
(AGENPARL) – gio 24 ottobre 2024 *IDENTITÀ SENZA CONFINI: QUANDO IL SÉ SI ESPANDE NELL’ALTRO*
*Team di ricerca italo-giapponese svela la possibilità di riconoscersi in
gruppi etnici differenti*
È possibile che il nostro senso di identità sia più flessibile di quanto
immaginiamo?
Un recente studio condotto da un gruppo di ricerca italo-giapponese
coordinato dal prof Mario Dalmaso del dipartimento di Psicologia dello
Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova ha esplorato
questa domanda, indagando se siamo in grado di riconoscere una parte di noi
stessi nei volti di persone sconosciute appartenenti a culture diverse.
Nel corso dello studio, a partecipanti giapponesi e italiani è stato
inizialmente chiesto di associare la propria identità a un volto bianco o
asiatico. In altre parole, ogni partecipante doveva identificare sé stesso
con uno dei due volti presentati, stabilendo così un legame arbitrario e
momentaneo tra la propria identità e il volto scelto. Successivamente, i
partecipanti hanno completato un compito di corrispondenza al computer, in
cui dovevano indicare se il volto presentato corrispondeva a quello
precedentemente associato con sé stessi o a quello associato con un’altra
persona. Infine, hanno eseguito un test per misurare i pregiudizi inconsci
nei confronti di individui asiatici e bianchi.
«I risultati hanno rivelato un aspetto sorprendente e affascinante del
nostro senso di identità: sia gli italiani che i giapponesi hanno
dimostrato una significativa capacità di identificarsi con volti di altri
gruppi etnici – *spiega il prof. Mario Dalmaso, primo autore dello studio*
-. Inoltre, questa capacità di vedere sé stessi negli altri non è stata
influenzata dai pregiudizi verso l’altro gruppo sociale, suggerendo che la
percezione di noi stessi è più adattabile di quanto pensiamo e può
incorporare elementi sociali con caratteristiche diverse. Questo fenomeno
offre uno sguardo profondo sulla psicologia umana, evidenziando come la
flessibilità del sé possa essere una chiave per comprendere e accogliere
l’altro.»
In un mondo sempre più multiculturale, la capacità di identificarsi in una
persona sconosciuta, anche (e soprattutto) quando questa appartiene a un
differente gruppo sociale, potrebbe dimostrarsi un’evidenza essenziale per
promuovere società più inclusive e solidali.
«*Questa ricerca apre nuove prospettive per future indagini su come questa
flessibilità del sé possa aiutarci a superare le divisioni etniche e
culturali, favorendo un dialogo più aperto tra comunità diverse*. Forse
scopriremo – o forse lo sappiamo già – che la nostra identità non è
un’entità statica, ma un insieme dinamico, pronto a evolversi e arricchirsi
attraverso l’interazione con ciò che è diverso da noi» *conclude Dalmaso*.
Alla ricerca hanno partecipato anche il prof Michele Vicovaro del
Dipartimento di Psicologia Generale, il dott Akira Sarodo e il prof Katsumi
Watanabe, dell’Università Waseda di Tokyo.
Titolo dello studio: *The self can be associated with novel faces of
in-group and*
*out-group members: A cross-cultural study*