
Il 14 Aprile è terminata una fase importantissima delle Festività del ‘Maggio’, che si tengono ogni anno a Pastena (Fr.), ormai da tempi immemorabili. Si tratta, forse, del più complesso ed elaborato rito della tradizione ciociara. I festeggiamenti iniziano il Primo di Aprile (Pasquetta) con la benedizione della ‘vaccarella’ (una giovenca di pochi mesi) che, dopo essere stata abbellita con un mantellina rossa, dei fiocchi e decorazione varie, nonché di una croce di ferro sulla fronte, viene poi benedetta dal parroco, dopo la messa, sul sacrato della chiesa. Fino a poco tempo fa, la ‘vaccarella’ veniva lasciata libera di pascolare nelle campagne e la sua presenza era percepita quasi come una sorta di benedizione per tutti i contadini della zona. Purtroppo, oggi, non è più conveniente lasciarla libera di scorrazzare nei campi, anche a causa dell’aumento di lupi e ibridi cane-lupo, che sono una costante minaccia per il bestiame. Così, dopo la consueta benedizione, i proprietari hanno riportato ‘la vitella sacra’ nella sua stalla. Sarà tirata fuori da lì, soltanto il 30 Aprile – il giorno in cui verrà tagliato il ‘Maggio’ – con lei ci saranno le altre mucche bianche che dovranno trainarlo. Seguirà poi una conta per il sorteggio dei primi tre bovari che dovranno attaccare la coppia di mucche al tronco, per trainarlo fino alla grande curva del cimitero del paese, che bisognerà raggiungere prima di Mezzogiorno. Ovviamente la ‘vaccarella’ sfilerà dinanzi al corteo di gente e bestiame. Dopo una breve sosta, in cui il ‘mastro di festa’ offrirà ai presenti uno ‘spuntino’, il corteo – con a capo la ‘vaccarella’ – giungerà a Porta Napoli, lasciando in sosta il ‘Maggio’, fino alla sera.
Seguiranno altre fasi importantissime del rituale ma, di queste, ci occuperemo a tempo debito. Per adesso concentriamoci invece sugli eventi più recenti. Dunque, il giorno 14 Aprile, i cosiddetti ‘cercatori’ della commissione ‘cerca Maggio’, seguiti dai ‘mastri di festa’, e da alcune persone del paese, hanno scandagliato i boschi, in lungo e largo, alla ricerca di quell’albero che avesse tutto le caratteristiche fondamentali per diventare il ‘Maggio’. I criteri di selezione sono legati, in primo luogo, alla forma dritta e svettante della pianta, al suo diametro, all’assenza di malattie ma anche all’eventuale angolo di caduta in modo che, nel momento del taglio, non causi danno a case, stalle o altre eventuali strutture presenti. Una considerazione importantissima è che l’albero scelto, per quanto possibile, sia più bello e forte di quello dell’anno precedente.
L’albero selezionato (generalmente un cipresso, un abete o una quercia) – dopo essere stato identificato – sarà decorticato in un solo punto con un segno a forma di croce. I ‘mastri’ del comitato della festa si alterneranno, lasciando, ognuno, un intacco sul tronco, prima che l’anziano scalpellatore inizierà a sollevare la corteccia lungo la linea degli intacchi, fino ad esporre la parte bianca ed interna della pianta. I colpi di scalpello che si susseguono sono accompagnati da un’attesa trepidante. Tutti, infatti, sanno che quando l’ultimo strato di corteccia sarà eliminato apparirà sul tronco una croce bianca, soltanto allora al grido di ‘Evviva la Santissima Croce!’, pronunciato dall’intagliatore ‘mastro di festa’, quella pianta, cesserà di essere un semplice albero. Insomma, supererà la sua natura selvaggia e inizierà una ‘nuova vita’, grazie alla mediazione culturale dell’uomo. In altre parole, quell’albero avrà una nuova identità, incarnerà l’intera comunità, sarà catalizzatore e somma cumulativa di tutti i suoi gesti, dei suoi sentimenti, di tutti gli accadimenti che seguiranno. Da quel momento in poi, è come se il nuovo ‘Maggio’ iniziasse ad assorbire tutte le attenzioni e le azioni che gli saranno rivolte dagli abitanti di questa piccola comunità di circa 1,200 anime. Dai primi intacchi effettuati dai ‘mastri di festa’ alle decine di mani che toccheranno quella croce impressa nel tronco; dalla danza di colpi di accetta – che precederanno il taglio – alla vitalità dei giovani che cercheranno di arrampicarsi sulla cima del ‘Maggio’ per accaparrarsi il dono; dalla devozione di mani sapienti delle donne che quei dolci li hanno sfornati giorno e notte alle preghiere e i canti che hanno accompagnato la lievitatura , l’impasto e la cottura di dolci; dalla reciprocità degli scambi di doni (‘scerpa’) alla forza delle vacche bianche che trasporteranno il tronco dalla foresta in paese; dagli incitamenti dei bovari alle urla di chi isserà il ‘Maggio’ al centro della piazza, per mezzo di funi. Insomma, il ‘Maggio’ racchiuderà tutta questa sapienza e l’energia vitale di un’ intera comunità che, con l’inizio della primavera, intraprende un percorso di rinnovamento, un periodo di nuove speranze e di buoni auspici per il futuro. Il ‘Maggio’ non è il simbolo della Festa e neppure una rappresentazione di questa (come molti osservatori hanno commentato). Il ‘Maggio’ è l’evento stesso, è il naturale processo di divenire, in cui le azioni e i pensieri di una comunità intera diventano tutt’uno con il passaggio delle stagioni – una simbiosi mutualistica dove eventi naturali e culturali si intersecano e si sovrappongono gli uni agli altri. Così, per oltre un mese, le pratiche di un’intera collettività saranno incentrate sul ‘Maggio’, che incarnerà Pastena e tutta la sua gente, come in un unicum. Insomma Pastena sarà il ‘Maggio’ ed il ‘Maggio’ sarà Pastena!
