La Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo, proclamata il 19 settembre 1981 a Parigi sotto l’egida dell’UNESCO, rappresenta un tentativo di formulare una concezione islamica dei diritti umani, differente dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Tale documento nasce dalla percezione, diffusa nei paesi islamici, che la Dichiarazione Universale trascuri le esigenze culturali e religiose dei musulmani e applichi una prospettiva considerata troppo secolare, radicata nella tradizione giudaico-cristiana.
Storia e critiche alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
La Dichiarazione islamica si origina, infatti, dalle riserve espresse da numerosi Stati a maggioranza islamica, tra cui Sudan, Pakistan, Iran e Arabia Saudita. Un intervento significativo fu quello dell’ambasciatore iraniano Saʿid Rajaie Khorasani presso le Nazioni Unite, il quale definì la Dichiarazione Universale “un’interpretazione laica” incompatibile con la legge islamica, rendendo necessaria una formulazione alternativa per preservare i principi dell’Islam. Nel 1990, in occasione della 19a Conferenza Islamica dei Ministri degli Esteri al Cairo, venne promulgata anche la Dichiarazione del Cairo dei Diritti Umani dell’Islam, un documento in 25 articoli che codifica ulteriormente la visione islamica dei diritti, omettendo un riconoscimento esplicito della Dichiarazione di Parigi.
Analisi dei principi fondamentali
La Dichiarazione del 1981 si compone di un preambolo e di 23 articoli, che pongono al centro i diritti umani intesi come diritti divini, rivelati dal Corano e consolidati nella Sunna (tradizione profetica). La struttura del documento evidenzia:
- La visione teocentrica dei diritti: i diritti umani, per l’Islam, non derivano da convenzioni sociali o accordi tra individui, ma sono di origine divina e quindi immutabili.
- L’unità della comunità musulmana: il documento si rivolge ai “credenti musulmani”, al di là delle differenze etniche o geografiche, e dichiara la volontà di unificare la difesa dei diritti umani come espressione della fede islamica.
- Diritti inalienabili e non modificabili: i diritti sanciti dal Corano e dalla Sunna sono eterni e non possono essere rinunciati da un singolo individuo o da istituzioni umane.
In questo contesto, i diritti individuali sono strettamente legati alla Legge Divina e alla comunità islamica, cui l’individuo deve primariamente fedeltà. A differenza della concezione occidentale dei diritti individuali, nella Dichiarazione islamica il diritto si configura come parte di una realtà sociale e religiosa regolata dalla Sharīʿa (legge islamica).
Punti di convergenza e divergenza con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
Alcuni valori sono comuni alla Dichiarazione islamica e a quella universale, come l’importanza della famiglia, l’uguaglianza e il senso di missione dei governanti. Tuttavia, emergono divergenze fondamentali:
- La centralità della legge islamica: il diritto alla giustizia (Art. 4) prevede che ogni individuo sia giudicato in conformità alla Legge islamica e possa rifiutare leggi in contrasto con essa.
- Il processo e la presunzione di innocenza: in accordo con la tradizione islamica, la presunzione di innocenza è un principio sancito (Art. 5), ma con l’obbligo di rispettare i limiti previsti dalla Sharīʿa.
- La libertà di pensiero e di espressione: mentre la Dichiarazione Universale garantisce piena libertà di cambiare religione e di opinione (Art. 18-19), la Dichiarazione islamica (Art. 12) prevede la libertà di espressione entro i limiti della legge islamica, vietando la diffusione di informazioni che minaccino la sicurezza della comunità o incitino alla discordia.
Diritti economici e codici di comportamento
La Dichiarazione dedica ampio spazio ai diritti economici e al lavoro (Art. 15), vietando pratiche come l’usura e il monopolio, in linea con la morale islamica, e regolamenta l’attività economica per evitare speculazioni e comportamenti sleali. Anche in ambito familiare, la struttura del diritto è influenzata dai principi religiosi: il matrimonio è visto come un diritto riconosciuto e regolato dalla legge islamica, con la figura del padre responsabile per l’educazione dei figli.
Considerazioni finali
La Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo rappresenta una visione dei diritti umani che si articola in modo diverso rispetto alla Dichiarazione Universale, in quanto cerca di integrare la legge religiosa e la giustizia sociale all’interno della cornice islamica. Essa mantiene la Sharīʿa come principio guida, subordinando i diritti e le libertà individuali a una struttura giuridica e morale orientata verso la comunità e verso un modello di giustizia che vede nella legge divina l’elemento cardine dell’equilibrio sociale e spirituale.
Questa interpretazione non esclude la necessità di ulteriori riflessioni da parte dei lettori, per capire come questi diritti si rapportino con le sfide moderne e con l’evoluzione della società. La Dichiarazione del 1981 e quella successiva del Cairo testimoniano il desiderio di dare ai diritti umani una dimensione culturale e religiosa, in risposta a un’interpretazione ritenuta parziale e distante dalle tradizioni dell’Islam, offrendo così una prospettiva unica e distinta sulla dignità e la giustizia sociale.