
Con un proclama vibrante pubblicato domenica su Truth Social, Donald Trump ha annunciato la sua intenzione di “riportare in vita il Columbus Day dalle sue ceneri”, accusando i democratici di aver cercato in tutti i modi di “distruggere” l’eredità di Cristoforo Colombo e, con essa, l’orgoglio della comunità italoamericana.
“Sto riportando in vita il Columbus Day dalle sue ceneri”, ha scritto Trump, aggiungendo che il partito democratico “ha abbattuto le sue statue e sostituito la sua memoria solo con la parola ‘WOKE’ o, peggio ancora, con il nulla”. In un momento simbolicamente carico — appena dopo aver partecipato con la first lady Melania Trump ai funerali del Papa a Roma — l’ex presidente ha promesso di ripristinare la celebrazione “con le stesse regole, date e luoghi di tutti i decenni precedenti”.
La storia del Columbus Day: dall’orgoglio italoamericano alla contestazione moderna
Il Columbus Day, istituito come festa federale negli Stati Uniti nel 1937, è nato principalmente come risposta alle profonde discriminazioni subite dagli immigrati italiani. Nel tardo XIX e all’inizio del XX secolo, gli italiani, spesso visti come “altri” rispetto ai gruppi anglosassoni dominanti, erano bersaglio di stereotipi, discriminazioni lavorative e persino di linciaggi. Celebrando Colombo — l’esploratore genovese che nel 1492 raggiunse le Americhe — gli italoamericani trovarono una figura storica da associare al proprio orgoglio nazionale e culturale.
Negli anni, il Columbus Day si trasformò in una celebrazione dell’immigrazione e della costruzione dell’identità americana, una giornata di parate, feste e commemorazioni ufficiali.
Tuttavia, a partire dagli anni ’90 e soprattutto nell’ultima decade, il Columbus Day è diventato il centro di una crescente controversia culturale. Gli attivisti per i diritti dei nativi americani hanno criticato Colombo come simbolo della colonizzazione europea, della violenza e delle ingiustizie subite dalle popolazioni indigene delle Americhe. In molte città — tra cui Denver, Minneapolis e San Francisco — il Columbus Day è stato sostituito dall’Indigenous Peoples’ Day, una giornata per celebrare la cultura e la resilienza delle popolazioni native.
Nel 2021, l’allora presidente Joe Biden ha compiuto un gesto senza precedenti emettendo il primo proclama presidenziale per riconoscere ufficialmente l’Indigenous Peoples’ Day a livello federale, pur mantenendo Columbus Day come festa federale. Un gesto interpretato da molti come un tentativo di bilanciare l’eredità storica con la sensibilità contemporanea, ma che per altri — come Trump e parte della comunità italoamericana — ha rappresentato un atto di “cancellazione culturale”.
Trump e la narrativa della “rinascita”
Trump ha spesso fatto leva su temi culturali per consolidare il suo consenso. La difesa del Columbus Day si inserisce perfettamente in questa strategia: una battaglia simbolica contro quella che lui e i suoi sostenitori chiamano “cancel culture”. Nel suo annuncio, Trump ha promesso non solo il ripristino formale della celebrazione, ma anche il rilancio di eventi pubblici, parate e commemorazioni tradizionali dedicate a Colombo.
Da sottolineare che per Trump il tema della “difesa della cultura americana” è stato uno dei pilastri della sua recente campagna elettorale che lo ha visto stravincere contro Kamala Harris nelle elezioni del 2024.
Un paese diviso sulla memoria storica
La questione del Columbus Day riflette una più ampia spaccatura nell’America contemporanea: come ricordare la storia? È possibile onorare le conquiste senza ignorare le tragedie? Alcuni ritengono che la festa possa coesistere con il riconoscimento delle sofferenze indigene, mentre altri chiedono una revisione più radicale delle narrazioni storiche tradizionali.
Intanto, il “ritorno” del Columbus Day annunciato da Trump rischia di riaccendere vecchie tensioni. Tra chi vede Colombo come simbolo di esplorazione e coraggio e chi, invece, lo considera emblema di violenza coloniale, la battaglia sulla memoria storica è tutt’altro che finita.