Intanto, nella casa del ‘mastro di festa’, è stato imbandito un tavolo con dolci tipici, messi a disposizione di tutti coloro che desidereranno assaggiare queste delizie. E’ proprio qui che si porta la ‘scerpa‘, ovvero un’offerta che ognuno può liberamente dare come contributo alla festa e, nel farlo, riceverà in cambio un sacchetto di dolci e un immaginetta della Santissima Croce. Infatti, la Festa del ‘Maggio’ e quella della Santissima Croce sono strettamente collegate, poiché gli elementi ‘pagani’ della Festa si alternano sincreticamente con quelli cristiani. Va ricordato, che Il 3 Maggio, non è solo il giorno in cui i giovani del paese si sfideranno per arrampicarsi sul ‘Maggio’ e raggiungere i doni appesi sulla sua cima, ma è anche il giorno della solenne messa e della processione con il trono di Sant’Elena protettrice (madre dell’imperatore Costantino) che abbraccia la S.S. Croce. Si racconta che la croce originaria fu ritrovata dalla Santa che ne fece spedire una parte a Gerusalemme, mentre un pezzo fu donato alla chiesta da lei fondata a Roma, un frammento del sacro legno giunse, invece, anche a Pastena, grazie all’interessamento dei marchesi Casale del Drago, feudatari del paese.
Come vuole la tradizione, il ‘Maggio’ dell’anno precedente, che ha già svolto la sua funzione, non può convivere con il nuovo ‘Maggio’. Ecco perché il ‘Maggio’ deve essere rigorosamente rimosso a Settembre, in occasione della festa del co-patrono San Sinforo. E proprio allora che sarà liberato di tutta la sua forza, di quell’energia vitale che ha incarnato e, così, dopo aver perso la sua sacralità ritornerà ad essere un semplice legno, messo a disposizione delle necessità o dell’ingegno degli uomini. Infatti, lo si consegnerà a proprietari del bosco che gli aveva dato i natali e, soltanto loro, decideranno cosa farne, se trasformarlo in mensole, panchine, oggetti, utensili, etc. Intanto le stagioni continueranno a susseguirsi e su Pastena calerà l’inverno. Inizieranno le prime gelate e coltri di nebbia avvolgeranno le sue valli misteriose. In quei boschi, chissà dove, c’è già un nuovo albero che attenderà, in silenzio, di essere scoperto e scelto come il nuovo Maggio del 2025.
Intanto, mentre ciò prende forma, e tutto è in divenire, a Pastena – in questi giorni – c’è un fermento vibrante, che trasuda in ogni gesto, in ogni parola dei cittadini di questo meraviglioso paese. Nel piano sottostante la casa del ‘mastro di festa’, le donne (anziane, di media età, ma anche ragazzine) si alternano instancabilmente nella cottura dei dolci negli antichi forni a legna mentre, intorno ad un lunghissimo tavolo, decine di mani sapienti impastano incessantemente. Si susseguono canti, preghiere e litanie, un accompagnamento sonoro e costante al lavoro di queste incredibili donne. Si ha quasi l’impressione che quest’armonia costituisca uno degli ingredienti fondamentali che rendono questi dolci così buoni e fragranti! Insomma, sembra che queste preghiere, cantate all’unisono, facilitino e ‘stimolino’ le varie fasi di preparazione, dalla lievitazione alla cottura di ciambelle, dolci e biscotti di vario tipo. In questi antichi forni si respira un’area di santità mista ad allegria, quasi ci si trovasse in uno strano tempio dove sacro e profano si alternano, perché parti indissolubili di un’unica matrice. A pochi chilometri da quei forni, nei boschi circostanti, i bovari di Pastena esercitano le loro bellissime vacche bianche, di razza marchigiana, al traino del tronco. Mancano circa 15 giorni al taglio del ‘Maggio’, e tutto deve essere rigorosamente pronto. Infatti, all’alba del 30 Aprile, i ‘mastri di festa’ e vari abitatati del paese, ritorneranno sul luogo del rinvenimento del ‘Maggio’, tra scampanii, spari di mortaretti e quelli dei ‘fucilieri’. Dopo una cerimonia presieduta dal parroco, il ‘Maggio’ sarà finalmente tagliato.
