
(AGENPARL) – gio 24 ottobre 2024 PANNELLI ESPOSITIVI
Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo
LE RAGIONI DI UNA MOSTRA
Il titolo della mostra rimanda alla storiografia sei-settecentesca (a partire dalla Felsina pinrice di Malvasia dedicata a Bologna nel 1678), in un momento in cui le varie scuole pittoriche d’Italia cercano di rivendicare la loro autonomia rispetto all’egemonia fiorentina. Allo stesso modo le artiste, da sempre trascurate dagli studi, reclamano in mostra la loro presenza nella Roma Capitale delle Arti tra XVI e XIX secolo.
Roma è città delle arti, pittrice essa stessa, e registra molte più artiste “al lavoro” di quelle attualmente note. In una città dove la presenza femminile è sempre inferiore a quella maschile a causa del flusso migratorio che richiama manodopera specializzata, le artiste attive a Roma si mostrano qui per la prima volta. La città non è unicamente intesa come luogo di pratica, formazione e mercato, ma diventa personificazione delle tante artiste che per nascita o scelta vi hanno lavorato.
Per far riemergere le opere delle artiste è stato necessario interpretare molti silenzi: poco ricordate nei documenti e spesso relegate a ruoli minori nel sistema delle arti, la loro produzione è stata sovente confusa con quella dei loro maestri e familiari. Attraverso tralasciate citazioni in fonti, documenti, qualche ricordo in diari e corrispondenze, autoritratti e firme, unico modo ufficiale per affermare pubblicamente il loro operato, è stato possibile cominciare a delineare questa realtà inedita.
In questa storia Roma si conferma luogo prediletto di lavoro e formazione nella lunga età moderna, città cosmopolita capace di attirare sempre più artiste italiane e straniere in grado di lavorare con sempre maggiore libertà. Nella città eterna sono accolte, per la prima volta in Europa, nelle accademie accreditate, quella di San Luca, dell’Arcadia e dei Virtuosi, requisito base per essere riconosciute in un ambiente professionale tradizionalmente maschile.
Partendo dunque da un’operazione “aggiuntiva”, per usare un termine caro agli studi di genere, ossia volta a radunare quanto più materiale possibile, sono state qui ricostruite le vicende biografiche di 56 artiste attive in città stabilmente o per periodi più o meno lunghi, iniziando dalle collezioni dei Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina, per poi collegarsi a quelle di molti altri musei e collezioni nazionali e internazionali.
La mostra costituisce una prima ricognizione sulla storia complessiva delle presenze delle artiste a Roma nell’era moderna, al di là delle singolarità ormai celebri.
Il Cinquecento – La ritrattistica di Lavinia Fontana
LAVINIA FONTANA, «PITTORA SINGOLARE AL PARI DELLI PRIMI HUOMINI»
Lavinia Fontana (1552-1614) avvia la sua carriera artistica a Bologna nella celebre bottega del padre Prospero, come spesso accade alle donne pittrici dell’epoca, luogo di incontro degli intellettuali felsinei più all’avanguardia. Si trasferisce a Roma nel 1603-1604, ottenendo numerosi incarichi sia pubblici sia privati da colti committenti. Il marito Giovanni Paolo Zappi, pittore e suo agente, firma i contratti per lei.
La ritrattistica è il genere in cui Lavinia eccelle, ma realizza anche pale d’altare importantissime sia a Bologna che a Roma citate dalle fonti e dalla letteratura artistica, tra cui la Visione di san Giacinto nella chiesa di Santa Sabina. Crea ritratti d’occasione e di memoria, indagando gli aspetti psicologici ed emotivi dei personaggi, e a Roma diventa la ritrattista privilegiata di Paolo V Borghese. Le sue immagini di donne – e delle loro famiglie- sono sintesi dei valori che le nobili di fine secolo vogliono mostrare: madri di famiglia, custodi della casa, ma anche figlie, mogli e genitrici di importanti membri della classe politica.
Nella sala sono posti a confronto per la prima volta i due autoritratti alla spinetta del 1575 (olio su rame, coll. priv.) e del 1577 (olio su tela, Accademia di San Luca), primi tra i tanti altri suoi capolavori. Nel primo, più antico, Lavinia, si presenta sulla scena delle arti figurative poco più che ventenne, suggellando la sua identità professionale e culturale di artista e donna raffinata, laureata all’Alma Mater di Bologna, che si dedica alla musica, alla pittura e alle lettere, come in uso nei circoli culturali bolognesi e ricordato dai suoi ammiratori contemporanei. A due anni di distanza, Lavinia si ripropone nella stessa maniera, con poche varianti: i due quadri, entrambi firmati e datati dalla pittrice, sono preziose testimonianze del suo talento che le garantiranno onori e fama.
