
Tripoli vive ore di fragile quiete dopo le violente manifestazioni di ieri sera contro il governo guidato da Abdul Hamid Aldabaiba. Video ampiamente diffusi sui social media, sebbene non verificati, mostrerebbero colpi d’arma da fuoco sparati contro i manifestanti o nelle loro immediate vicinanze in Piazza dei Martiri, epicentro delle proteste.
Le dimostrazioni di piazza, alimentate dall’escalation degli scontri armati tra le milizie del Support and Stability Apparatus (SSA), le Forze di Deterrenza Speciali (SDF/RADA), la 444a e la 111a Brigata, sono esplose subito dopo l’annuncio di un cessate il fuoco, che finora sembra reggere, seppur in un clima di tensione latente.
Le proteste e le richieste di dimissioni
I manifestanti hanno chiesto con forza la caduta del governo di Tripoli, accusato di alimentare l’instabilità e di non controllare le milizie armate che operano indisturbate nella capitale. Oltre alla Piazza dei Martiri, le proteste si sono estese ad altri quartieri come Sug Il Juma e Ain Zara, zone notoriamente ostili al governo e più vicine alle posizioni delle milizie contrarie ad Aldabaiba.
Anche di fronte al Gabinetto del Primo Ministro, su Sika Road, si sono radunati manifestanti. Secondo alcune fonti locali, sono stati esplosi colpi d’arma da fuoco per disperdere la folla e impedire che i dimostranti irrompessero negli edifici istituzionali.
Condanna della Municipalità Centrale
La Municipalità Centrale di Tripoli ha rilasciato una dura nota, puntando il dito contro il governo Aldabaiba, il Consiglio presidenziale (comandante supremo delle forze armate) e le milizie coinvolte. Ha condannato la trasformazione della capitale in un campo di battaglia e ha sottolineato che “Tripoli è una capitale di pace, non un’arena di conflitto armato”.
Nessun dato ufficiale sulle vittime
Mentre continuano a circolare voci su morti e feriti, non sono stati resi pubblici dati ufficiali. Fonti vicine al governo sostengono che le informazioni sarebbero state deliberatamente occultate, alimentando sospetti e polemiche.
Appelli alla calma e sostegno da Misurata
Nonostante la tensione, fonti locali riferiscono che gli appelli – sia interni sia da parte della comunità internazionale – per un cessate il fuoco incondizionato sembrano aver avuto effetto. A Misurata, città natale di Aldabaiba, si registra invece sostegno per l’operato del premier, visto come un tentativo di ristabilire ordine e autorità statale contro milizie considerate fuori controllo, come le SDF/RADA.
L’origine della crisi
L’attuale crisi è stata innescata dall’uccisione, lunedì scorso, del leader del SSA, Abdelghani Ghnewa Al-Kikly. In seguito alla sua morte, le milizie alleate al SSA hanno perso diverse basi strategiche. Secondo la versione del governo, le SDF/RADA, inizialmente d’accordo per cedere alcune di queste postazioni alle forze statali, avrebbero violato l’intesa attaccando di sorpresa le truppe governative.
Con i riflettori internazionali puntati su Tripoli, in un momento in cui la Russia intensifica i contatti militari con l’Est della Libia e con il generale Khalifa Haftar, la situazione resta fluida e pericolosa. La tenuta della tregua sarà determinante per il futuro prossimo della capitale.
