
“Sogin è spesso un capro espiatorio per responsabilità non sue. Attaccano noi per attaccare il nucleare, mentre all’estero siamo visti come benchmark tanto che il nostro piano di decommissioning è stato replicato altrove e la Radwaste Management School, il nostro centro di formazione, è un successo che forma professionalità importanti anche all’esterno. Sogin ha un patrimonio di competenze formidabili che potranno tornare utili anche nella partita sul nuovo nucleare al centro dei piani del governo, ma che sono già oggi la migliore garanzia della sicurezza nucleare in Italia”. È quanto dichiara Gian Luca Artizzu, ad di Sogin, in un’intervista al quotidiano Il Sole 24 Ore.
A proposito delle manifestazioni di interesse a ospitare il deposito nazionale, Artizzu spiega: “Molte resistenze sono determinate da una propaganda avversa al nucleare. Un sito del genere, progettato con i massimi standard di sicurezza, cederà una radioattività così bassa da non distinguersi dalle radiazioni naturali. Chi deciderà di accogliere il Deposito avrà un’infrastruttura all’avanguardia, con le conseguenti ricadute economiche, occupazionali e di evoluzione scientifica sul territorio. L’opera vale 1,4 miliardi con 4.000 persone impegnate nella costruzione e più di 700 nella gestione, oltre all’altro tassello del progetto, il Parco Tecnologico, che consentirà di portare avanti attività di ricerca cruciali anche per la medicina nucleare. E poi c’è tutto il capitolo delle compensazioni che saranno assicurate localmente”.
Sulla necessità di accelerare il decommissioning, come invocato dal ministro dell’ambiente, Artizzu dice: “Il Ministro ha ragione e siamo impegnati su questo. Siamo al 45% del percorso e negli ultimi mesi abbiamo fatto passi giganteschi sulla parte più difficile, avviando lo smantellamento dei reattori. Teniamo però sempre conto che la normativa italiana è più severa di quasi tutti i paesi europei e spesso ciò influenza i tempi. È un lavoro molto complesso, portato avanti da Sogin con assoluto rigore e soluzioni avanzate, la cui validità è riconosciuta all’estero e non in Italia. Un vero paradosso”.