
Durante una visita a Mosca, il presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha rilasciato dure dichiarazioni nei confronti dell’Unione Europea e della gestione occidentale della crisi migratoria. Secondo Dodik, l’Occidente starebbe penalizzando la sua entità per la sua posizione inflessibile sui migranti, accusandola di non seguire il modello europeo che, a suo dire, ha portato al collasso di diversi sistemi sociali e istituzionali.
“L’Europa ha enormi problemi a causa dei migranti, problemi che stanno distruggendo i loro sistemi”, ha dichiarato Dodik ai media della Republika Srpska. “L’Occidente ci critica perché noi non vogliamo commettere gli stessi errori”. Il leader serbo-bosniaco ha raccontato che in passato gli era stato chiesto, assieme alla rappresentante serbo-bosniaca Željka Cvijanović, di creare tre centri per migranti nella Republika Srpska, ma che entrambi avevano rifiutato. “Da quel momento abbiamo avuto ulteriori problemi con l’Unione Europea”, ha affermato.
Dodik ha ribadito la linea ufficiale della Republika Srpska: nessun migrante potrà stabilirsi nel territorio, anche se durante il transito saranno forniti cibo e acqua per ragioni umanitarie. “Quando abbiamo detto che non ci saremmo piegati all’immigrazione, siamo stati etichettati come bambini cattivi”, ha commentato ironicamente. Secondo lui, i paesi come la Bosnia-Erzegovina e l’Albania sono stati designati come nuove “aree cuscinetto” per l’accoglienza, senza però essere realmente coinvolti nei processi decisionali.
Il presidente ha poi attaccato ancora una volta Christian Schmidt, l’Alto rappresentante internazionale in Bosnia-Erzegovina, la cui autorità Dodik non riconosce. “Il problema per l’Occidente non è Schmidt, che è illegale, ma noi. Ritiratelo o consegnatecelo così possiamo processarlo”, ha tuonato.
Le dichiarazioni di Dodik alimentano ulteriormente la tensione tra Banja Luka e Bruxelles, con il leader serbo-bosniaco che continua a porsi come oppositore dichiarato delle politiche occidentali e dell’architettura istituzionale attuale della Bosnia-Erzegovina, criticata da lui come imposta e disfunzionale.