Nuove rivelazioni provenienti da documenti giudiziari hanno scosso l’industria della tecnologia, portando alla luce un oscuro “Progetto Ghostbusters” orchestrato direttamente dal CEO di Meta, Mark Zuckerberg, per spiare i rivali come Snapchat, YouTube e Amazon.
Secondo quanto riportato da TechCrunch, nel 2016 Zuckerberg ha personalmente ordinato ai suoi dirigenti di trovare modi per monitorare l’utilizzo crittografato di app concorrenti come Snapchat. In un’email del giugno 2016, Zuckerberg ha espresso frustrazione per la mancanza di analisi su Snapchat, sottolineando l’importanza di trovare un modo per ottenere informazioni dettagliate su di esso.
La risposta di Facebook a questa richiesta è stata il coinvolgimento del team di Onavo, l’app VPN acquistata dall’azienda nel 2013. Javier Olivan, all’epoca responsabile della crescita di Facebook, ha incaricato Guy Rosen, fondatore di Onavo, di trovare soluzioni innovative per rispondere alle richieste di Zuckerberg. A luglio 2016, il team di Onavo ha sviluppato un software in grado di intercettare e decrittografare il traffico proveniente da domini specifici su dispositivi iOS e Android, consentendo a Facebook di analizzare l’utilizzo in-app.
Il “Progetto Ghostbusters”, così soprannominato per il logo fantasma di Snapchat, è proseguito per almeno tre anni, estendendosi a YouTube e Amazon. Tuttavia, non tutti i dirigenti di Facebook erano a proprio agio con questo approccio. Pedro Canahuati, capo dell’ingegneria della sicurezza di Facebook all’epoca, ha espresso preoccupazione riguardo all’eticità di queste pratiche, sottolineando che nessun addetto alla sicurezza si sarebbe mai sentito a proprio agio con ciò che stava accadendo.
I documenti giudiziari rivelano inoltre che Facebook ha utilizzato terze parti per reclutare utenti e installare il software, senza renderne visibile il marchio Onavo a meno che gli utenti non adottassero ulteriori misure per analizzare lo strumento.
Queste rivelazioni sollevano gravi interrogativi sulle pratiche di raccolta dati di Facebook e sul rispetto della privacy degli utenti. L’azione legale collettiva in corso, intentata dagli inserzionisti, afferma che le azioni di Facebook hanno distorto ingiustamente le tariffe pubblicitarie e hanno contribuito a mantenere il monopolio nel mercato degli annunci sui social media.
Il “Progetto Ghostbusters” rappresenta un ulteriore esempio delle crescenti preoccupazioni riguardanti la gestione dei dati e la privacy da parte delle grandi aziende tecnologiche, sollevando la necessità di una maggiore trasparenza e responsabilità nel settore. Resta da vedere quale sarà l’impatto di queste rivelazioni sul futuro di Meta e sulle normative sulla privacy dei dati.