La sentenza n. 10503 del 5 dicembre 2023 del Consiglio di Stato ha scosso le fondamenta dell’equo compenso, sollevando una serie di questioni cruciali per il mondo della giustizia e della libera professione. Questo pronunciamento ha messo in luce le implicazioni dirette sulla determinazione del compenso dei commissari straordinari, enfatizzando la necessità di considerare attentamente le specificità di ogni caso e respingendo l’applicazione di liquidazioni forfettarie che potrebbero equipararli ai manager delle aziende pubbliche.
Parallelamente, il Consiglio Nazionale Forense ha adottato una nuova normativa deontologica in risposta alle disposizioni della legge 49 del 2023. Tale normativa mira a garantire una remunerazione adeguata per gli avvocati, contrastando compensi eccessivamente bassi. Secondo il nuovo Codice deontologico, gli avvocati devono ricevere compensi equi e proporzionati alla loro prestazione professionale, con sanzioni disciplinari per chi violi tali disposizioni.
È fondamentale che il ministero competente, incaricato della determinazione del compenso dei commissari straordinari, non abusi della sua posizione imponendo criteri di remunerazione che non rispettino le norme costituzionali e le legittime aspettative dei professionisti.
L’istituzione dell’Osservatorio Nazionale sull’Equo Compenso, promosso dal Ministero della Giustizia, rappresenta un passo significativo nella tutela dei diritti dei professionisti. Questo organismo ha il compito di esprimere pareri sulle proposte normative, vigilare sulla disciplina delle convenzioni e segnalare eventuali pratiche contrastanti con le disposizioni in materia.
La legge sull’equo compenso, promossa con determinazione dal governo guidato da Giorgia Meloni, si propone di garantire dignità e giustizia ai professionisti che hanno subito o stanno subendo condizioni economiche ingiuste.
Il vice ministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha commentato che la legge sull’equo compenso ha risolto una situazione di iniquità intollerabile, ripristinando la dignità della prestazione professionale e stabilendo criteri di retribuzione equi. Ha anche sottolineato che, sebbene la normativa sia migliorabile, ha rappresentato comunque un passo significativo verso una maggiore giustizia economica per i professionisti.
Tuttavia, una questione cruciale rimane: il governo Meloni deve essere il primo a rispettare l’equo compenso. Non basta promuovere leggi e normative, ma è essenziale che l’esecutivo dia l’esempio, garantendo compensi equi e proporzionati per tutti i professionisti che lavorano per l’amministrazione pubblica e in tutte le altre aree della libera professione.
In conclusione, l’equo compenso continua a essere una questione di grande rilevanza per assicurare condizioni di lavoro dignitose e giuste per i professionisti. È necessario che il governo e le istituzioni agiscano con determinazione per garantire l’applicazione efficace delle normative esistenti e per adottarne di nuove, se necessario, al fine di tutelare i diritti e le aspettative dei professionisti in ogni settore.