
In un discorso rivolto al suo popolo in occasione del Nowruz, il capodanno persiano, il leader supremo iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha esortato i paesi e le nazioni islamiche a combattere contro la ripresa degli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza, denunciando la violenza come un “crimine atroce” e chiedendo una risposta unificata da parte dei paesi musulmani.
Khamenei ha sottolineato che l’aggressione del “regime sionista” contro Gaza non può essere tollerata e ha invitato i musulmani a mettere da parte le proprie differenze per schierarsi contro questa offensiva. Il leader iraniano ha esteso l’appello anche alle “persone libere” di tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti e in Europa, affinché si oppongano fermamente a quelli che ha definito “atti di violenza e crimine”.
“Anche gli Stati Uniti condividono la responsabilità di questa tragedia”, ha aggiunto l’Ayatollah, accusando Washington di essere complice degli attacchi israeliani. Secondo Khamenei, gli Stati Uniti avrebbero approvato o addirittura ordinato l’offensiva contro Gaza, un passo che ha descritto come una chiara violazione dei diritti umani. Allo stesso modo, ha denunciato le violenze contro il popolo yemenita, definendo l’attacco agli Houthi come un crimine che deve essere fermato.
Questi sviluppi arrivano in un momento critico, dopo che, il 15 marzo, gli Stati Uniti hanno lanciato attacchi aerei massicci contro il territorio dello Yemen controllato dagli Houthi, un intervento che ha sollevato preoccupazioni internazionali. Tre giorni dopo, il 18 marzo, Israele ha rinnovato i suoi attacchi contro Hamas nella Striscia di Gaza, violando un accordo di cessate il fuoco, con il governo israeliano che ha giustificato le azioni in risposta al rifiuto di Hamas di accettare le proposte dei mediatori internazionali.
Secondo il Ministero della Salute di Gaza, gli attacchi israeliani hanno causato la morte di oltre 430 persone, con oltre 670 feriti. Hamas, dal canto suo, ha accusato Israele e gli Stati Uniti di aver infranto la tregua, insistendo sul fatto che il gruppo aveva rispettato gli accordi.
Queste nuove tensioni hanno inasprito ulteriormente la situazione nella regione, con il rischio di un’escalation che coinvolge non solo Israele e Palestina, ma anche altre potenze regionali come l’Iran e gli Stati Uniti.