
(AGENPARL) – ven 07 giugno 2024 PUGLIA | Implementato il monitoraggio sismico e mareografico
Dal Gargano al Salento, la rete sismica e mareografica della regione oggetto
di nuove strumentazioni per la conoscenza dei fenomeni e la mitigazione dei
rischi
Nonostante la Puglia sia caratterizzata da una peculiare sismicità nella
zona del Gargano, è meno studiata e quindi conosciuta di quella
dell’Appennino.
La Puglia, inoltre, presenta anche una specifica vulnerabilità ai maremoti,
dovuta all’estesa superficie costiera della Regione e alla sua centralità
nel Mediterraneo.
*Per migliorare la riduzione dei rischi derivanti dall’attività sismica è
cruciale incrementare il monitoraggio di questi fenomeni arrivando a
comprendere le più profonde dinamiche del pianeta.*
Questa attività, fondamentale per la ricerca in sé e per la tutela del
territorio e delle comunità dal rischio sismico e da maremoto, è stata
messa in atto attraverso la sempre più stretta collaborazione tra l’*Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)* *,
*il *Dipartimento
di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari (DiSTEGEO)*
*, e* l’*Istituto Superiore per la Protezione e
la Ricerca Ambientale (ISPRA)* che ha
rafforzato la rete di monitoraggio sismica e mareografica sul territorio.
Attraverso il progetto PNRR “Monitoring Earth’s Evolution and Tectonics”
(MEET), nelle località di *Manfredonia, Rignano Garganico, Chieuti e
Ischitella*, in provincia di Foggia, alcune stazioni della rete sismica
Otrions sono state implementate con
l’installazione di sismometri a banda larga, mentre a *Lucera* (FG) in
continuità con il progetto PON “Geoscience Research INfrastructure of
ITaly” (GRINT), è stata sostituita e implementata la stazione di
monitoraggio, con la messa in opera di un sensore a 30 m di profondità.
*Cambi di passo importanti per comprendere meglio come si muove il
territorio in superficie, ma anche le caratteristiche più nascoste della
crosta terrestre.*
“*I terremoti del Gargano *- spiega *Andrea Tallarico*, professore
dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e responsabile scientifico
della rete Otrions -* avvengono a profondità maggiori, fino a 25 km di
profondità**, rispetto alla sismicità che caratterizza l’Appennino, che
solitamente è confinata nei primi 12 km della crosta terrestre. Il motivo
per cui ciò avvenga e le conseguenze, in termini di pericolosità sismica,
ancora non sono chiari e le ipotesi sono diverse*”*.*
*Un monitoraggio sismico di dettaglio fornisce informazioni fondamentali
sulle dinamiche interne della terra* *che possono illuminare i motivi alla
base di questa particolare sismicità.*
*Giulio Selvaggi*, ricercatore dell’INGV e Coordinatore scientifico del
progetto PNRR-MEET precisa “*Lo strato sismogenetico, cioè quella parte
della crosta terrestre che si comporta in modo fragile e risponde alle
deformazioni dando origine a terremoti, è influenzato da quelle che
chiamiamo caratteristiche reologiche cioè le caratteristiche dei materiali,
come lo stato termico delle rocce o la loro viscosità. La propagazione
delle onde sismiche è influenzata dagli stessi parametri ed è per questo
motivo che stiamo migliorando nel tempo la nostra capacità di vedere nella
profondità della crosta*”. Un sismografo, infatti, registra ampiezza e
frequenza d’onda e sono proprio questi due elementi gli indizi chiave per
capire com’è fatta la crosta terrestre che le onde sismiche attraversano.
“*Grazie ai nuovi sensori a banda larga* – prosegue Selvaggi – *si riesce
a registrare uno spettro ampio di frequenze d’onda. Se pensiamo alla nostra
voce, questa emette diverse frequenze alte e basse, lo stesso avviene con
gli scuotimenti della crosta. La banda larga permette di ascoltare tutte le
sfumature della voce della terra e quindi fornisce dati più precisi sulla
sorgente e sul viaggio delle onde sismich**e”.*
Fondamentale per il territorio pugliese anche * il monitoraggio degli
tsunami nel Mediterraneo. *Il rischio tsunami, infatti, è elevato a causa
dell’esposizione a sorgenti sismogenetiche presenti nel mar Adriatico e nel
mar Ionio, ma anche alla vulnerabilità delle abitazioni civili e alle
infrastrutture turistiche vicine alla fascia costiera, in stretta
connessione con l’aumento della densità abitativa nei mesi estivi.
A tale scopo, alle stazioni mareografiche di *Monopoli* e *Barletta, *gestite
dal Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di
Bari, e ai mareografi dell’ISPRA già attivi a *Otranto*, *Vieste*, alle *Isole
Tremiti* e a *Taranto *è stato recentemente installato sempre dall’ISPRA un
nuovo mareografo a *Santa Maria di Leuca*.
“*Più è fitto il monitoraggio sul territorio* – spiega *Alessandro Amato*,
ricercatore INGV e Responsabile del *Centro Allerta Tsunami dell’INGV
(INGV-CAT)* – *più riusciamo a fare previsioni di
futuri scenari. I mareografi posti nelle zone costiere ci informano non
solo sulle variazioni del livello del mare, dovute a terremoti che
avvengono a largo delle coste, ma anche sulle variazioni di pressione
dovute a meteotsunami o sulle eventuali frane sottomarine che possono
generare maremoti*”.
“*Avere una rete affidabile di dati* – continua Amato – *è determinante nei
casi di allerte tsunami nel Mar Mediterraneo. Ad esempio, nel 2018 un
terremoto avvenuto in Grecia, in prossimità dell’isola di Zakynthos, ha
fatto diramare un’allerta Watch (rossa) locale e un’allerta Advisory
(arancione) per Calabria e Puglia. Il segnale di fine allerta è stato