
(AGENPARL) – gio 18 aprile 2024 [image: logo.jpg]
18 aprile 2024
*Il 20 aprile di 50 anni fa la scomparsa di Ferruccio Galmozzi*
*Bergamo lo ricorda con un convegno*
50 anni fa, il 20 aprile, moriva Ferruccio Galmozzi, Sindaco di Bergamo dal
1946 al 1956. La sua città ne omaggia la memoria con un convegno – a
ingresso libero e dal titolo “Ferruccio Galmozzi, tra ricostruzione e
miracolo economico” – in programma sabato 20 aprile dalle ore 9.30 nella
sala intitolata proprio a Galmozzi, in via Tasso 4.
Il Comune di Bergamo e l’Archivio Bergamasco ricordano così un sindaco a
cui la città di Bergamo deve molto, primo cittadino in un momento molto
delicato per la Comunità bergamasca, che usciva dalla guerra in una
situazione economica molto complicata.
Sarà il Sindaco Giorgio Gori ad aprire i lavori del convegno, coordinato da
Francesca Tasca: seguiranno gli interventi di Chiara Cremaschi (*Gli
appunti del Sindaco*), di Alessandro Persico (*Tra apostolato e politica:
Ferruccio Galmozzi nel movimento cattolico del Primo Novecento*), di
Gianluigi Della Valentina (*La strada in salita. Ricostruzione e avvio del
miracolo economico*), di Roberto Cremaschi (*Un’Amministrazione con i piedi
per terra. Ferruccio Galmozzi Sindaco di Bergamo 1946-1956*), di Bernardo
Pasinelli (*L’archivio raccolta di Ferruccio Galmozzi 1853-2011*).
*L’impegno politico*
Ferruccio Galmozzi fu eletto consigliere comunale nelle liste del Partito
Popolare nel 1922 e fu assessore alla sanità del comune di Bergamo con il
sindaco Paolo Bonomi fino ad aprile 1923, quando giunta e consiglieri
comunali rassegnarono le dimissioni – come poi ricordò nel discorso
d’insediamento a sindaco il 3 aprile 1946 – “*per l’impossibilità di
assolvere il loro mandato con dignità e con la necessaria libertà d’azione*”.
Si rifiutò di prendere la tessera del Partito Nazionale Fascista quando fu
imposto ai dipendenti pubblici ma non fu licenziato, apparentemente perché
la direzione dell’ospedale insabbiò la decisione non denunciandolo agli
organismi competenti.
Durante i 20 mesi dell’occupazione tedesca mise più volte a disposizione
dei partigiani e dei perseguitati politici la sua attività di medico.
Rappresentante della DC nel CLN di Bergamo insieme a Cristoforo Pezzini
dall’aprile 1944, fu nominato dopo la liberazione presidente provvisorio
della Provincia, nel 1946 fu il primo eletto per numero di preferenze al
consiglio comunale di Bergamo nella lista della DC mentre il genero Carlo
Cremaschi, marito della secondogenita Marussia, era uno dei quattro
bergamaschi eletti alla Costituente.
Eletto sindaco, propose ai rappresentanti del Partito Socialista di entrare
nella maggioranza, offerta che fu rifiutata. Ricoprì la carica fino al
1956, dopo essere stato rieletto nel 1951. Nel decennio successivo la
giunta fu impegnata a rimediare ai danni economici e sociali causati dalla
guerra e dalla occupazione tedesca e a risanare il bilancio del comune che
nel 1946 era in forte deficit. Realizzazioni principali furono la
costruzione di nuovi alloggi, fra i quali il Villaggio degli Sposi,
progettato per offrire abitazioni alle giovani coppie, nel quale si trova
ora la via a lui intitolata, il risanamento della città alta,
l’acquisizione al demanio comunale delle mura venete, del complesso
monumentale di Sant’Agostino, del chiostro del Carmine e del Parco Suardi
nella città bassa. Con una posizione controcorrente si pronunciò contro
l’istituzione dell’indennità di carica per i sindaci e per il decennio
delle sue due amministrazioni né lui né gli assessori percepirono questa
indennità. I dieci anni di amministrazione guadagnarono apprezzamento
condiviso per le realizzazioni portate a termine. Guido Piovene,
descrivendo il carattere ‘di prosa, di praticità lombarda’ da cui era
caratterizzata l’amministrazione locale di Bergamo, annota che ‘*Bergamo è
Lombardia. Il suo sindaco è uno dei migliori d’Italia’*.
Terminata nel 1956 l’attività di sindaco, carica nella quale gli succedette
Tino Simoncini, si ritirò dalla politica attiva rimanendo iscritto al
partito, e rifiutò nel 1958 una candidatura al Senato. Rimasto vedovo nel
1950, morì il 20 aprile 1974 nella sua casa di Bergamo lasciando sei figli
e 26 nipoti.