Nel dialogo con Ascani, emergono non solo le critiche che il PD individua nelle scelte del Governo Meloni, ma anche le proposte per sostenere una transizione verde inclusiva e garantire servizi pubblici di qualità. Affronteremo il tema della precarietà del lavoro, della sanità sottofinanziata e della necessità di investimenti per un’istruzione pubblica equa, passando per l’urgenza di una politica industriale che accompagna il tessuto produttivo nazionale verso la sostenibilità.
Ascani esporrà inoltre la visione europea del Partito Democratico, evidenziando i rischi di una mancata indipendenza economica e tecnologica e le azioni che, secondo il PD, l’Unione Europea dovrebbe intraprendere per mantenere la propria competitività a livello globale.
Domanda. Il Partito Democratico ha identificato cinque priorità, tra cui lavoro, sanità e scuola pubblica. Può approfondire quali proposte specifiche intendete avanzare in questi settori per offrire un’alternativa concreta al Governo attuale?
Anna Ascani. Istat ci dice che cresce il lavoro povero, aumentano gli operai che nonostante i turni in fabbrica non riescono ad arrivare a fine mese, Inail ha registrato 1.147 denunce di morti sul lavoro nel 2023, Gimbe ha calcolato 4,5 milioni di italiani che rinunciano alle cure, anche per l’insostenibilità dei costi delle spese mediche. La fotografia del Paese che emerge da questi dati dovrebbe allarmare il governo dei cosiddetti “patrioti”. Che invece rimane sordo alle esigenze dei cittadini, arroccato nei palazzi del potere a spartirsi quote di influenza con riforme che non servono a nessuno anzi danneggiano la società: quella della giustizia, il premierato, l’autonomia differenziata. E, oltretutto, tagliando risorse laddove più servono, come la manovra dimostra. Il Pd, che è partito tra le persone e per le persone, ha individuato priorità essenziali, legate a diritti che uno Stato civile deve garantire. Abbiamo presentato un disegno di legge per potenziare il servizio sanitario nazionale, condotto una battaglia per il salario minimo, perché sotto i 9 euro lordi all’ora non è lavoro ma sfruttamento. Ci siamo opposti – e continuiamo a farlo – all’autonomia differenziata che anche nella scuola rischia di avere effetti devastanti che vediamo già nella sanità con istituti di serie A per i ricchi e il sistema pubblico smantellato per tutti gli altri. Stiamo costruendo concretamente un’alternativa al governo delle destre e la stiamo costruendo nel Paese.
Domanda. Riguardo alle politiche industriali, pensa che l’attuale Governo stia facendo abbastanza per accompagnare la transizione verde? Quali sono le priorità che il Partito Democratico intende proporre in questo ambito?
Anna Ascani. Proprio nei giorni scorsi i sindacati del comparto auto hanno organizzato una mobilitazione nazionale per reclamare attenzione e interventi concreti nei confronti di un settore mortificato dal teatrino del governo che non riesce ad avere un confronto serio con aziende come Stellantis. Governo che – mi sembra opportuno sottolinearlo – in manovra taglia 4,6 miliardi per l’automotive fino al 2030. È un esempio plastico dell’incapacità dell’esecutivo di fronteggiare una sfida che non è rimandabile. Mancano azioni strategiche, mancano risorse per accompagnare la transizione verde. I lavoratori sono sempre più preoccupati dalle minacce di cassa integrazione e di licenziamenti e interi settori produttivi sono in stagnazione se non recessione. Il rapporto Draghi, che pure la premier ha detto di sottoscrivere pienamente, lo mette nero su bianco: la crisi della competitività europea non dipende dal costo del lavoro ma dall’assenza di investimenti in innovazione. Anche su questo fronte l’esecutivo latita. Come PD riteniamo sia necessario un piano industriale che tuteli le specificità dei territori, anzi le potenzi, e al contempo guidi nella transizione ambientale ed energetica che non è nemica dei lavoratori ma la strada per rimanere competitivi e protagonisti nei prossimi anni.
Domanda. In merito alla crisi dell’industria siderurgica di Terni, come pensa che il Governo dovrebbe agire per tutelare il settore e garantire un futuro sostenibile per i lavoratori?