Il Seicento – La pittura religiosa, il mito, l’allegoria
ARTEMISIA GENTILESCHI E GIUSTINIANA GUIDOTTI
Artemisia Gentileschi (1593-1654), pittrice attiva a Roma, Firenze, Venezia, Napoli, e in Europa, dove lavora per importanti committenti, si forma nella Città Eterna con il padre Orazio, secondo una prassi inconsueta a Roma, dove le figlie femmine sono escluse dall’attività artistica. Nella città natale risiede fino alla partenza per Firenze nel 1612. Si allontana dopo il processo per stupro intentato contro Agostino Tassi e diventa la prima donna ammessa all’Accademia fiorentina delle Arti del Disegno. A Roma torna negli anni Venti, già famosissima. Molto richiesta per i suoi dipinti con protagoniste donne viste da una prospettiva femminista, Artemisia conquista il suo spazio professionale accanto ai colleghi, dipingendo anche grandi pale storiche e religiose.
Appartiene probabilmente alla seconda fase romana il dipinto Cleopatra (1620 ca., olio su tela, Collezione Sgarbi-Cavallini), esemplato sulla statuaria classica, ma drammatico, sensuale, maturo nella resa della nudità.
Al decennio successivo risale L’Aurora (1635-37, olio su tela, coll. priv.), opera dall’iconografia inedita in cui la pittrice sublima le sue principali doti: chiaroscuro macabro, sensualità, iconicità della figura femminile forte, rielaborazione personale delle iconografie classiche.
Al successivo periodo napoletano (1640 ca.) risale verosimilmente Giudina e la serva con la testa di Oloferne (olio su tela, Fondazione Carit), in cui Artemisia riprende un dipinto del padre in maniera fedele, ma con toni più tenebrosi.
Anche Giustiniana Guidotti Borghesi (1600?-1634) si forma presso la bottega del padre Paolo. Giovanni Baglione la definisce nella biografia del pittore «una figliuola unica che con possibil diligenza, in tutte le virtù, sì di donna, come anche d’uomo, f’ammaestrare». É tra le prime donne ammesse all’Accademia di San Luca. Qui è presente col suo unico dipinto firmato, Allegoria della poesia e della musica (1629 ca., olio su tela, Collezione Koelliker).
Il Seicento – La natura morta
PITTRICI E NATURA MORTA NELLA ROMA DEL SEICENTO
Alla natura morta, genere tra i più praticati nel XVII secolo, si dedicano varie artiste. La marchigiana Giovanna Garzoni (1600?-1670) attiva in molte corti europee, scrive: «il mio desiderio è di vivere e morire a Roma». Abile miniaturista, nel 1633 è ammessa all’Accademia di San Luca. Garzoni dimostra spiccato interesse scientifico per il mondo vegetale e animale, che rappresenta in modo lenticolare, fiammingo, ma pratica con la stessa perizia il ritratto.
La figura di Anna Stanchi (1613?-1681), che condivide la casa bottega con i fratelli Giovanni, Niccolò e Agostino in via Paolina, è stata solo recentemente studiata e messa a fuoco.
Laura Bernasconi, detta “dei Fiori”, sia per la sua specializzazione che per essere stata l’allieva prediletta del famosissimo Mario Nuzzi o “dei Fiori”, è presente in importanti collezioni romane, come quella Pamphili.
Il Seicento – La ritrattistica
RITRATTISTE NELLA ROMA DEL SEICENTO
Molto attive nel genere del ritratto anche per la difficoltà di accedere agli studi dal vero, le artiste ritraggono loro stesse, membri della propria famiglia, ma anche importanti committenti.
Della nobildonna Claudia Del Bufalo, presente negli inventari Savelli e Borghese, conosciamo solo un dipinto, datato 1604 e raffigurante la sorella Faustina. Sebbene sia la sola opera autografa nota della pittrice, il quadro rivela una profonda conoscenza dei canoni della ritrattistica di fine Cinquecento.
Più incerta è la ricostruzione dell’opera di Caterina Ginnasi (1590-1660), allieva di Gaspare Celio e Giovanni Lanfranco, ammessa all’Accademia di San Luca. A Ginnasi, autrice di dipinti di storia e di ritratti, è stato attribuito il ritratto di cardinale presente in mostra.
La collezione di ritratti e autoritratti dell’Accademia di San Luca è di estrema importanza per seguire il progressivo e crescente riconoscimento delle artiste. Le donne, solo quelle che hanno raggiunto una certa fama, vi sono ammesse a partire dal 1607, ma con numerose limitazioni.
Il Cinquecento e il Seicento
DISEGNO, INCISIONE, ARCHITETTURA E MINIATURA
Tra XVI e XVII secolo le artiste a Roma sono attive nei più svariati settori, dalla pittura all’architettura, e spesso si specializzano in incisione, disegno e miniatura.
Nell’arte incisoria spicca Diana Scultori, detta “Diana Mantovana” (1547-1612). Il padre Giovan Battista l’avvia al mestiere a Mantova, dove si afferma tra i principali interpreti della produzione di Giulio Romano. A Roma intraprende una proficua attività commerciale e nel 1580 è ammessa tra i Virtuosi del Pantheon.
Girolama Cagnucci ed Elisabetta Cattanea hanno storie diverse, ma ottengono entrambe un ruolo centrale sia nelle botteghe dei coniugi. Girolama (1567 ca.-1622) si specializza nell’incisione xilografica col marito Leonardo Parasole, xilografo ed editore. Un suo ritratto conservato presso l’Accademia di San Luca fa pensare che ne abbia fatto parte. Elisabetta (1578-1617) frequenta il Conservatorio di S. Caterina della Rosa, istruita dalle monache in “arti donnesche”. Nel 1593 sposa Rosato Parasole, mosaicista che la introduce nella bottega di famiglia. La sua abilità nell’invenzione di ricami diventa imprenditoria: pubblica diverse fortunate raccolte di xilografie con lavori a merletto e modellari.
Anna Maria Vaiani (1604 ca.-1654), pittrice e incisora, figlia del fiorentino Alessandro, è introdotta a Roma alla corte barberiniana da Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il Giovane, specializzandosi anche nell’incisione naturalistica.
Fino al XVIII secolo la miniatura resta il genere in cui le artiste si esercitano di più, perché considerato adatto alla loro presunta fragilità fisica. Eccelle Maddalena Corvini (1607-1664) che apprende l’arte dal nonno, il miniatore Francesco da Castello. Amica di famiglia di Cassiano dal Pozzo, è coinvolta in alcune commissioni papali e nel 1655 entra a far parte dell’Accademia di San Luca.
Teresa Del Po (1649-1713) nasce a Roma, dove la sua numerosa famiglia di artisti si era trasferita da Napoli. Residente a via Margutta, è ben inserita nell’ambiente artistico e si specializza anche in incisioni tratte da famosi dipinti, collaborando con la disegnatrice Angelica Roncalli. Anche lei pratica la miniatura: nel 1675, per il suo ingresso in Accademia di San Luca, riceve un diploma dove è definita «diligentissima miniatrice, ed accuratissima intagliatrice in acqua forte». Dopo la separazione dal marito si trasferisce con la famiglia a Napoli, dedicandosi al pastello.
“Architettrice”, disegnatrice e pittrice è poi Plautilla Bricci (1616-1692), artista poliedrica segnalata nel 1655 presso l’Accademia di San Luca tra i “signori accademici”. Fra i suoi progetti architettonici c’è Villa Benedetti a San Pancrazio (Gianicolo), residenza suburbana di Elpidio Benedetti. La Villa, “edificata a similitudine di Vascello”, viene semi-distrutta durante gli eventi bellici del 1849. Ne sono esposte in sala alcune rappresentazioni del: le tavole acquerellate coi prospetti (fine XVIII-inizio XIX sec.), testimonianza grafica preziosa, e la veduta dipinta di Viale del Vascello dopo l’assedio del 1849 di Giambattista Bassi (Museo di Roma).
Il Settecento
ANGELIKA KAUFFMANN, PITTRICE E NETWORKER
Angelika Kauffmann (1741-1807) occupa un posto di assoluto primo piano nella storia delle artiste donne. Pittrice internazionale richiestissima, salonnière, collezionista, conoscitrice e intellettuale, fa di Roma il suo quartier generale definitivo dal 1782. La sua casa-atelier in via Sistina è frequentata dalle migliori menti della République des lenres. Svizzera di nascita, ambisce da subito a cimentarsi nella pittura ad olio e nel genere storico, un campo considerato fino a quel momento appannaggio maschile. A Londra, nel 1768, è tra i 36 fondatori della Royal Academy, unica donna insieme a Mary Moser; per la decorazione della nuova Council room dell’istituzione londinese riceve lo stesso compenso dei pittori di storia uomini a lei contemporanei. Al primo periodo romano (1763-1765) appartiene La Speranza, opera che suggella la sua ammissione all’Accademia di San Luca nel 1765. Considerata dai contemporanei una delle caposcuola della pittura neoclassica, si specializza nel genere del ritratto mitologico, come nel Ritrano di giovinena in veste di baccante del 1801 (Gallerie Nazionali Barberini Corsini), ma eccelle anche in quello tradizionale, richiesta dalle maggiori personalità della Roma altolocata, come dimostra il Ritrano di Onorato Caetani del 1784 (Fondazione Caetani).
Alla sua morte Roma le tributa un funerale istituzionale organizzato da Antonio Canova e un suo ritratto in marmo dell’anno successivo è collocato nel Pantheon, accanto a quelli dei maggiori pittori attivi a Roma di tutti i secoli (oggi in Protomoteca Capitolina).
Il Settecento – Ritratto, autoritratto e pittura religiosa
LE PITTRICI, LE ACCADEMIE E IL GRAND-TOUR NELLA ROMA DEL SETTECENTO
Nel Settecento a Roma le pittrici si affermano sempre più nel mercato dell’arte e nelle istituzioni accademiche. L’Accademia di San Luca, tra le altre, accoglie la francese Élisabeth Vigée e le romane Caterina Cherubini e Maria Felice Tibaldi, riconoscendone il valore. La grande presenza di grandtourists determina un aumento delle commissioni di copie di formato trasportabile e miniature di capolavori antichi e moderni, di ritratti e di opere di soggetto religioso che riprendono modelli secenteschi.
Caterina Cherubini (ricordata dalle fonti solo post-1750, anno in cui sposa l’artista spagnolo Francisco Preciado de La Vega) è una miniaturista e pittrice specializzata nella copia dei capolavori dalle collezioni romane che diviene Pintora di Camara del re di Spagna Nel 1760 accede all’Accademia di San Luca a Roma ed è ritratta da Anton Von Maron.
Élisabeth Vigée (1755-1842), in fuga dalla Francia rivoluzionaria, giunge a Roma nel 1789 già famosissima. Tra la città eterna e Napoli lavora «prodigiosamente». Accademica di San Luca dal 1790, dona all’istituzione l’autoritratto qui esposto. Frequenta l’alta società e immortala l’élite cosmopolita di Roma. Lasciando l’Italia, durante una sosta a Parma, fa dono all’accademia cittadina che l’ha accolta del Ritrano della ?glia (1792, La Pilotta, Parma).
Maria Felice Tibaldi (1707-1770) è una delle artiste più acclamate e ricercate della sua epoca, specializzata soprattutto nel campo della miniatura. La sua Cena in casa del fariseo (1748), copia da un famoso dipinto del pittore Pierre Subleyras, che sposa nel 1739, già molto affermata, è la prima opera di un artista vivente ad essere acquistata da Benedetto XIV per la neonata Pinacoteca Capitolina, per la rilevante cifra di 1000 scudi. Tibaldi sosteneva la famiglia con la sua professione già a 12 anni, e contribuisce a inserire il marito nel milieu artistico romano. Accademica di San Luca e Arcade, si dedica anche all’insegnamento rivolto a giovani artiste.
Anche la fiorentina Irene Duclos Parenti (1754-1795), autrice di copie di famosi dipinti per la committenza straniera, a Roma tra il 1780 e il 1782, è ammessa all’Accademia di San Luca.
Il Settecento – Il paesaggio
LE PITTRICI DI PAESAGGIO NELLA ROMA DEL SETTECENTO
Nel XVIII secolo le pittrici si cimentano anche nel richiestissimo genere del paesaggio classico (rovine, ruderi e monumenti antichi). Prima pittrice di paesaggio nota in Italia, la nobile genovese Maria Luisa Raggi (ante 1742-1823) raccoglie l’eredità di Claude Lorrain, Paolo Anesi e Jan Frans Van Bloemen e la combina con una rappresentazione idealizzata delle rovine romane mediata da dipinti e stampe. Suora per costrizione, si dedica per tutta la vita alla pittura di paesaggio, appresa dalla sua precettrice Maria Castello. Tra il 1781 e il 1783 risiede a Roma, nel palazzo Raggi al Corso. Qui dipinge capricci e vedute, tra cui quattro tempere conservate in Pinacoteca Capitolina, a lei ricondotte dopo recenti studi e precedentemente attribuite all’anonimo Maestro dei capricci di Prato.
Laura Piranesi (1754-1790), primogenita del celebre Giovanni Battista, nasce e cresce a Roma respirando l’atmosfera della bottega paterna dove è avviata all’arte incisoria. Si specializza in particolare nel genere della veduta, apprezzata dai grandtourists stranieri, e in particolare inglesi, che frequentano l’atelier Piranesi. La sua produzione grafica è stata quasi ignorata dalla critica, ad esclusione di quella presente nei repertori di incisioni più noti, dove è citata sempre insieme al fratello Francesco. Si tratta di circa venti vedute di monumenti romani antichi e moderni incise all’acquaforte e firmate, quasi tutte repliche delle famosissime e più grandi vedute paterne, ma dall’effetto meno drammatico e più pittoresco (in sala, due acqueforti del Museo di Roma).
L’Ottocento
ESPOSIZIONI E ATELIER
All’inizio del XIX secolo, le artiste trovano maggiore spazio nel sistema delle arti della città, cimentandosi finalmente in tutti i generi pittorici, dalla pittura di storia a quella di paesaggio, fino alla scultura in marmo. Frequentano i corsi delle Accademie di Belle Arti istituite dal governo napoleonico, sebbene ancora con qualche distinzione nei percorsi formativi rispetto ai colleghi maschi. Le mostre internazionali in Campidoglio del 1809 e 1810 sono cruciali per l’evoluzione del mercato artistico romano, esemplate sul modello parigino e londinese delle mostre collettive. Nella prima esposizione, le artiste sono 6 su un totale di 64 partecipanti, nella seconda, 8 su 59.
Nel secolo in cui si afferma il genere del ritratto e dell’autoritratto dell’artista nello studio, compaiono anche le pittrici, finalmente titolari di atelier autonomi. Nel disegno di Placido Gabrielli è rappresentato il salotto-studio di Saint-Gratien della principessa Mathilde Bonaparte (1820-1904), protagonista del Secondo Impero francese. Figlia di Girolamo Bonaparte e Caterina di Württemberg, Mathilde trascorre l’infanzia a Roma, per poi spostarsi a Firenze, dove prende lezioni di pittura da Ida Botti (1812-1844). Torna spesso a Roma, dove visita musei e studi d’artista. Dopo la separazione dal principe russo Demidoff, fa ritorno a Parigi. I suoi atelier sono spazi multifunzionali, luoghi di incontro e ambienti di lavoro per l’artista e il suo cenacolo.
L’Ottocento
RITRATTI E AUTORITRATTI NELLA ROMA DELL’OTTOCENTO
In questo spazio pensato come un luogo fortemente identitario, 15 pittrici sono protagoniste di altrettanti ritratti e autoritratti e reclamano il proprio posto nel sistema romano delle arti armate di pennelli, tavolozze, colori, cavalletti e strumenti da lavoro. Si mostrano con orgoglio, mentre si trovano nel loro atelier, nell’esercizio della propria professione, non nascondendo più le proprie ambizioni professionali dietro le firme o i volti dei maestri, dei mariti, dei padri o dei fratelli.
Amalia De Angelis (1824-1873) si autoritrae a seguito di due eventi importanti: la ricezione di un premio straordinario come prima partecipante donna al Concorso Clementino-Pellegrini dell’Accademia di San Luca (1844) e la vittoria al III Concorso Gregoriano (1845) indetto dalla Congregazione dei Virtuosi del Pantheon.
Importante è anche la rete di rapporti che le artiste creano con altre donne. La tedesca Louise Seidler (1786-1866) ritrae l’attrice e amica intima Fanny Caspers in un Porträt der Freundschaft, un ritratto amicale, con lo sfondo del Colosseo. Il dipinto viene esposto alla mostra dei pittori nazareni del 1819 a Palazzo Caffarelli, in Campidoglio: Seidler è l’unica partecipante donna. Stimata e ammirata dai compatrioti artisti e intellettuali, tra cui l’amico Goethe, è un modello di donna autonoma nella Roma dell‘epoca. A Napoli ritrae con il Vesuvio Dorothea Denecke von Ramdohr, giunta in Italia al seguito del marito diplomatico, con la figlia Lilli. La romana Emma Gaggiotti (1825-1912) immortala a Londra l’amica Adelaide Anne Procter, alias “Mary Berick”, importante poetessa femminista inglese dell’epoca vittoriana presto dimenticata. Charlotte Bonaparte (1802-1839) ritrae l’amata sorella Zenaide.
Anche i maestri delle artiste e i loro mentori le dipingono, riconoscendone il valore: Guglielmo De Sanctis immortala la sorella Erminia (1840-1919); Domenico Bruschi, Virginia Barlocci (1824-1898); Vincenzo Camuccini, Matilde Meoni (1779-1858).
L’Ottocento
EMMA GAGGIOTTI
La romana Emma Gaggiotti (1825-1912) si firma in un ritratto fotografico “pittrice e patriota”. Attivissima nei moti risorgimentali, lodata per le sue molte doti da artisti e poeti contemporanei, tra cui Giuseppe Gioacchino Belli, è allieva di Tommaso Minardi e Nicola Consoni. Si specializza inizialmente nel ritratto e in temi allegorici con un linguaggio tra il purismo e la ripresa di Raffaello, che le apre le porte della committenza londinese della regina Vittoria e del principe Albert. Un suo autoritratto che la mostra vestita di scuro, senza ornamenti, da vera artista è esposto con molto successo alla mostra della Royal Academy nel 1851 (forse quello degli Uffizi qui presentato). Il ritratto viene replicato per importantissimi committenti: la regina Vittoria ne dona una versione di dimensioni maggiori al marito per il Natale del 1853 e un’altra replica è acquistata dal principe di Prussia e futuro imperatore Guglielmo I di Prussia. Gaggiotti si trasferisce infatti a Berlino nel 1853, dove ritrae il principe Guglielmo, il naturalista Alexander von Humboldt, suo amico e mentore, oltre che personaggi dell’alta nobiltà tedesca. Gaggiotti è l’esempio di artista emancipata e internazionale: dipinge infatti, tra gli altri, per Napoleone III e per la corte sabauda.
Tornata in Italia, con il tempo si cimenta in generi diversi, come nella sensuale Venere (1867, Palazzo Pitti), in cui riprende e trasforma il tema rinascimentale.
Collezionista di armi antiche insieme al figlio Raoul, dipinge spesso guerrieri in armatura (Guerriero, 1865, GAM, Genova), ma affronta anche temi religiosi. La tarda Madonna col bambino e santi (1895, Musei Vaticani), recentemente restaurata e sinora inedita, mostra la sua conoscenza della pittura inglese e l’abilità nella tecnica ad olio appresa in gioventù.
L’Ottocento
UNA NUOVA VERSATILITA’
Nel corso del XIX secolo le artiste a Roma si cimentano in tutti i generi pittorici.
Erminia De Sanctis riproduce famose opere a soggetto storico dei suoi amici pittori, come nei due acquerelli inediti del Museo di Roma, Emanuele Filiberto mostra l’erede al popolo (da un’opera del fratello Guglielmo) e Il Consiglio dei Dieci (da Bernardo Celentano).
Matilde Meoni riprende i maestri nordici del Seicento (Fanciulla alla ?nestra, 1825 ca., Palazzo Pitti). Luigia Vaccolini (1749-1811) è presente con la copia del dipinto di Canova Maddalena penitente (1799, Accademia di San Luca).
Carlotta Gargalli (1788-1840), prima allieva donna dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e dell’Accademia del Regno Italico a Roma, si cimenta in un’opera d’invenzione tratta dalla storia antica in Pirro che minaccia di uccidere Astianane (1815, Pinacoteca Nazionale, Bologna), memore delle opere di David e Canova. Camilla Guiscardi (1806-1865) realizza grandi scene di soggetto storico-religioso, come Le donne genovesi offrono le loro gioie per la Crociata (1840, Palazzo Reale, Torino). Virginia Barlocci dipinge soggetti storici e letterari, mentre l’opera di Jane Benham (1829-1904), pittrice preraffaellita, si inserisce nella corrente del neo-settecentismo.
Tra le artiste europee che soggiornano a Roma all’inizio del secolo, la francese Hortense Lescot (1784-1845) preannuncia il gusto romantico con il sentimentalismo di Il piccolo mendicante (1810, Stair Sainty, Londra).
L’Ottocento
LE PITTRICI, LA RITRATTISTICA E LE ACCADEMIE
Tra i dipinti copiati dalle artiste vi sono anche noti ritratti sia antichi che contemporanei. All’Accademia di San Luca Marianna Waldstein (1763-1808) offre la preziosa miniatura – di cui disegna anche l’elegante cornice – dell’Autoritrano con amico di Raffaello. Due dipinti del maestro del neoclassicismo romano, Vincenzo Camuccini, sono replicati da Luisa Bersani (1808 ca.-1888, Bertel Lorvaldsen) e da Virginia Barlocci (1824-1898, Pio VII).
Il legame sempre più profondo delle artiste con la prima Accademia letteraria d’Europa, l’Arcadia, è testimoniato anche dal loro ritrarre i soci. Se Luisa Bigioli si rifà al noto ritratto di Andrea Appiani per immortalare Vincenzo Monti, Amalia De Angelis, una delle artiste più dotate della sua epoca, ritrae ex novo Monsignor Gabriele Laureana, in Arcadia Filandro Geronteo, con la maestria che la contraddistingue. Più modesta è l’effigie del Beato cardinale Giuseppe Maria Tommasi, in Arcadia Alcidamo Aridio di Faustina Concioli (1780-1821?), che pure si era cimentata nell’esecuzione di importanti pale d’altare, come quella per la chiesa di Santa Maria di Loreto.
Le artiste continuano a eccellere nella miniatura: tra loro si distinguono la torinese Sofia Clerk (1778-1829), l’attivissima Bianca Boni (1786-1857) e Teresa Fioroni (1799-1880).
Tra le ritrattiste, lavorano a Roma Josephine Rochette (1817-1893) e Ida Botti. La milanese Bianca Milesi (1790-1849), protetta da Canova, si lega in sodalizio con la pittrice femminista tedesca Sophie Reinhardt, con cui divide la casa atelier; tra i suoi primi lavori ritrae Michelangelo Caetani bambino (1810, Fondazione Caetani).
L’Ottocento
DONNE E PITTURA DI PAESAGGIO NELLA ROMA DELL’OTTOCENTO
Nel XIX secolo la pittura di paesaggio è considerata un genere più autonomo e nobile nella gerarchia artistica. Già all’apertura del secolo, nella mostra del Campidoglio del 1809, vengono esposte alcune opere paesaggistiche, come quelle di Rosa Mezzera (1791-1826), che riscuotono un tale successo da essere acquistate da Gioacchino Murat. Protagonista assoluta è la campagna romana.
Marianna Candidi (1756-1826) si ispira ai grandi del Seicento come Claude Lorrain creando paesaggi dal sapore arcadico-letterario. Pur aderendo ai canoni del paesaggio neoclassico, si avvicina alle nuove tendenze analitiche proposte da pittori come Jakob Philipp Hackert. Originaria di Lanuvio, pubblica un intero volume, Viaggi compiuti in alcune cinà del Lazio […], sui comuni laziali sottolineando i suoi interessi archeologici.
Erminia De Sanctis rivela una buona padronanza tecnica per dipinti di paesaggio e di natura morta dai notevoli effetti cromatici e atmosferici.
Tranquilli e rasserenanti sono gli angoli di mondo che Charlotte Bonaparte sceglie di raffigurare nei suoi acquerelli. Ha spesso con sé la sua cassetta, che immortala in un iconico disegno.
Chiude la mostra il dipinto Ultimi Sorrisi d’Autunno di Raffaele Faccioli (1874, Museo Ottocento, Bologna), che si raffigura con la moglie, Giulia Rizzoli (1857-1890), anch’essa pittrice, mentre si dedicano alla pittura di paesaggio dal vero, en plein air. La realtà irrompe nel genere e in questa dimensione, in un legame professionale e personale, la pittrice amata ottiene il suo spazio.