La separazione delle carriere è una battaglia storica dell’Organismo Congressuale Forense. Ecco perché Avvocatura sostiene con convinzione la riforma costituzionale. La creazione di due Consigli Superiori della Magistratura giudicante e requirente, autonomi e indipendenti, è garanzia di terzietà del giudice.
Si deve porre fine all’evidente anomalia che vede pubblici ministeri e giudici accomunati nello stesso organo di autogoverno con conseguente influenza decisionale reciproca su progressioni in carriera, trasferimenti, assegnazioni, conferimento di incarichi dirigenziali e procedimenti disciplinari.
Non regge la tesi semplicistica dell’Associazione Nazionale Magistrati che ritiene pericolosa la riforma, oltre che non risolutiva degli annosi problemi della giustizia penale.
E’ proprio l’art. 111 della Costituzione ad anteporre i principi di “parità” tra le parti e di “terzietà” del Giudice alla “ragionevole durata” del processo: la riduzione dei tempi presuppone un processo in equilibrio.
La riforma, peraltro, non soltanto non determina alcuna modifica negli equilibri tra il potere politico e quello giudiziario, ma lascia inalterata l’obbligatorietà dell’azione penale e i rapporti tra polizia giudiziaria e pubblico ministero: non vi è, dunque, alcun allarme per le libertà. Il risultato condivisibile dell’intervento sulla Costituzione è la modifica minima ed essenziale per il completamento della riforma costituzionale del 1999, in passato oggetto di ampia condivisione da parte della politica.
Avanti con la riforma: non si arretri di un passo!
Così in una nota l’Organismo Congressuale Forense (OCF), in merito al disegno di legge costituzionale in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare.