
(AGENPARL) – Wed 26 March 2025 Federmoda-Confcommercio: il comparto resiste a stento
L’attività di vendita di abbigliamento e calzature ha chiuso il 2024 con un
calo medio del 4,2% rispetto al 2023, registrando un saldo nati-mortalita’
negativo di -6.459 punti vendita, pur rimanendo un fondamentale pilastro
dell’economia e del Pil nazionale visto che 164.369 punti vendita che
occupano 299.793 addetti. Sono i dati resi noti dal Consiglio nazionale di
Federazione Moda Italia-Confcommercio. I saldi invernali 2025 hanno,
peraltro, confermato un trend negativo dei consumi, segnando un -5,5%, con
6 imprese su 10 intervistate che hanno indicato una diminuzione delle
vendite rispetto allo stesso periodo del 2024. Dunque – sottolinea Antonio
Sorrentino, Federmoda-Confcommercio – neanche la stagione degli sconti
ha risollevato le sorti dei piccoli negozi di quartiere, con il risultato
che molti stanno scomparendo a vantaggio di grandi marche e attività
commerciali di grandi brand trainate dagli stranieri che vengono in Italia.
Eppure il Sistema Moda è un settore chiave per l’economia italiana, con un
fatturato di 100 miliardi di euro e un universo di circa 53.000 aziende.
Circa il 20% di queste sono piccole e medie imprese, che contribuiscono
alla metà del fatturato complessivo del settore. Per la ripresa
primavera-estate le aspettative sono per la fase dei matrimoni (in verità
sensibilmente ridotti in Basilicata) e cerimonie di famiglia, oltre al
ricambio abbigliamento e calzature con le temperature più calde.
“È evidente – afferma Giulio Felloni, presidente Federmoda – il rischio di
desertificazione commerciale che corre il nostro Paese se si pensa che solo
nell’ultimo anno, il commercio al dettaglio del settore moda ha perso ogni
giorno in Italia 18 negozi, un dato che desta ulteriori preoccupazioni
vista la perdita media degli ultimi 5 anni di 13 negozi al giorno con
23.322 negozi in meno e oltre 35.000 posti di lavoro persi. Se i consumi
interni languono e i negozi chiudono, ci si deve chiedere quali
imprenditori potranno effettuare nuovi ordinativi per la produzione Made in
Italy e quali saranno le ricadute sull’intera filiera”.
*Gli esercenti di negozi abbigliamento calzature individuano le cause della
fase di difficoltà ed incertezza. Per prima cosa l’aumento dei prezzi che
inevitabilmente ha comportato che il consumatore non si avvicinasse più con
la stessa leggerezza, che aveva in precedenza, al bene da acquistare.
L’acquisto di un prodotto costoso presenta indubbiamente difficoltà anche
da un punto di vista psicologico. Altro fattore è la concorrenza, quella
sleale, soprattutto da parte dei grandissimi gruppi e dal mercato online
che molto spesso non rispettano le stesse regole dei negozi di vicinanza.
Per sleale si intende che spesso non vengono pagate le stesse tasse,
soprattutto con domicilio fiscale all’estero. *
*Ma – si sottolinea da Federmoda – si sta affermando una inversione di
tendenza: rispetto a cliccare tutto il giorno su un computer, si entra in
un negozio per provare un capo di abbigliamento. **C’è poi il problema di
ricambio generazionale: oggi chi ha un negozio cerca di disincentivare i
propri figli e nipoti a fare lo stesso lavoro, perché purtroppo è troppo
oneroso. Bisogna lavorare anche alla possibilità di incentivare i
dipendenti di un negozio, non solo i familiari, a prendersi carico
dell’attività.*
Le proposte. Per garantire la crescita e migliorare la competitività,
soprattutto in un contesto economico complesso come quello presente, è
cruciale che le imprese investano in sostenibilità e innovazione. Anche la
moda deve evolversi, cambiare seguendo le esigenze dei propri clienti.
Questo è fisiologico. Ma non si può rimanere inermi. I negozi di vicinato e
le botteghe storiche sono il nostro patrimonio culturale e creativo, un
bene comune, l’anima di un territorio che meritano di essere tutelate per
continuare a vivere.