In questa intervista, abbiamo il piacere di confrontarci con Vincenzo Comi, past Presidente della Camera Penale di Roma e consigliere dell’ordine degli avvocati di Roma, su temi centrali del dibattito giuridico italiano: la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente e l’efficacia della Legge Pinto. Comi, con la sua lunga esperienza nel settore, fornisce un’analisi critica e approfondita delle riforme attualmente in discussione, mettendo in evidenza il loro impatto sul sistema giudiziario e sui diritti dei cittadini.
La separazione delle carriere è una questione chiave per garantire l’indipendenza e l’imparzialità del giudice, elementi fondamentali del giusto processo sanciti dall’articolo 111 della Costituzione. Comi espone chiaramente i motivi per cui ritiene necessaria questa riforma, indicando i benefici per l’efficienza della giustizia e la tutela dei diritti dei cittadini, nonostante le resistenze del sistema.
Passando alla Legge Pinto, introdotta per affrontare l’irragionevole durata dei processi, Comi ne valuta l’efficacia, evidenziando le sfide ancora aperte e proponendo interventi per migliorarne l’applicazione, soprattutto in un contesto di sistema giuridico che spesso non garantisce tempi ragionevoli.
Attraverso questa intervista, emergono prospettive rilevanti per comprendere come riforme strutturali, come la separazione delle carriere, e strumenti di tutela dei diritti, come la Legge Pinto, possano contribuire a un sistema giudiziario più equo e rapido.
Ecco una lista di dieci domande da rivolgere a Vincenzo Comi, past Presidente della Camera Penale di Roma, in merito alla separazione delle carriere dei magistrati e alla Legge Pinto:
Domanda. Qual è la sua posizione sulla proposta di separare le carriere tra magistratura giudicante e requirente? Quali potrebbero essere i principali vantaggi di questa riforma e come potrebbe rafforzare i principi costituzionali del giusto processo?
Vincenzo Comi. Ogni modello di processo penale può adempiere alla sua funzione solo se rispetta le caratteristiche della sua struttura. Il modello accusatorio è strutturato sulla contrapposizione tra accusa e difesa: alterare questo equilibrio avvicinando l’accusa al giudice significa stravolgere la struttura del modello accusatorio e dunque impedirgli di funzionare adeguatamente. Non è un caso che l’articolo 111 della Costituzione ribadisca il concetto di giudice terzo e imparziale
Domanda. Nonostante le riforme del 1989 e del 1999, le carriere dei magistrati restano unite. Quali sono, secondo lei, le ragioni di questa resistenza e come il disegno di legge costituzionale attuale potrebbe risolvere tali problematiche?
Vincenzo Comi. Ragioni tecniche non ve ne sono. Si vanno declinando argomenti privi di contenuto quali la cultura della giurisdizione e lo strapotere del pubblico ministero o il rischio di perdita di indipendenza delle Procure. Tutti e tre gli argomenti ad un minimo approfondimento si sgretolano. Basterebbe soltanto pensare al fatto che il sistema a carriere unificate nasce per il modello inquisitorio e non è possibile pensare che sia resistito all’introduzione del modello accusatorio vista la sua incompatibilità. La riforma oggi in discussione porrebbe fine alle carriere unificate peraltro apprestando adeguate garanzie di indipendenza per il pubblico ministero, prima tra tutte l’istituzione di un CSM apposito.
Domanda. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazioni sul rischio di indebolimento della magistratura con la separazione delle carriere. Come risponde a tali timori? In che modo questa riforma potrebbe influenzare il ruolo del pubblico ministero e l’efficienza della giustizia?
Vincenzo Comi. Come ho detto non vedo alcun rischio di indebolimento, anzi un giudice affrancato dal pubblico ministero è sicuramente più forte ed è migliore garanzia per i diritti dei cittadini. Un giudice terzo e imparziale, che come ho detto, è garanzia per i cittadini, rende il sistema giustizia certamente più efficiente sotto il profilo qualitativo e questo consentirebbe ai cittadini di recuperare la fiducia verso un sistema giustizia oggi in profonda crisi. Noi avvocati proprio per questo riteniamo che sia la madre di tutte le riforme proprio nell’interesse dei cittadini.
