
Mercoledì sera, durante il volo di ritorno a Washington a bordo dell’Air Force One, un giornalista ha chiesto al presidente Donald Trump se Elon Musk avrebbe apportato tagli al bilancio del Pentagono. La sua risposta potrebbe confondere chiunque non abbia trascorso gli ultimi giorni a monitorare l’account di Musk su X.
Trump ha affermato che Musk avrebbe preso in considerazione di ‘visitare’ Fort Knox, il leggendario deposito delle riserve auree americane nel Kentucky. Perché? “Per essere sicuri che l’oro sia lì”, ha detto Trump. Un altro reporter sembrava perplesso. Dove sarebbe finito l’oro? “Se l’oro non ci sarà, saremo molto arrabbiati”, ha detto Trump.
Musk, l’uomo più ricco del mondo, che viaggiava con il presidente repubblicano a bordo dell’Air Force One, ha dedicato giorni a pubblicare post su questo argomento. “Chi conferma che l’oro non è stato rubato da Fort Knox?” ha scritto lunedì. “Forse è lì, forse no.”
La dichiarazione di Trump ha riaperto indubbiamente il dibattito in Italia: in questa situazione verrebbe da chiedersi perché l’Italia non parli delle sue riserve auree? In un contesto epocale e spartiacque simile, con Elon Musk che ha appena minacciato un controllo con tanto di ‘visita personale’ a Fort Knox per verificare se l’oro degli americani sia ancora lì e non sia stato verniciato (l’ultimo controllo risale al 1974), perché l’Italia tace finora sull’argomento?
L’Italia, così come altre nazioni europee, affronta una situazione economica complessa. Grecia, Italia, Francia, Belgio e Spagna hanno tutti un debito pubblico superiore al 100% del PIL, mentre 13 Stati membri dell’UE superano la soglia del 60%. Inoltre, 10 paesi dell’UE, tra cui Italia, Ungheria e Romania, hanno superato il limite del 3% del rapporto deficit di bilancio/PIL stabilito dall’Unione.
L’elevato debito pubblico e i deficit di bilancio rendono sempre più difficile per queste nazioni stanziare fondi per le loro industrie della difesa. La storia delle riserve auree italiane risale al 1893, con la fusione di tre istituti di emissione che diedero vita alla Banca d’Italia. Nel corso degli anni, la dotazione aurea della Banca d’Italia è variata notevolmente a causa di eventi bellici, economici e finanziari. Nel 1943, l’oro della Banca fu parzialmente trasferito in Svizzera e in Germania, con significative perdite durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo il conflitto, gli Alleati restituirono parte delle riserve alla Banca d’Italia, che riprese ad accumulare oro grazie alla crescita economica e agli accordi di Bretton Woods.
Negli anni ’70, la riserva aurea dell’Italia raggiunse il picco di 2.565 tonnellate, ma successive operazioni di credito e conferimenti a istituzioni internazionali ridussero il quantitativo. Attualmente, la Banca d’Italia detiene circa 2.452 tonnellate di oro, collocandosi tra i maggiori detentori mondiali di metallo prezioso.
Oggi, a livello globale, il mercato dell’oro ha registrato una domanda record nel 2024, con acquisti da parte delle banche centrali che hanno superato le 1.000 tonnellate per il terzo anno consecutivo. La domanda di investimento è aumentata del 25%, mentre il settore della gioielleria ha subito un calo dell’11% a causa dei prezzi elevati.
Secondo il World Gold Council, l’oro continuerà a essere un asset strategico per governi e investitori nel 2025, con le banche centrali che guideranno la domanda. L’incertezza geopolitica e macroeconomica, insieme alle politiche monetarie delle principali economie, influenzerà l’andamento del mercato dell’oro.
In questo scenario, l’Italia e gli altri paesi europei dovrebbero interrogarsi sul ruolo delle proprie riserve auree e sulla loro gestione futura. Il silenzio delle istituzioni e dei media su questo tema appare inspiegabile, soprattutto in un contesto di crescente instabilità finanziaria e geopolitica.
Nel frattempo l’oro continua a salire tra le incertezze sulle strategie tariffarie di Trump…