In tutta questa straordinaria sequenza di eventi – la cosa più difficile è spiegare, in poche parole, cosa sia veramente il’Maggio’, la cui etimologia non è ancora stata ben definita. Molti sostengono che derivi proprio dall’omonimo mese, apoteosi della rinascita naturale. Altri lo assocerebbero a ‘major‘, dal latino ‘il più grande’, in riferimento – appunto – all’albero del ‘Maggio’. Io, anche se in forma assolutamente preliminare, vorrei avanzare un’altra ipotesi: l’etimologia originaria potrebbe derivare da ‘Maia‘ (antica Tellus), Dea italica preromana e poi romana, la cui festa si celebrava proprio il primo Maggio. Era la Dea del fuoco e del calore sessuale e a lei si sacrificava la ‘scrofa gravida’, per propiziarsi una prole numerosa, la fertilità della terra, l’abbondanza del bestiame e della raccolta. Nel tempo la ‘sacra scrofa’ sarebbe stata poi sostituita dalla ‘sacra vitella’ (la ‘vaccarella’). Ma le origini di questo termine sono anche greche, dato che ‘Maia‘ significa nutrice, e quindi, il riferimento all’allattamento, alla vita e alla crescita è esplicito. E’ lecito per un visitatore o un turista che visiti Pastena in questi giorni, formulare una serie d’ipotesi sul ‘Maggio’: Trattasi di un albero magico? O forse è un simbolo religioso? Una sorta di ‘totem’, emblema di un popolo? O magari un semplice palo della cuccagna? Le griglie interpretative sono molteplici, ma – parlando con i ‘mastri di festa’ e con tanti semplici cittadini, ho capito che il ‘Maggio’ è tutto questo e, al contempo, non è niente di tutto questo, o meglio, va ben oltre tutto ciò che si possa dire o escogitare. Il ‘Maggio’ è qualcosa di molto più grande ed indescrivibile, perché condensa non solo il passato di un intero popolo ma un passato che, ogni anno, si rinnova, si fa presente, volgendosi al futuro con quella dignità e rispetto che i Pastenesi hanno per chi li ha preceduti. Insomma, nel ‘Maggio’ si incarna un vero e proprio microcosmo in cui si rispecchiano, in modo totalizzante, i numerosi aspetti della realtà e della vita quotidiana della collettività pastenese, in tutte le sue articolazioni e contraddizioni. Se la gente si commuove parlando del ‘Maggio’, vuol dire che soltanto il pronunciarne questo nome evoca sentimenti, e memorie talmente radicate nell’anima di questa comunità, che sarebbe davvero inconcepibile parlare di Pastena se non esistesse il ‘Maggio’!
Di fronte a cambiamenti epocali (industrializzazione, globalizzazione economica e culturale, etc.) qualcuno si domanda per quanti anni ancora potrà durare questa festa, le cui radici affondano in una società agropastorale che, ormai, dal dopoguerra in poi, si è quasi dissolta. Per tante persone, con le quali ho parlato, sembrerebbe che Pastena, non avrebbe più motivo di esistere se non ci fosse il ‘Maggio’. Resterebbero ancora le case, le chiese e i monumenti ma andrebbe perso quel collante fondamentale che ha tenuto viva questa gente, intorno ad una tradizione, forse millenaria. Sì, perché la festa del ‘Maggio’ è riconducibile a quell’ampia fenomenologia dei ‘riti primaverili’ diffusi tra le culture agro-pastorali del Lazio e, per l’esattezza, a quei ‘riti arborei’ che si svolgono solitamente con l’approssimarsi dell’equinozio di primavera, in coincidenza della rinascita del mondo vegetale e come momento apicale di rigenerazione materiale e spirituale di un’intera comunità. Quindi il ‘Maggio’ è anche un inno alla fecondità e al rinnovarsi della vita, nell’auspicio di raccolti abbondanti e di buona salute per il bestiame. A Pastena, come in altre parti d’Italia, tali rituali mantengono molte delle caratteristiche magico-cerimoniali legate al rapporto indivisibile della popolazione con l’ambiente circostante. In questo contesto, si delineano anche molteplici elementi delle tradizioni nordico-celtiche. Oggi, nel rito del ‘Maggio’ convivono sia l’aspetto pagano che quello cristiano.
Ormai a Pastena è calata la sera, ai vecchi forni le donne si concedono un momento di pausa, mentre i bovari e le proprie mucche, iniziano il ritorno alle stalle. Anch’io sono in partenza, ma non posso farlo senza aver prima ringraziato di cuore tutti gli amici Pastenesi che, con entusiasmo, disponibilità e vera ospitalità ciociara, hanno voluto guidarmi nei meandri di una tradizione straordinaria che sopravvive solo, ed esclusivamente, per i meriti di una comunità, la quale ha saputo guardare avanti, affrontare le sfide del futuro, senza mai perdere contatto con la propria identità e con il proprio passato. Grazie Pastena; Evviva la S.S. Croce!
Dario Novellino, PhD. e’ antropologo e difensore dei diritti umani ed ambientali














