
L’uscita di Elisabetta Belloni dalla direzione del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) ha segnato un punto di svolta nella ridefinizione degli equilibri del potere globale. L’ex responsabile del DIS sarebbe considerata esponente di un “deep state” non più gradito alla nuova amministrazione statunitense, guidata da Donald Trump, e la sua rimozione potrebbe essere stato il primo segnale di una più ampia epurazione nell’apparato burocratico occidentale.
Parallelamente, emerge un’altra notizia che rafforza l’ipotesi di un riassetto geopolitico in corso: il Dipartimento di Stato USA sarebbe pronto a chiudere diversi consolati in Europa occidentale nei prossimi mesi. Secondo fonti interne, riportate dal quotidiano britannico The Guardian, la motivazione ufficiale sarebbe la necessità di trasferire a Washington gli uffici che si occupano di diritti umani, rifugiati, giustizia penale globale, questioni femminili e tratta di esseri umani. Tuttavia, dietro questa decisione sembra celarsi una più ampia strategia di riorganizzazione del potere all’interno del cosiddetto “deep state” globale.
Questa riorganizzazione sembra inserirsi in una lotta di potere tra due fazioni del capitalismo occidentale: da un lato, quello di matrice londinese; dall’altro, quello che oggi sostiene l’amministrazione Trump. Questo scontro, che agli occhi della popolazione si manifesta attraverso crisi economiche, perdita di posti di lavoro e impoverimento diffuso, vede contrapposti la City di Londra e i potentati finanziari di Washington.
Mai prima d’ora, nemmeno nei tempi della guerra d’indipendenza americana, si era assistito a una simile rivalità tra le due sponde dell’Atlantico. Nessuna delle due fazioni sembra intenzionata a fare prigionieri, e l’Italia si trova al centro di questa contesa. Il dilemma per Roma è chiaro: servire gli interessi di Londra o quelli di Washington?
Al momento, le forze che sostengono il Partito Democratico degli Stati Uniti si sono rifugiate in Europa, trovando solide basi in Londra, Amsterdam e Bruxelles, con ramificazioni a Parigi e Francoforte. Da qui, stanno cercando di contrastare Trump con manovre finanziarie e politiche. Il tallone d’Achille dell’Italia è rappresentato dalla forte dipendenza economica da Londra, dato che molte delle sue principali multinazionali hanno sede legale nei Paesi Bassi, controllati dall’influenza britannica. Tra queste si annoverano Eni, Agip, Pirelli, Armani, Telecom Italia, Fiat, Luxottica, Ferrero e molte altre.
La battaglia contro il deep state in Italia
Anche in Italia si sta combattendo una battaglia interna contro il deep state. Questa lotta si riflette all’interno del Grande Oriente d’Italia, la principale obbedienza massonica del paese, dove si scontrano fazioni favorevoli e contrarie al nuovo corso imposto da Washington.
La lotta contro il deep state è stato uno dei pilastri della campagna elettorale di Donald Trump. Già nel suo primo mandato, l’ex presidente aveva accusato un esercito di burocrati di sabotare le sue politiche. Dopo la rielezione nel 2024, ha ribadito l’intenzione di smantellare questo apparato sin dal primo giorno di governo, attraverso radicali riforme dell’amministrazione federale.
Il termine “deep state” si riferisce a quella rete di burocrati e funzionari che esercitano un’influenza significativa sulle politiche di governo, indipendentemente dalle elezioni democratiche. Sebbene spesso associato a teorie del complotto, il concetto si fonda su una realtà tangibile: gli Stati Uniti hanno un apparato amministrativo composto da oltre 9 milioni di impiegati, distribuiti tra vari dipartimenti e agenzie.
Dalla fine del XIX secolo, la crescita del governo federale ha portato alla creazione di agenzie come l’FBI, la CIA e l’EPA, che hanno acquisito un’influenza significativa sul processo decisionale. Trump e i repubblicani vedono queste strutture come un “governo parallelo”, spesso in grado di ostacolare le scelte dell’amministrazione eletta dai cittadini.
Nel suo primo mandato, Trump ha denunciato ripetutamente l’ingerenza di questi apparati, accusati di bloccare iniziative come il riavvicinamento con la Russia. La sua nuova amministrazione è determinata a ridurre il potere di questa élite burocratica, avviando una vasta epurazione tra le file dei funzionari statunitensi e occidentali.
Israele e il deep state: il caso Netanyahu
Le ripercussioni della battaglia di Trump contro il deep state si stanno facendo sentire anche in Israele. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, incoraggiato dalla linea dura dell’amministrazione statunitense, ha recentemente attaccato il capo dello Shin Bet, Ronen Bar. Le tensioni tra i due sono aumentate durante la guerra in corso, e Netanyahu ha sfruttato il sostegno dei suoi alleati per mettere sotto pressione i vertici della sicurezza interna israeliana.
Questi eventi suggeriscono che la guerra contro il deep state non sia limitata agli Stati Uniti, ma stia coinvolgendo tutto l’Occidente. Con l’uscita della Belloni e la chiusura dei consolati americani in Europa, Trump sta mandando un segnale chiaro: il tempo degli apparati burocratici incontrollati sta per finire.
