
(AGENPARL) – sab 10 febbraio 2024 Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
COMUNICATO STAMPA
BENI ASPORTATI DALLE TRUPPE DI OCCUPAZIONE DURANTE LA SECONDA GUERRA
MONDIALE RECUPERATI DAI CARABINIERI DEL NUCLEO TUTELA PATRIMONIO
CULTURALE DI MONZA
Nel corso dei consueti controlli delle piattaforme di e-commerce e dei siti specializzati nella vendita
di opere d’arte, i Carabinieri del Nucleo TPC di Monza hanno individuato numerosi reperti di natura
archeologica presentati come provenienti della collezione Pietro Fedele e già conservati presso la
Torre di Pandolfo di Capodiferro. I primi accertamenti hanno permesso di verificare come questi
reperti fossero di provenienza demaniale e già musealizzati in quello che era conosciuto come
Museo della Civiltà Aurunca, eretto nel 1926 dall’allora Ministro dell’educazione nazionale Pietro
Fedele. Ma soprattutto si tratta di beni asportati dalle truppe di occupazione durante il Secondo
Conflitto mondiale.
In collaborazione con i funzionari della SABAP e
personale dell’Istituto Centrale del Restauro, i
Carabinieri hanno potuto ricostruire le vicende che
hanno visto protagonista proprio la Torre di
Pandolfo di Capodiferro: torre longobarda che nel
1943 fu bombardata e rasa al suolo dalle truppe di
occupazione tedesche non prima però di averla
depredata. Destino comune ad altre città e luoghi di
cultura come Milano, Montecassino, ma anche Pompei e il Ponte Borbonico Real Ferdinando che
sormonta il fiume Garigliano luogo dove i tedeschi avevano fatto partire la nota “Linea Gustav”.
Gioielli del nostro patrimonio culturale che subirono le conseguenze belliche del Secondo Conflitto.
La torre di Pandolfo Capodiferro fu concessa negli anni venti in enfiteusi a Pietro Fedele dal Comune
di Sessa Aurunca proprietario dell’immobile e dell’area demaniale circostante, su sua richiesta per
realizzare un museo archeologico, per un canone annuo di 200 lire e con l’obbligo di restaurarla. Il
canone fu poi ridotto a una lira “…quale segno tangibile di riconoscimento e di gratitudine … per la
ricostruzione della Torre longobarda…” Nel 1926 Pietro Fedele fu talmente appassionato alla
gestione della Torre come vestigia di una propria identità culturale a tal punto che la fece inserire
nello stemma di famiglia nonostante la proprietà fosse demaniale.
Il museo occupava tutti i quattro piani della torre mostrando numerosi reperti archeologici,
numismatici e altri che appartenevano al medioevo. Alle centinaia di pezzi in oro, argento e anche
in avorio si aggiungevano il ritratto di Giulia Gonzaga di Jacopo del Conte, stampe antiche
rappresentanti vedute del territorio di Minturno, Gaeta, Fondi e Formia senza dimenticare l’angolo
dedicato a Maria Cristina di Savoia e i circa 8000 volumi custoditi nella biblioteca.
L’indagine, minuziosamente condotta, ha consentito ricostruire il viaggio che questi beni percorsero
nel tempo. Il bottino del rastrellamento eseguito nell’autunno del 1943 quando le truppe tedesche
del 15° Panzer Gran Division I.C. entrarono – per conto del Kunstschutz – e depredarono il museo,
venne accuratamente selezionato dai soldati e raccolto in numerose casse. Parte del materiale è
stato poi restituito tramite l’Archivio di Stato di Roma Sant’Ivo e Castel Sant’Angelo, luoghi presso
cui vennero depositati i beni durante la guerra, agli eredi di Pietro Fedele.
Al termine della guerra i beni dispersi furono oggetto di una specifica indagine condotta dall’allora
ministro plenipotenziario Rodolfo Siviero, a capo del Comitato per le restituzioni; attività
successivamente sugellata dalla pubblicazione nel 1995 del volume “L’opera da ritrovare. Repertorio
del patrimonio italiano disperso all’epoca della seconda guerra mondiale”.
Ad oggi mancano all’appello ulteriori reperti archeologici, monete, medaglie e vario materiale
riconducibile all’attività istituzionale svolta dall’allora Ministro dell’Istruzione, Pietro Fedele.
Come affermato da esperti del settore, la distruzione della torre “… è stata una perdita per la cultura