
La battaglia per il riconoscimento della giustizia nei confronti delle Vittime del Dovere si scontra ancora una volta con un muro di indifferenza istituzionale. Il caso del finanziere Antonio Dal Cin, esposto all’amianto durante il suo servizio nella Guardia di Finanza e colpito da una malattia irreversibile, ha visto negato ogni risarcimento. La sentenza del Consiglio di Stato (NRG 202202285, Sezione 2, depositata il 17.03.2022, discussa l’11.02.2025) ha respinto ed ha dichiarato irricevibile l’appello incidentale, chiudendo ogni spiraglio di riconoscimento e di tutela per lui e la sua famiglia.
Una condanna senza colpevoli
“Io, uomo dello Stato, ho chiesto scusa a mia moglie e ai miei figli per averli illusi di aver creduto nella giustizia terrena”. Con queste parole Antonio Dal Cin esprime il suo dolore e la sua delusione per un sistema che, invece di tutelare i suoi servitori, li abbandona alla loro sorte.
L’amianto, la fibra killer responsabile di migliaia di morti per asbestosi e mesotelioma, continua a mietere vittime tra coloro che hanno servito lo Stato. La negazione della giustizia non è solo una negazione del diritto al risarcimento, ma una negazione della verità, della sofferenza e della morte stessa. “Quando la giustizia si professa contraria alla scienza e minimizza una condanna a morte certa, significa che nega la morte e la sofferenza umana, nega questa strage di innocenti, nega ogni responsabilità”.
Lo Stato quantifica il prezzo della vita: 20.671 euro
La sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione Quarta (N. 01995/2022 del 18.02.2022), aveva già ridotto il valore della vita di Antonio Dal Cin a 20.671 euro. Una cifra irrisoria, offensiva, per chi ha sacrificato la propria salute al servizio dello Stato. Eppure, neanche questa somma simbolica è stata confermata: il Consiglio di Stato ha respinto ogni richiesta nel ricorso d’appello.
Un sistema che schiaccia le Vittime del Dovere
La Costituzione Italiana tutela la persona in tutte le sue fasi esistenziali (artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36, 41, 42 Cost.), e impone al datore di lavoro, pubblico o privato, l’obbligo di garantire la sicurezza e la salute dei propri dipendenti (art. 2087 Codice Civile). Eppure, queste tutele rimangono spesso solo sulla carta. Il caso di Antonio Dal Cin è emblematico di un sistema che riconosce le Vittime del Dovere solo formalmente, senza concedere loro la giustizia e il supporto che meritano.
L’ultimo appello: la giustizia divina
“Confido nella giustizia Divina, sicuro che al cospetto di Dio sarò giudicato come Vittima del Dovere e il mio sacrificio non sarà ritenuto vano”. Con questa certezza Antonio Dal Cin chiude il suo amaro sfogo, consapevole che il valore della vita non si misura in sentenze o in risarcimenti negati, ma nella memoria e nel sacrificio di chi ha dato tutto per il proprio Paese.
Antonio Dal Cin, riconosciuto Vittima del Dovere ed equiparato alle Vittime del terrorismo, iscritto nel Ruolo d’Onore della Guardia di Finanza dall’8 gennaio 2014, ha servito il suo Paese con onore, ma lo Stato gli ha voltato le spalle.
Una giustizia che nega la vita e la dignità non è giustizia. Resta solo la speranza che, un giorno, questa vergognosa indifferenza possa essere cancellata dal riconoscimento della verità.