
L’indicazione del Pos (place of safety) spettava alla Spagna o a Malta (e non certo all’Italia) e il comandante della nave ha deliberatamente rifiutato il Pos indicato successivamente da Madrid, perdendo tempo prezioso al solo scopo di far sbarcare gli immigrati in Sicilia come già aveva fatto nel marzo 2018 ricavandone un processo per violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Sono alcuni aspetti del processo Open Arms che coinvolge l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
La ONG Open Arms parte dal porto di Siracusa il 29 luglio 2019 e cambia rotta, anziché dirigersi a Lampedusa come aveva annunciato alle autorità. Il primo agosto, al largo delle coste libiche, Open Arms intercetta un barcone lasciando il sospetto di aver ricevuto qualche informazione da persone a bordo.
I primi Paesi contattati e informati da Open Arms dopo le operazioni di salvataggio erano stati la Spagna (Paese di bandiera della nave) e Malta (zona più vicina al punto dei salvataggi). L’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza.
A dimostrarlo, lo scambio di corrispondenza tra La Valletta e Madrid nei primi giorni dell’agosto 2019 a proposito del Pos: c’è un reciproco palleggio di responsabilità ma non viene mai citata Roma.
Open Arms ha chiesto il Pos all’Italia la sera del 2 agosto ma, secondo la difesa di Salvini, non può ricadere sullo Stato italiano l’onere di una risposta di competenza di altri Stati. Open Arms poteva dirigersi verso altri Paesi che avevano l’obbligo di accoglierla. Il primo agosto il decreto firmato da ministero dell’Interno, Difesa e Infrastrutture impediva alla Open Arms ingresso, sosta e transito e nulla cambiava il provvedimento del Tar del 14 agosto: non si può confondere l’ingresso in acque territoriali, a fini di sicurezza e navigazione e di assistenza alle persone bisognevoli, con il diritto allo sbarco e all’attracco.
Lo confermano gli stessi legali di Open Arms che il 19 agosto chiedono una integrazione al precedente decreto cautelare del Tar per consentire approdo e sbarco.
Il comandante, dopo il primo salvataggio effettuato in zona Sar libica il primo agosto con 55 persone portate a bordo, ne ha accolte altre 69 il 2 agosto: doveva immediatamente dirigersi verso Spagna, Malta o Tunisia. Invece, il comandante ha deliberatamente scelto l’Italia quale luogo di attracco e sbarco.
Ha rifiutato uno sbarco di un gruppo di migranti offerto da Malta, che poi accuserà Open Arms di “bighellonare” per il Mediterraneo.
Non solo. Ha detto no anche al Pos concesso dalla Spagna il 18 agosto e addirittura rifiutato l’assistenza offerta dalla Capitaneria di Porto italiana che si era detta disponibile ad accompagnare la nave verso la Spagna, prendendo a bordo alcuni immigrati. In più, la stessa Spagna aveva inviato verso Lampedusa l’unità Audaz per dare assistenza alla Open Arms (18 agosto). È quindi paradossale affermare che, per il solo fatto di essere entrata in acque italiane senza aver ottenuto il Pos, possa configurarsi il reato di sequestro di persona.
Si precisa, inoltre, che le persone a bordo sono state costantemente accudite e curate e che sono state fatte sbarcare tutte le persone con comprovate necessità mediche (scelta, peraltro, che non competeva al Viminale).