
(AGENPARL) – Wed 30 April 2025 Depressione e malattie cardiache: quale correlazione
Intervista ad Adelia Lucattini, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Di Marialuisa Roscino
Diverse ricerche scientifiche hanno evidenziato come esista una significativa correlazione tra malattie cardiache e depressione. A dimostrarlo, in particolare, sono alcuni processi fisiologici che spiegano questo legame complesso. Ma per quale ragione, la depressione influisce negativamente sulle malattie cardiache e che ruolo può giocare, nello specifico, l’ansia nei disturbi cardiaci? Lo abbiamo chiesto in questa intervista ad Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Lucattini: “Non avere paura di sottoporsi a prevenzione, accertamenti e controlli. Il detto “occhio non vede cuore non duole” è il peggior nemico quando si tratta di malattie fisiche e in particolare di disturbi cardiaci. Tra l’altro, è proprio “il non decidere di curarsi tempestivamente, anche dopo i diversi campanelli d’allarme“ a generare la maggiore fonte di stress e di ansia”.
Dott.ssa Lucattini c’è correlazione tra depressione e malattie cardiache?
La depressione e le malattie cardiache sono tra le malattie più invalidanti che affrontiamo. Sono entrambe molto diffuse tra la popolazione generale e spesso si manifestano nella stessa persona contemporaneamente. Numerosi studi dimostrano che vi è una relazione bidirezionale tra malattie cardiache e depressione. Una buona percentuale di persone senza alcuna storia di depressione, si deprime dopo un infarto o dopo aver ricevuto la diagnosi di insufficienza cardiaca. D’altro canto, vi sono numerose ricerche che evidenziano come persone affette da depressione, ma senza malattie cardiache precedenti, sviluppino patologie cardiache in percentuale maggiore rispetto alla popolazione generale.
Ci sono processi fisiologici o meccanismi nel corpo che spiegano la relazione tra la depressione e le malattie cardiache?
Trenta anni di studi epidemiologici indicano che la depressione prevede lo sviluppo di malattie cardiache, le prove esistenti hanno spinto l’American Heart Association (AHA) a emettere già nel 2015 una dichiarazione avvertendo che gli adolescenti con depressione e disturbo bipolare presentano un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari fin da giovani, sollecitando i medici a monitorare attivamente questi pazienti e ad intervenire per cercare di prevenirne l’insorgenza. Gli elementi principali che in pazienti affetti da disturbi bipolari o depressione sono causa di disturbi cardiaci sono correlati soprattutto allo stile di vita, poiché portano sovente ad abitudini nocive per la salute fisica e mentale, come fumo, abuso di alcool, sedentarietà, eccesso di cibo, che possono danneggiare le arterie, causare ipertensione, diabete e altre malattie metaboliche. Da non sottovalutare, inoltre, sregolatezza nelle abitudini in generale, non ultima l’inversione del ritmo sonno veglia con perdita di ore di sonno che porta a vivere di notte e trascinarsi faticosamente di giorno, a scuola e al lavoro.
Altrettanto preoccupante è la situazione per i pazienti più anziani che hanno già malattie cardiache. I ricercatori hanno scoperto che la depressione ne peggiora la prognosi, talvolta drammaticamente.
Per quale ragione la depressione influisce negativamente sulle malattie cardiache?
Ogni disturbo cardiaco causa preoccupazione, ma questo non significa che spinga a fare i controlli. Infatti, per un meccanismo di rimozione e talvolta di negazione, il non fare i controlli equivale, erroneamente, alla convinzione di non avere nulla che non vada. Parafrasando “Occhio non vede, cuore non duole”, finché non lo so, non ho nulla di grave. Questo tipo di dinamica inconscia, espone a rischi talvolta molto seri, poiché induce a non aderire ai protocolli di prevenzione e a sottoporsi ai necessari controlli, inoltre porta a non assumere con precisione le terapie prescritte dagli specialisti e talvolta non assumerle del tutto, a “dimenticarle”. Le dimenticanze involontarie sono degli “atti mancati” o “lapsus d’azione”, si vorrebbe fare una certa azione e invece, se ne fa un’altra. Nel caso dei farmaci accade poiché assumerli significa prendere coscienza di avere una malattia ed entrare in contatto con l’angoscia che questo provoca. Di fatto possiamo considerarli degli equivalenti depressivi, dei sintomi depressivi sotto la forma della “dimenticanza”.
Che ruolo gioca l’ansia nei disturbi cardiaci?
Nella storia della Medicina è ben nota la cosiddetta “nevrosi cardiaca” caratterizzata da palpitazioni (cardiopalmo), difficoltà di respiro, sensazioni dolorose in sede precordiale in cui i disturbi cardiaci sono attribuibili a problematiche di tipo emotivo e psicologico. È da tener ben presente, però, che la “cardionevrosi” è una diagnosi di esclusione, cioè la si può fare dopo accertamenti cardiologici accurati con elettro ed ecocardiogramma e analisi del sangue che gli specialisti ritengano opportune o necessarie. Specialmente nei giovani, i sintomi della nevrosi cardiaca possono confondersi con sintomi dovute a malattie cardiache che è importante diagnosticare e curare. Detto questo, avere una malattia cardiaca certamente provoca ansia e sovente anche depressione.
Molti sintomi fisici dovuti all’ansia possono causare ulteriore ansia, poiché simulando altri gravi problemi di salute, mettono molto in allarme. Uno dei più comuni è la tachicardia, il battito cardiaco accelerato oltre cento battiti al minuto. La tachicardia spaventa quando è improvvisa, inattesa e senza causa apparente. È infatti tipico sia degli attacchi di panico che della tachicardia. Se non si ha consapevolezza di avere uno stato d’ansia “congelato”, poiché l’attacco non ha una causa apparente, può essere terrorizzante. Nulla più della tachicardia da l’impressione di perdere completamente il controllo su se stessi e sul proprio corpo.
I disturbi cardiaci mettono molto in allarme, anche inconsciamente, poiché il cuore è un organo fortemente investito di significati simbolici. È infatti, considerato il custode dei sentimenti e attraverso il suo ritmo regolare fa sentire sani, infonde la certezza dell’essere in vita. Basta pensare che la parola “ritmo”, deriva dal greco ρυθμός (ryth-mós) che foneticamente prende origine dal battito cardiaco, dalla sistole e dalla diastole cardiaca. Il ritmo del cuore che scandisce il tempo della vita.
Qual è il ruolo dello stress nei disturbi benigni del ritmo cardiaco?
È da tener conto che la tachicardia è una reazione normale sotto stress, è un importante aspetto difensivo, sia fisico che mentale, quando ci si trova in una situazione oggettiva di pericolo.
La paura innesca una serie di risposte fisiologiche, naturali, che preparano il corpo al cosiddetto fight or flight, combatti o scappa. Questo però succede anche quando la sensazione o percezione di pericolo è puramente psichica, quando nasce da dentro se stessi, da un conflitto interiore, da una situazione di forte stress (sentimentale, lavorativo, di studio) o da uno stato di angoscia profonda.
Nel momento in cui una situazione stressante o un’angoscia che ha una coloritura anche depressiva non può essere contenuta dai nostri strumenti mentali, poiché troppo grande, troppo intensa, superiore alle capacità personali di poterla gestire, per una fragilità o anche per solitudine, prendono la via della somatizzazione e si manifestano nel corpo. Ogni persona ha il suo organo bersaglio, alcuni hanno un maggior risentimento gastroenterico, altri cutaneo, altri ancora nelle corde vocali con risentimenti sulla voce e così via, ma la maggior parte delle persone, prima o poi, hanno anche una somatizzazione a livello cardiaco, con tachicardia e talvolta tachiaritmie.
In che modo, trattare la depressione può avere un impatto sulla prevenzione delle malattie cardiache, e quali approcci terapeutici sono efficaci in questo contesto?
I ricercatori della Washington University School of Medicine concordano sul fatto che, sebbene non siano stati ancora individuate tutte le componenti in gioco, ci sono già alcune spiegazioni scientifiche. Alcuni studi si sono focalizzati sulla biologia della depressione a cui si associa spesso una disregolazione del sistema nervoso periferico, livelli alti di cortisolo e markers elevati di infiammazione.
D’altro canto, dal punto di vista psicologico, esistono anche correlazioni con una scarsa aderenza ad una dieta equilibrata, lo scarso o l’eccessivo esercizio fisico, ai farmaci assunti senza prescrizione medica o in presenza di una prescrizione senza rispettarla con precisione, una maggiore prevalenza del fumo, dell’abuso di alcool e di altre sostanze stupefacenti. Tutti fattori che spesso sono associati alla depressione con o senza malattie cardiache accertate.
Come può l’esercizio fisico, contribuire a mitigare il rischio congiunto di depressione e malattie cardiache?