(AGENPARL) - Roma, 28 Aprile 2024(AGENPARL) – dom 28 aprile 2024 COMUNICATO STAMPA
Cagliari, 28 aprile 2024 – La presidente della Regione Alessandra Todde ha partecipato oggi, in Consiglio regionale, alle celebrazioni della Sa Die de sa Sardigna.
Di seguito la traccia del suo intervento.
Presidente Comandini,
consigliere e consiglieri, ragazzi e ragazze, noi sardi abbiamo diritto a festeggiare noi stessi e la nostra storia. Ed è con emozione che prendo la parola per celebrare con voi “Sa Die de sa Sardigna”.
Per troppo tempo ci siamo raccontati che di storia non ne avevamo, dando per buono che il nostro passato fosse solo un susseguirsi di dominazioni, un vuoto di vera storia, quella con la S maiuscola, quella prodotta da soggetti attivi che lottano, creano, sognano. Oggi siamo qui a ricordare a noi stessi, e a chiunque ami questa terra, che abbiamo avuto una storia nostra, imbevuta di mondo, intessuta di grandi aspirazioni, certo complicata da cadute ma anche ricca di momenti alti. Siamo un popolo che ha affrontato contraddizioni ma anche depositario di grandi potenzialità che ancora dobbiamo dispiegare totalmente.
Conoscendo questa storia, condividendola, meditandola, traducendola giorno dopo giorno noi costruiamo gli strumenti per alimentare il nostro desiderio di unità, libertà e prosperità.
Per questo dobbiamo festeggiarci senza incensarci: Sa Die non è e non deve essere un giorno di parole roboanti a compensazione degli altri 364 giorni dell’anno. Sa Die non è e non deve essere una sbornia di fierezza o di rivalsa che ci esime dal fare i conti con la nostra coscienza e la nostra azione politica ogni giorno dell’anno.
Sa Die non è il fine ma è un impegno. L’impegno a conoscerci, a fare i conti con noi stessi. Per migliorarci, per agire in modo differente. L’autodeterminazione, lo abbiamo detto, cammina sulle spalle di un popolo istruito. Un popolo consapevole di sé. La nostra coscienza nazionale di sardi è un compito, e Sa Die è l’occasione per assumere l’impegno a svolgere questo compito con slancio rinnovato, costante, convinto, chiamando alla partecipazione ogni donna e uomo di Sardegna.
A maggior ragione lo dico parlando a voi giovani, che siete i costruttori del presente e del prossimo futuro.
Il nostro patto generazionale si è rotto e possiamo ricostruirlo attraverso la conoscenza della nostra storia che ci aiuti a creare una nuova comune coscienza collettiva.
Sa Die non è un giorno solitario: non lo fu allora e non deve esserlo oggi. Gli eventi che commemoriamo non iniziarono e non finirono in quel 28 Aprile 1794. Quella giornata di sollevazione – che la parte più timorosa della classe dirigente immediatamente bollò come “emozione popolare” – affondava le sue radici alla metà del Settecento, nella riscoperta da parte dei sardi della loro diversità nazionale, così come nella crescente consapevolezza popolare di una condizione di ingiustizia di cui il feudalesimo era il segno più appariscente. Questa corrente, alimentata carsicamente dalla nostra lunghissima storia di sovranità, testimoniata dal rifiorire della lingua sarda, si alimentava al contempo delle correnti di pensiero illuministe, riformiste, rivoluzionarie che attraversavano l’Europa.
Per questo Sa Die fu più di una ribellione estemporanea. Per questo il suo culmine non è la cacciata temporanea della classe dirigente sabauda e la sua esemplarità non risiede nello spirito di rivendicazione che innerva le “cinque domande” che la classe dirigente sarda rivolse con ingenua fiducia al sovrano sabaudo.
Sa Die ci parla di tempi costituenti. Tempi in cui un parlamento riprende vita, la virtù patriottica accende gli animi, le nostre comunità sperimentano patti federativi per liberarsi dal giogo feudale, una parte importante della classe dirigente sarda pone la felicità e la dignità della Nazione sarda come suo obbiettivo.
“Un Regno non mai Colonia d’alcun altra Nazione, ma separato ed indipendente dalli Stati di Terraferma”, così si esprime il Parlamento sardo una volta autoconvocato nel 1793.
“La Nazione Sarda contiene in sé stessa delle grandi risorse per potere sviluppare una grande forza coattiva, onde fare rispettare la sua costituzione politica”, così recita L’Achille della Sarda Liberazione, uno dei pamphlet simbolo del triennio rivoluzionario sardo.