
(AGENPARL) – gio 13 giugno 2024 Segnaliamo all’indirizzo web
https://www.unipr.it/node/105535
il comunicato stampa relativo alla pubblicazione su “Nature Communications” di uno studio guidato dall’Università di Parma per la definizione di nuovi approcci terapeutici nei confronti della leucemia mieloide acuta
COMUNICATO STAMPA
NUOVI APPROCCI TERAPEUTICI PER LA LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA: I RISULTATI DI UNO STUDIO GUIDATO DALL’UNIVERSITÀ DI PARMA PUBBLICATI SULLA RIVISTA “NATURE COMMUNICATIONS”
La ricerca è stata condotta dal gruppo di Ematologia Traslazionale e Chemogenomica diretto da Giovanni Roti, docente del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo e Direttore dell’Ematologia e Centro Trapianto di Midollo Osseo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Primo autore dell’articolo è Matteo Marchesini, per anni ricercatore Unipr e ora all’IRST di Meldola
Parma, 13 giugno 2024 – L’identificazione di nuovi approcci terapeutici per la leucemia mieloide acuta è il tema di un’importante ricerca svolta all’Università di Parma. I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista “Nature Communications” dal gruppo di Ematologia Traslazionale e Chemogenomica (THEC) diretto da Giovanni Roti, docente del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo e Direttore dell’Ematologia e Centro Trapianto di Midollo Osseo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.
“Orthogonal proteogenomic analysis identifies the druggable PA2G4-MYC axis in 3q26 AML” il titolo dell’articolo, che ha come primo autore Matteo Marchesini, per anni ricercatore all’Università di Parma e ora all’Unità di Ematologia Traslazionale, Laboratorio di Bioscienze, dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” IRST di Meldola.
La ricerca è frutto di un lavoro pluriennale, avviato grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro a uno Start-Up grant guidato dal prof Roti. Il progetto era finalizzato a identificare nuovi approcci terapeutici per pazienti affetti da una forma di leucemia mieloide acuta (AML) caratterizzata da un’anomala attività del fattore trascrizione EVI1 (MECOM) e determinata da un riarrangiamento del cromosoma 3q26. Si tratta a oggi della forma più aggressiva di questa patologia, insensibile alle terapie attualmente disponibili.
Le ricercatrici e i ricercatori sono partiti da uno screening di farmaci ad ampio spettro, valutando oltre 5mila molecole su cellule leucemiche in coltura caratterizzata dal riarrangiamento del cromosoma 3q26. Hanno così trovato che la classe di inibitori delle deacetilasi istoniche (HDACi) erano i farmaci maggiormente in grado di bloccare la proliferazione delle cellule tumorali. I farmaci sono stati quindi sperimentati in colture tridimensionali di cellule di midollo osseo generate all’IRST, a partire da campioni ottenuti da pazienti e da tessuti di topi con la stessa malattia. Un grazie particolare va all’impegno profuso dall’Unità di Ematologia e Centro Trapianto di Midollo Osseo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, oltre che dai collaboratori nazionali e internazionali dello studio tra i quali l’Istituto di Ematologia e Centro di Ricerca Onco-Ematologica dell’Università di Perugia e l’Università del Texas, MD Anderson Cancer Center.
Per chiarire il meccanismo d’azione di questi farmaci, che sono peraltro già disponibili e sperimentati per sicurezza ed efficacia in altri contesti, ricercatrici e ricercatori hanno quindi identificato le proteine che interagiscono con EVI1. A questo scopo hanno utilizzato la spettrometria di massa applicata ad analisi “omiche” di espressione genica e di ChiP sequencing. Tra le proteine valutate ne è emersa una dal nome di proliferation-associated 2G4 (PA2G4), che sembra avere un ruolo chiave nella repressione di EVI1 mediata dai farmaci HDACi.
I risultati ottenuti offrono una base solida per lo studio di nuove combinazioni terapeutiche, o per lo sviluppo di nuovi farmaci, per questo sottogruppo di pazienti affetti da AML che a oggi non beneficiano di valide opzioni terapeutiche.