicisti all’interno di uffici stampa della PA, degli enti pubblici e delle aziende partecipate.
Il Segretario Generale del CONI, Leonardo Mornati, sembra aver sottovalutato o mal interpretato il quadro normativo vigente in materia di comunicazione pubblica. Una tale impostazione, oltre a danneggiare professionalmente migliaia di giornalisti pubblicisti, rischia di generare contenziosi amministrativi e ricorsi al TAR, con conseguenti aggravi procedurali ed economici.
A fronte di questa evidente incongruenza, è auspicabile un intervento del Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, affinché il concorso venga annullato o almeno modificato nei requisiti di accesso, ristabilendo una condizione di equità tra giornalisti professionisti e pubblicisti.
Inoltre, è fondamentale che l’Ordine dei Giornalisti nazionale e quello del Lazio vigilino con attenzione sul rispetto e sulla corretta applicazione della Legge 150/2000, per garantire che non si ripetano casi di esclusione ingiustificata nei concorsi pubblici e che la comunicazione istituzionale venga affidata a figure competenti, selezionate sulla base della legge, non su interpretazioni arbitrarie.
Il caso del concorso CONI rappresenta un precedente pericoloso per il mondo dell’informazione pubblica e va corretto per garantire il rispetto delle leggi, la tutela delle professionalità e il diritto di accesso equo ai concorsi pubblici. La Legge 150/2000 parla chiaro: ciò che conta è la competenza nella comunicazione pubblica, non l’elenco dell’albo a cui si è iscritti.