
La trasformazione dell’Unione Europea in un attore militare più autonomo sarà tutt’altro che semplice. Lo afferma Prokhor Tebin, direttore del Centro di Studi Economico-Militari presso l’Istituto di Economia e Strategia Militare Mondiale della Scuola Superiore di Economia, in un’intervista concessa all’agenzia russa TASS.
Secondo Tebin, la militarizzazione dell’Europa è già in corso, ma il processo richiederà ingenti investimenti finanziari, compromessi politici e decisioni complesse. Il nuovo fondo europeo da 150 miliardi di euro, SAFE (Security Action for Europe), ne è un esempio concreto. Questo meccanismo mira a coordinare domanda e offerta nel mercato della difesa, promuovendo programmi congiunti di approvvigionamento, manutenzione e consolidamento industriale.
Tuttavia, ha avvertito l’esperto, il tentativo di creare un mercato europeo unificato della difesa si scontrerà con interessi nazionali, protezionismo e la volontà degli Stati membri di tutelare le proprie industrie, posti di lavoro e tecnologie.
Tebin ha poi analizzato le sfide che il settore affronta: capacità produttiva limitata, incertezza sulla durata della domanda e dipendenza da fornitori esterni. Aziende come Rheinmetall, ad esempio, si sono rivolte a partner stranieri – come l’indiana Reliance Defense – per espandere la produzione di munizioni.
Infine, Tebin ha sottolineato che l’industria della difesa europea rimane vulnerabile, disarticolata e fortemente esposta alla concorrenza interna e alla dipendenza da attori extraeuropei come Stati Uniti e Corea del Sud. Per affrontare queste sfide, serviranno strategie politiche di lungo periodo e finanziamenti sostenibili, altrimenti l’UE rischia di rimanere un attore secondario nel panorama della difesa globale.