Anna Ascani. Diciamo che fin qui il governo non ha proprio agito. Né quello nazionale, né quello regionale. Da due anni manca la firma all’Accordo di programma che dovrebbe consentire ai lavoratori di Acciai speciali Terni di continuare a lavorare al meglio all’interno dell’azienda. Tutto bloccato. Con la ricandidatura la presidente Tesei improvvisamente è sembrata accorgersi del problema. È stato convocato con urgenza un tavolo che, però, non ha prodotto nulla, nessuna firma, solo impegni generici e promesse vane. Si sta rischiando di impoverire un territorio e le sue famiglie, minando un tessuto produttivo che non è rilevante solo per l’Umbria, ma per l’Italia. Il piano industriale che riteniamo fondamentale deve essere integrato, finanziato e di prospettiva. Solo così riusciremo a scongiurare crisi come queste ed essere protagonisti a livello internazionale.
Domanda. Il rapporto Draghi ha sottolineato come l’Europa rischi di diventare vassalla di Stati Uniti e Cina. Secondo Lei, quali sono i passi più urgenti che l’Unione Europea dovrebbe compiere per rafforzare la propria indipendenza economica e politica?
Anna Ascani. Le faccio un esempio, che riguarda il tema dell’intelligenza artificiale che seguo da molto vicino. Il rapporto Draghi ci dice che tra le principali start-up di IA a livello mondiale, il 61% dei finanziamenti globali va ad aziende made in Usa, il 17% a quelle cinesi e solo il 6% a quelle Ue. Siamo praticamente assenti dalla partita. Stiamo lasciando interi settori di mercato e sviluppo ad altre potenze mondiali. Ignorare la portata di questa rivoluzione – che è già qui e adesso, non parliamo di un futuro distopico – e i suoi effetti nei prossimi anni è grave. Il governo cosa fa? Presenta un provvedimento sull’IA disorganico, senza visione, strategia e soprattutto senza risorse significative. È inaccettabile perché ci condanna a subire un cambiamento senza coglierne appieno le opportunità. Dobbiamo investire, costruire piani strategici di ricerca e sviluppo. Non arrivare a valle dei fenomeni.
Domanda. L’Italia ha visto un calo del 6% del reddito medio disponibile delle famiglie mentre in altri paesi europei questo è cresciuto. Quali politiche fiscali e sociali proponete per invertire questa tendenza e sostenere il potere d’acquisto degli italiani?
Anna Ascani. La premier con trionfalismo parla del più alto tasso di occupazione dai tempi di Garibaldi. Ma disegna un’Italia che non esiste. Questo esecutivo non ha la minima idea delle difficoltà delle famiglie. Come dicevo prima, la manovra presentata in questi giorni ne è la dimostrazione. Aumento delle accise sul gasolio, tagli aggiuntivi ai comuni per un totale di quasi 4 miliardi di euro nel prossimo triennio, che si traducono in servizi che le italiane e gli italiani devono pagarsi da soli. O ancora tagli alla scuola, alla sanità, tutto sulle spalle dei cittadini. Mentre in Albania si inaugurano costosissimi e inutili centri per i migranti, lo spot di Giorgia Meloni che viola i diritti delle persone e perdipiù è costato 800 milioni di euro. Le priorità che un governo si dà, quelle su cui investe, sono lo specchio dell’idea di società che vuole costruire. L’esecutivo Meloni sta disgregando le comunità, ampliando i divari e creando nuove forme di povertà. Noi pensiamo che agli italiani non servano mancette o bonus che fanno figli e figliastri, discriminando su basi ideologiche. O aumenti fittizi come quelli sulle pensioni, una presa in giro da 3 euro. Bisogna destinare risorse ai servizi che garantiscono diritti essenziali, la sanità, la scuola. Il lavoro, che deve essere sicuro e ben retribuito, senza il quale nessuna persona è in grado di avere una vita dignitosa. Sostenere le donne e le famiglie con gli asili, gli stessi che hanno depotenziato in legge di bilancio. È questa la nostra idea di società. Con le persone al centro.