
Michel Barnier, veterano politico francese e figura di rilievo nel panorama europeo, è stato nominato nuovo Primo Ministro della Francia, segnando una tappa cruciale nel tentativo di ristabilire l’ordine politico nel paese. La sua nomina avviene dopo 60 giorni di stallo seguito alle elezioni anticipate volute dal Presidente Emmanuel Macron, che hanno lasciato il Parlamento francese diviso in tre fazioni inconciliabili: i centristi globalisti, la sinistra radicale e la destra populista.
L’interregno tra le dimissioni dell’ex Primo Ministro Gabriel Attal e la scelta di Barnier è durato ben 51 giorni, il più lungo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La Francia, paralizzata da un Parlamento incapace di esprimere una maggioranza, ora si affida all’esperienza di Barnier, noto a livello europeo come il rigido negoziatore della Brexit. Tuttavia, l’ex Commissario europeo si trova di fronte a una sfida titanica: costruire una coalizione di governo in un contesto politico fratturato.
Le elezioni anticipate indette da Macron, invece di consolidare il suo potere, hanno prodotto un Parlamento in cui nessuna delle tre principali fazioni può rivendicare una maggioranza. Il partito di Macron, centrato su una visione globalista e liberale, si trova ora in bilico tra il Nuovo Fronte Popolare (NFP), un’alleanza di sinistra che include socialisti, verdi e comunisti, e il Rassemblement National (RN), il partito di destra populista di Marine Le Pen.
Le Pen, benché contraria all’agenda centrista di Macron, ha adottato una tattica di attesa nei confronti di Barnier, dichiarando che non voterà immediatamente contro il nuovo governo, ma giudicherà la sua piattaforma politica. Le richieste del RN sono chiare: il nuovo esecutivo dovrà rispettare i suoi rappresentanti e non ignorare le sue richieste fondamentali su immigrazione, protezione della classe lavoratrice e, soprattutto, riforma elettorale. Questa ultima questione è particolarmente sensibile per il RN, che è stato penalizzato dal sistema elettorale francese a doppio turno, nonostante abbia ottenuto milioni di voti in più rispetto al NFP.
Barnier, una figura di spicco a Bruxelles, è stato scelto da Macron proprio per la sua esperienza diplomatica e la sua capacità di negoziare in situazioni complesse. Tuttavia, in patria il contesto è profondamente diverso rispetto ai negoziati europei: dovrà navigare tra le richieste inconciliabili della destra di Le Pen e quelle della sinistra radicale del NFP, che rivendica il diritto di scegliere il Primo Ministro dopo aver conquistato il maggior numero di seggi parlamentari.
Lucie Castets, candidata socialista dell’NFP per la premiership, è stata scartata da Macron, innescando una prevedibile ostilità da parte dell’alleanza di sinistra nei confronti di Barnier. L’NFP, sebbene variegato al suo interno, è compatto nel voler bloccare qualsiasi governo che non rispetti la sua agenda progressista.
La questione della riforma elettorale sarà uno dei temi centrali del dibattito politico nei prossimi mesi. Marine Le Pen ha esplicitamente chiesto l’introduzione di un sistema di rappresentanza proporzionale, che garantirebbe al RN una rappresentanza più equa rispetto al voto popolare. Barnier, che si è dimostrato un negoziatore inflessibile in Europa, potrebbe essere disposto a trovare un compromesso con la destra populista, almeno su questo punto, per garantirsi una base di appoggio più ampia.
Macron, nella sua dichiarazione a seguito della nomina di Barnier, ha espresso il desiderio di vedere un “governo unificante” per superare un periodo “senza precedenti” nella politica francese. Tuttavia, il cammino per Barnier appare tutt’altro che facile, con una sinistra ostile e una destra cautamente aperta, ma con richieste difficili da soddisfare. L’abilità diplomatica che Barnier ha dimostrato in Europa sarà messa alla prova come mai prima d’ora nella politica interna francese.
La Francia, ora divisa e instabile, guarda a Barnier per trovare una via d’uscita dal caos politico, ma solo il tempo dirà se riuscirà a costruire il consenso necessario per governare.