
In questa intervista esclusiva, il Segretario Generale del Sindacato Autonomo di Polizia (SAP), Stefano Paoloni, risponde alle domande sollevate dal recente rapporto dell’ECRI (Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza), che ha evidenziato preoccupazioni riguardo alla profilazione razziale in Italia. Paoloni contesta con fermezza le conclusioni del rapporto, definendole “concettualmente scorrette”, e difende l’operato delle forze dell’ordine, sottolineando l’importanza dell’uguaglianza davanti alla legge e la trasparenza del lo
Attraverso una serie di domande mirate, Paoloni chiarisce la posizione del SAP sulle accuse di discriminazione, evidenziando le misure adottate per garantire che il lavoro della polizia non sia influenzato da pregiudizi e spiegando le sfide legate alla sicurezza pubbliche nel contesto di una società sempre più diversificata.
Domanda. Nel rapporto ECRI si parla di profilazione razziale come problema in Italia. Lei ha definito questo concetto “concettualmente scorretto”. Può spiegare più nel dettaglio cosa intende con questa affermazione?
Stefano Paoloni .È scorretto parlare di profilazione perché non esiste nessun tipo di elaborazione dati relativa alle persone appartenenti a un’etnia o da una specifica provenienza. Pertanto, è tecnicamente scorretto parlare di profilazione, non esistono banche dati che cataloghino in tal senso le persone.
Domanda. Come risponde alle preoccupazioni sollevate dal rapporto riguardo alla possibilità che certe pratiche della polizia possano essere percepite come discriminatorie nei confronti di alcune comunità etniche?
Stefano Paoloni. La polizia italiana non ha colori o pregiudizi di sorta, all’atto dell’arruolamento ogni operatore ha giurato di osservare fedelmente la Costituzione e tra i principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale vi è l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali. Nel rapporto Ecri non vengono indicati fatti oggettivi in violazione di tali principi, ma solo delle preoccupazioni che, se non dimostrate concretamente, rischiano di essere non solo pregiudizievoli ma anche fuorvianti di un servizio svolto in favore della collettività, spesso anche a rischio della nostra stessa incolumità.
Domanda. Secondo Lei, quali sono le principali sfide che la polizia italiana affronta nel garantire la sicurezza pubblica senza compromettere i diritti individuali e il rispetto per la diversità culturale?
Stefano Paoloni. Gli operatori delle forze dell’ordine agiscono in funzione di quelle che sono le Norme di Legge previste dal nostro Ordinamento senza che ciò comporti una valutazione soggettiva nell’applicazione delle stesse. Spetta al Potere Legislativo adeguare le Normative in base all’evolversi della nostra società e anche in relazione alla diversità culturale.
Le attività di polizia maggiormente invasive prevedono già l’intervento della Magistratura a garanzia delle libertà personali e solo in caso di urgenza e pericolo la polizia giudiziaria agisce autonomamente, ma è sempre previsto comunque un controllo da parte dell’Autorità Giudiziaria.
Domanda. Il SAP ha preso posizioni molto ferme contro le accuse di profilazione razziale. Quali misure concrete sono state messe in atto per evitare che possibili pregiudizi influenzino il lavoro delle forze dell’ordine?
Stefano Paoloni. Da anni il SAP per dare massima trasparenza al nostro agire chiede l’introduzione delle telecamere sulle divise, sulle auto di servizio e in tutti gli ambienti in cui operiamo con persone sottoposte a misure di polizia, proprio perché la nostra attività sia non solo trasparente ama anche verificabile.
Questo può consentire non solo all’Autorità Giudiziaria, ma anche alla politica e a tutti i cittadini di esprimere delle valutazioni al fine di modulare l’attività di polizia nel modo più corretto e rispettoso dei diritti individuali e delle diverse culture, contemperandoli con il diritto alla sicurezza di tutti i cittadini.