Domanda. Quali effetti prevede che la separazione delle carriere avrà sulla terzietà del giudice e sui diritti dei cittadini? Esistono esperienze internazionali da cui l’Italia potrebbe trarre ispirazione?
Vincenzo Comi. Ci sono tante realtà straniere da cui desumere esperienze di questo tipo, basta guardare ai sistemi anglosassoni puri, e a numerose realtà in Europa. Le realtà straniere sono la migliore dimostrazione di quanto ho appena affermato sul sistema accusatorio.
Domanda. Quale sarà, secondo lei, il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) nella riforma proposta? Quali vantaggi si potrebbero ottenere dalla creazione di un’Alta Corte disciplinare separata dal CSM, e in che modo il sorteggio dei membri togati potrebbe contrastare il fenomeno del “correntismo”?
Vincenzo Comi. Ci saranno due CSM con le stesse funzioni, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri e non cambierà nulla nel sistema di autogoverno. In generale sono d’accordo sulla introduzione di una Alta Corte per la funzione disciplinare, si può discutere sulla composizione che come strutturata attualmente nel disegno di legge sembra forse sbilanciata in favore della componente giudicante e in danno di quella requirente. Quanto al sorteggio dei membri togati del CSM condivido l’idea che in un sol colpo smantellerebbe quelli che Sabino Cassese ha definito “grumi di potere”.
Domanda. Ritiene che la separazione delle carriere possa influire anche sulla formazione dei magistrati? Se sì, in che modo pensa che la preparazione e il percorso di carriera dovrebbero essere differenziati tra giudici e pubblici ministeri?
Vincenzo Comi. Le professioni di giudice e pubblico ministero sono completamente diverse e non sarebbe male tenere conto delle specificità anche nei percorsi formativi.
Domanda. La Legge Pinto è stata introdotta per combattere l’irragionevole durata dei processi. Qual è il suo giudizio complessivo sulla sua efficacia fino ad oggi, e quali sono le principali sfide nell’applicazione di questa legge?
Vincenzo Comi. La legge Pinto è la dimostrazione del fallimento del nostro sistema in relazione al principio costituzionale di ragionevole durata del processo. Fino ad oggi – almeno nelle sue declinazioni attuative – mi sembra un “pannicello caldo” che ci è stato imposto da altri.
Domanda. Le misure introdotte dalla legge di stabilità del 2016 hanno cercato di rafforzare il rispetto dei termini di durata ragionevole dei processi. Ritiene che le modifiche della legge 208 del 2015 siano state sufficienti o servano ulteriori riforme?
Vincenzo Comi. Apprezziamo lo sforzo della legge di stabilità ma ritengo che un processo che rispetti il principio di ragionevole durata debba concludersi in tempi più contenuti. Il processo penale è un calvario per chi lo subisce ed è una pena già la stessa pendenza. Il nostro obiettivo deve essere quello di avere tempi più rapidi possibili e un processo concentrato e breve nella durata. Solo così si garantiscono i cittadini. Non mi sembra che siamo in questa direzione allorquando facciamo i conti con sentenze di prescrizione anche per reati che fino a 10 anni fa erano considerati imprescrittibili.
Domanda. Alcuni critici sostengono che i processi di equa riparazione previsti dalla Legge Pinto non abbiano ridotto significativamente i ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Quali ulteriori modifiche suggerirebbe per migliorare la situazione?
Vincenzo Comi. La prima modifica che attuerei è l’aumento del numero dei magistrati, magari anche riportando in ruolo i 200 magistrati attualmente distaccati al Ministero. Serve un aumento dell’organico della magistratura ordinaria accompagnato da un miglioramento organizzativo degli uffici e dei sistemi telematici.
Domanda. La separazione delle carriere e la Legge Pinto mirano entrambe a rendere il sistema giudiziario più equo ed efficiente. Quali sinergie vede tra queste riforme e come potrebbero collaborare per garantire processi più rapidi e giustizia più accessibile ai cittadini?
Vincenzo Comi. Non vedo relazioni tra le due normative se non quella che un sistema più efficiente, anche grazie alla separazione delle carriere potrebbe ridurre al minimo l’utilizzo di uno strumento risarcitorio come la legge Pinto.