
(AGENPARL) – Tue 03 June 2025 *Comunicato stampa*
*Firenze, 3 giugno 2025*
*Università di Firenze, le origini dello sviluppo umano nei fossili di
tre neonati vissuti 2 milioni di anni fa*
*Uno studio internazionale pubblicato su Nature rivela quanto rapidamente
crescevano i bambini del genere Homo*
Quanto velocemente crescevano i nostri antenati? Una possibile risposta
arriva da alcuni resti di neonati vissuti 2 milioni di anni fa.
Un articolo pubblicato su *Nature Communications*
, dal titolo
*“Infant diversity
in Early Pleistocene Homo”*, presenta lo studio di tre fossili appartenenti
a individui infantili del genere *Homo*, ritrovati in Sudafrica e in
Etiopia e risalenti appunto a circa 2 milioni di anni fa. Gli autori sono
*Jacopo* *Moggi* *Cecchi*, docente di Antropologia al *Dipartimento di
Biologia* dell’Università di Firenze, e *José Braga dell’Université de
Toulouse* (DOI: 10.1038/s41467-025-59734-x).
I reperti consistono in una mascella e due mandibole appartenenti a bambini
molto piccoli, poco più che neonati. Questi resti sono di grande valore per
comprendere come si sviluppavano i primi esseri umani. I resti fossili
delle più antiche specie del genere *Homo* (*Homo habilis* e *Homo erectus*)
sono soprattutto reperti di individui adulti, mentre sono completamente
mancanti i resti di individui neonati ed infantili.
“La nostra ricerca apre le porte alla possibilità di studiare lo sviluppo
somatico nelle specie più antiche del genere *Homo* – prosegue –. Una delle
caratteristiche della specie umana è quella di avere dei tempi di sviluppo
somatico post-natale prolungati rispetto a quelli degli altri primati. I
cuccioli umani crescono lentamente, in parte perché il nostro cervello è
molto grande in proporzione al corpo. Per capire quando questa
caratteristica è emersa nella nostra evoluzione, è fondamentale disporre di
fossili di bambini. Analizzandoli, possiamo raccogliere informazioni
preziose sull’anatomia e sui tempi di crescita.”
Per uno di questi reperti, la porzione di mascella, è stata determinata
l’età biologica alla morte, che è stata stimata a circa 6 mesi grazie allo
studio della struttura interno dello smalto dentario, che si forma
mantenendo delle tracce del suo sviluppo, in maniera simile agli anelli di
accrescimento degli alberi. Questa analisi è stata possibile tramite
l’impiego di microtomografie a luce di sincrotrone effettuate presso
la* European
Synchrotron Radiation Facility di Grenoble*.
“I risultati indicano che i tempi di sviluppo di questi ‘piccoli’ erano
ancora relativamente rapidi e che quindi l’acquisizione di tempi di
sviluppo prolungati deve essersi originata in tempi molto più recenti nel
corso dell’evoluzione umana – illustra il docente fiorentino –. Inoltre,
l’analisi dettagliata della morfologia craniofacciale e dentaria ha
mostrato delle differenze tra la mandibola rinvenuta in Etiopia attribuita
a *Homo habilis* e i reperti sudafricani, attribuiti a una specie affine a
*Homo* *erectus*. L’esistenza di queste differenze morfologiche suggerisce
che la diversità tassonomica fra queste due specie del genere *Homo* fosse
già evidente nell’infanzia”.
“Nuovi fossili e nuovi metodi di analisi – conclude Moggi Cecchi – ci
aiuteranno a ricostruire meglio l’evoluzione dello sviluppo corporeo che ha
portato alla comparsa di *Homo sapiens*”.
*In foto: Calchi dei tre fossili di bambini. L’età stimata alla morte del
più piccolo (mascella) è di circa 6 mesi.*
Ufficio stampa
Unità funzionale comunicazione esterna
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE