
(AGENPARL) – sab 02 dicembre 2023 Il lavoro giusto al posto giusto
L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Dicembre 2023
A cura di
Ester Dini e Simone Cagliano
UFFICIO STUDI DEI CONSULENTI DEL LAVORO
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Sommario
PREMESSA …………………………………………………………………………………………………………………………………….. 2
L’INCLUSIONE LAVORATIVA DEI DISABILI: NUMERI E TENDENZE …………………………………………………….. 6
LA DISABILITÀ IN ITALIA ……………………………………………………………………………………………………………….. 6
LA PARTECIPAZIONE AL MERCATO DEL LAVORO ……………………………………………………………………………………. 8
IL CONFRONTO INTERNAZIONALE…………………………………………………………………………………………………… 10
CARATTERISTICHE DELL’OCCUPAZIONE ……………………………………………………………………………………………. 13
LA SODDISFAZIONE PER IL LAVORO…………………………………………………………………………………………………. 16
LA RICERCA DI LAVORO………………………………………………………………………………………………………………. 19
IL QUADRO DELLE POLITICHE ………………………………………………………………………………………………….. 21
L’EVOLUZIONE NORMATIVA ………………………………………………………………………………………………………… 21
COLLOCAMENTO E SERVIZI PER IL LAVORO ………………………………………………………………………………………… 24
I beneficiari ………………………………………………………………………………………………………………………………… 24
Diritto al collocamento obbligatorio ……………………………………………………………………………………………… 25
Soggetti obbligati e quote di riserva ……………………………………………………………………………………………… 26
Modalità di assunzione………………………………………………………………………………………………………………… 26
Misure incentivanti per agevolare l’assunzione di persone con disabilità …………………………………………… 27
Gli accomodamenti ragionevoli …………………………………………………………………………………………………….. 29
LE PROSPETTIVE: AGENDA 2030 E PNRR ……………………………………………………………………………………….. 30
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Premessa
L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità resta ancora una dimensione critica
nel nostro Paese. Malgrado una lunga e solida legislazione in materia e la crescente
attenzione emersa in termini di policies pubbliche e aziendali sul tema, le criticità del
mercato del lavoro italiano rendono ancora di difficile realizzazione l’accesso delle
persone con disabilità al lavoro e il conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla L. 68/99
sul collocamento mirato. Questa si proponeva infatti di favorire un corretto percorso di
inserimento che, partendo dall’analisi delle abilità e capacità della persona con disabilità,
riuscisse a valorizzarle nel giusto contesto di lavoro, portando “la persona giusta al posto
giusto”.
A più di venti anni dall’entrata in vigore, il bilancio sull’inserimento lavorativo delle
persone con disabilità si presenta critico.
Secondo i dati forniti dall’Istat, nel 2021, su una popolazione di circa 3 milioni di persone
con limitazioni gravi, è occupata (nella fascia d’età 15-64 anni) solo il 32,5%, contro un
valore del 58,9% tra le persone senza limitazioni. Risulta poi molto elevata – 20% – la
percentuale di persone in cerca di occupazione, sensibilmente superiore a quella della
popolazione che non presenta alcuna forma di disabilità (11,3%).
Sono dati importanti e preoccupanti, che non devono però far passare sottotraccia i
significativi miglioramenti registrati negli ultimi anni, frutto della combinazione di
politiche nazionali e regionali, che hanno cercato di affrontare con maggiore efficacia tale
tematica, e dell’impegno crescente da parte delle aziende nel diffondere al loro interno
una cultura più inclusiva.
In particolare, l’analisi delle poche informazioni disponibili evidenzia come nell’ultimo
decennio si sia avuto un incremento significativo della propensione delle persone con
disabilità a presentarsi sul mercato del lavoro.
La quota di persone che cercano o hanno un’occupazione è passata dal 40,2% del 2011
al 52,5% del 2021, sebbene a determinare l’incremento sia stata soprattutto la
componente in cerca di lavoro, aumentata dall’11,8% al 20%. Si tratta di un segnale
comunque positivo, che evidenzia una maggiore fiducia nella prospettiva di trovare
un’occupazione e conseguente disponibilità al lavoro che non va trascurato.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
In secondo luogo, va apprezzato lo sforzo portato avanti negli anni sul fronte
dell’inclusione educativa delle persone con disabilità, che inizia a produrre risultati visibili.
Tra le persone che presentano limitazioni gravi nello svolgimento delle attività quotidiane
si è registrato nell’ultimo decennio un netto incremento dei livelli medi di istruzione. Tra
le persone di 25-44 anni, la quota di quanti posseggono un diploma di scuola superiore
o di laurea è passata dal 40% del 2011 al 61,6% del 2021, mentre tra i 45-64 anni,
l’incremento è stato più contenuto, ma significativo, dal 23,8% al 39,7%.
Si tratta di un dato importante che dovrebbe in prospettiva favorire una maggiore
inclusione lavorativa, considerato che ad oggi, una quota ancora considerevole di
occupati con disabilità gravi, ha al massimo la licenza di scuola media (39,5% contro il
26,1% delle persone che non presentano limitazioni); il 40,9% ha un diploma e solo il
19,6% una laurea (contro una percentuale del 26,4% tra gli occupati che non presentano
alcun tipo di limitazione).
Infine, va ricordato come le difficoltà osservate riflettono gli evidenti limiti di un mercato
del lavoro, quale quello italiano, ancora caratterizzato da bassi livelli occupazionali. A tal
proposito, un recente studio dell’Ocse ha evidenziato come l’Italia sia tra i paesi che
presentano uno dei più bassi divari nei tassi di occupazione tra persone disabili e non
(circa il 24,3% rispetto ad una media Ocse del 27,1%): un dato che suggerisce come a
pesare su tale aspetto sia più la mancanza di opportunità di lavoro prima ancora che la
presenza di discriminazioni e disuguaglianze nell’accesso al lavoro, come rilevato invece
per molti altri Paesi.
A fronte di alcune luci, va tuttavia evidenziato come il quadro di contesto presenti molte
aree di criticità.
La prima è rappresentata dal rischio di cronicizzazione dell’esclusione lavorativa,
soprattutto per le persone che presentano limitazioni gravi. È indicativo, da questo punto
di vista, che tra le persone in cerca di un’occupazione, ben il 62,2% abbia tra i 45-64 anni
mentre i giovani siano solo il 37,8%: un dato del tutto in controtendenza con quanto
avviene tra la popolazione che non presenta alcun tipo di limitazione, dove i giovani
rappresentano il 65,4% delle persone in cerca di un’occupazione.
L’esclusione lavorativa rischia pertanto per molti disabili di divenire una condizione
permanente di vita, favorita peraltro anche dai bassi livelli di istruzione che
contraddistinguono tale componente, in larga parte in possesso al massimo della licenza
di scuola media (57,6%) e tra cui solo il 35% è diplomato e il 7,4% laureato.
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La seconda dimensione è rappresentata dalla crescente difficoltà di incontro tra una
domanda ed una offerta di lavoro così specifiche. Malgrado negli ultimi anni si è assistito
ad un incremento significativo del livello di istruzione delle persone con disabilità, questo
non si è tradotto in un progresso sul fronte professionale.
Tra il 2011 e il 2021 infatti, a fronte di un aumento di quanti svolgono una funzione a livello
impiegatizio e intermedio (dal 28,6% al 35,7%), dovuta in particolare alla diminuzione di
operai e apprendisti (dal 37,6% al 34,6%), si evidenzia una contrazione di quanti occupano
una posizione altamente qualificata, come dirigenti, professionisti e quadri, la cui incidenza
passa dal 17,8% al 14,5%.
Tale aspetto si riverbera sulla stessa realizzazione professionale. La difficoltà ad essere
“collocati al posto giusto”, unitamente ai limiti strutturali, organizzativi, relazionali di molti
contesti di lavoro, genera un diffuso senso di insoddisfazione tra i lavoratori con disabilità.
Tra gli occupati che presentano limitazioni gravi, solo il 14,3% si dichiara molto soddisfatto
del proprio lavoro (tra quanti non hanno limitazioni la percentuale è del 17,7%) mentre il
30,6% afferma di esserlo poco (22,2%) o per nulla (8,4%). Tra quanti non presentano
limitazioni, la percentuale di insoddisfatti è del 18,4%.
Colpisce in particolare il divario che si riscontra tra i laureati, dove la quota di insoddisfatti
(31,2%) risulta quasi doppia rispetto a quanti non presentano limitazione (16,3%). Un dato
che conferma di come le difficoltà di collocamento al “posto giusto” risultino ancora più
elevate proprio tra coloro che hanno maggiormente investito in percorsi formativi di
qualità, e che più scontano la delusione di una collocazione occupazionale non adeguata o
non in linea con il percorso formativo intrapreso.
In questo scenario che, per le difficoltà di soluzione, ma soprattutto per le implicazioni in
termini di inclusione economica e sociale, presenta tratti di drammaticità, appare evidente
che il sistema del collocamento mirato, prezioso strumento di inclusione scelto dal
Legislatore per supportare la piena valorizzazione delle persone con disabilità, per come è
strutturato, presenti evidenti limiti e “da solo” non basti a dare risposta alle molteplici
domande che provengono da questo mondo.
Vi è assoluta necessità di riequilibrare il baricentro dell’azione politica passando dalla
cultura dell’adempimento normativo alla valorizzazione della persona, a partire
dall’implementazione di tutte quelle politiche attive che giocano un ruolo determinante,
come evidenziato dalle esperienze territoriali più virtuose. In particolare, appare
necessario:
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
ampliare le opportunità di lavoro destinate alle persone con disabilità, stimolando
un cambio di approccio da parte delle aziende che ancora presentano resistenze.
Potrebbero risultare utili specifiche forme di incentivo sia economico
(decontribuzioni e sgravi) che normativo (premialità bandi, conteggio ai fini
applicazioni e contratti) ulteriori rispetto a quelle già esistenti per le imprese le
imprese che assumono lavoratori oltre la quota obbligatoria di legge. Possono
essere anche utili incentivi finalizzati all’adozione di strumenti di
certificazione/rendicontazione sociale sulla promozione di pari opportunità
aziendali e inclusività. L’obiettivo è di far uscire il tema “lavoro e disabilità” dalla
gabbia “dell’obbligo normativo” in cui è incardinato, promovendo un cambio di
passo culturale, unico strumento in grado di favorire una reale inclusione;
accorciare le distanze tra mondo della disabilità e del lavoro, anche attraverso una
maggiore flessibilità di utilizzo degli strumenti di accesso al lavoro, come ad
esempio la somministrazione o il tirocinio (ad oggi è previsto un limite minimo di
durata di 12 mesi), che si configura come un canale di rilevanza crescente
nell’accesso al lavoro e rafforzando ancora di più il link tra percorsi di istruzione e di
lavoro, magari con progetti ad hoc dedicati all’inclusione degli studenti disabili;
favorire la promozione di cambiamenti organizzativi utili ad una maggiore
inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Postazioni, strumentazioni,
logistica, rappresentano spesso il limite più rilevante nel collocare il lavoratore in
funzioni e attività coerenti con le loro aspirazioni e con i percorsi di studio intrapresi.
Da questo punto di vista, un utile strumento sono gli accomodamenti ragionevoli
per l’adeguamento del posto di lavoro alle necessità dei lavoratori diversamente
abili e di quelli la cui disabilità sia intervenuta a seguito di infortunio. Uno strumento
che potrebbe essere migliorato e ampliato, anche attraverso maggiori
finanziamenti e campagne di comunicazione più mirate al fine di facilitare
l’adozione di misure come la sostituzione di macchinari, la ristrutturazione edile
degli ambienti di lavoro, l’applicazione degli aspetti ergonomici della postazione, la
fornitura di mezzi che riducano l’intensità degli sforzi fisici richiesti, ma anche di
carattere organizzativo, come la riarticolazione dell’orario di lavoro, la
redistribuzione delle mansioni, le politiche formative;
assicurare la piena efficacia della normativa, attraverso un’attività di controllo e
verifica che assicuri, da parte delle aziende, il rispetto dei vincoli a cui sono tenute.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
1. L’inclusione lavorativa dei disabili:
numeri e tendenze
1.1. La disabilità in Italia
Nel 2021, 12 milioni 767 mila persone residenti in Italia risultano avere limitazioni
funzionali, invalidità o cronicità gravi.
Di queste, poco più di 3 milioni (3.004 mila), ovvero il 5% della popolazione,
presentavano limitazioni gravi, cioè il massimo grado di difficoltà in almeno una tra le
funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana (tab. 1).
La maggior parte delle persone con disabilità grave si concentra tra la popolazione
con più di 65 anni. Sono 1.895 mila i disabili gravi in tale fascia d’età, corrispondenti al
63,1% del totale. Circa 1.100 mila hanno invece un’età inferiore: 435 mila (il 14,5% del
totale) hanno meno di 45 anni mentre 675 mila (22,5%) tra i 45 e 64 anni (fig. 1).
Tab. 1 – Distribuzione della popolazione italiana per presenza di limitazioni e classe di età,
2021 (val. ass.)
Limitazioni gravi
Limitazioni non gravi
Senza limitazioni
Non indicato
Totale
0-44 anni
1.735
23.538
1.801
27.508
45-64 anni
3.244
13.252
1.070
18.241
65 e oltre
1.895
4.784
6.258
13.877
Totale
3.004
9.763
43.048
3.812
59.627
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
Quasi 10 milioni (9.763 mila) di italiani presentano invece limitazioni non gravi, vale a
dire difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana, difficoltà nel movimento, difficoltà
nella comunicazione che non siano direttamente riconducibili a patologie croniche
gravi o invalidità permanenti, e in generale a quanto definito come limitazione grave.
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In questo caso, la popolazione presenta una diversa distribuzione con riferimento
all’età. Meno della metà (49%) si colloca infatti nella fascia più alta (65 anni e più); il
33,2% ha tra i 45 e 64 anni, mentre il 17,8% meno di 45 anni.
Fig. 1 – Distribuzione della popolazione con disabilità gravi e non gravi per classe di età,
2021 (val. %)
0-44 anni
45-64 anni
Limitazioni gravi
65 anni e oltre
Limitazioni non gravi
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
Il numero delle persone con disabilità grave nel nostro Paese si mantiene da anni
abbastanza stabile, attorno ai 3 milioni di persone. Tra il 2020 e il 2021 si è registrata
una contrazione importante (da 3.163 a 3.004) riconducibile presumibilmente
all’elevata mortalità registrata a causa della pandemia. Anche l’incidenza sulla
popolazione resta stabile negli anni, attorno al 5% (fig. 2).
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Fig. 2 – Andamento della popolazione con disabilità gravi, 2009-2021 (val. ass. e val. %)
30045,0
Incidenza su popolazione
Val. ass. in migliaia
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
1.2. La partecipazione al mercato del lavoro
Il percorso di inclusione delle persone con disabilità trova nell’inserimento lavorativo,
un momento fondamentale di partecipazione sociale, economica e relazionale. Tale
centralità è confermata da un sistema normativo e da un complesso di politiche che
da anni hanno cercato di garantire quello che è un primario diritto di tutti i lavoratori,
nel rispetto, al tempo stesso, dell’esigenza di tutela della libertà dell’attività
imprenditoriale.
Un sistema che ha prodotto negli anni anche buoni risultati, ma che è ancora lontano
dal garantire alle persone che presentano gravi forme di disabilità, una piena
partecipazione al mercato del lavoro.
Secondo le informazioni contenute nella Banca dati dell’Istat sulla disabilità, nel 2021,
solo il 32,5% delle persone con gravi limitazioni, nella fascia d’età 15-64 anni, risultava
occupata, a fronte di una percentuale del 58,9% delle persone senza limitazioni e del
55% di quelle con limitazioni non gravi (tab. 2).
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Di contro, risulta molto elevata la quota di persone alla ricerca di un’occupazione:
sono il 20% tra quanti presentano gravi limitazioni, a fronte del 13,5% di quanti non
ne hanno e del 14,1% di quelli che ne hanno di lievi.
Un dato questo che evidenzia le forti difficoltà che le persone con gravi disabilità
ancora incontrano nell’accesso all’occupazione.
Tra quanti non lavorano, il 13,9% è inabile a svolgere un’attività lavorativa, il 16,3% è
casalinga, il 4,5% ritirato dal lavoro mentre il 12,8% è ancora impegnato in percorsi di
studio o si trova in altra condizione.
Tab. 2 – Distribuzione della popolazione 15-64 anni per presenza di limitazioni e condizione
professionale, 2021 (val. %)
Occupato
In cerca di occupazione
Casalinga-o
Ritirato-a dal lavoro
In altra condizione
Inabile al lavoro
Totale
Limitazioni gravi
Limitazioni non gravi
Senza limitazioni
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
Nel corso degli anni, si è assistito ad un progressivo aumento della domanda di
partecipazione al lavoro da parte delle persone con disabilità gravi, sebbene a questo
non abbia corrisposto un pari incremento delle opportunità occupazionali.
A partire dal 2009, primo anno disponibile nella serie storica fornita dall’Istat, il tasso
di partecipazione, dato dalla somma tra quota di occupati e persone in cerca di
occupazione è progressivamente aumentato passando dal 43,7% al 52,5% del 2021,
per un incremento di quasi 10 punti (fig. 3).
Ad aumentare è stata però la percentuale di persone in cerca di occupazione, passata
dal 13,8% del 2009 al 20% del 2021, mentre la quota di occupati ha subìto poche
variazioni, passando dal 29,9% del 2009 al 32,5% del 2021.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Fig. 3 – Andamento quota occupati e in cerca di occupazione su totale popolazione con
gravi limitazioni, 2009-2021 (val. %)
% occupati
% in cerca di occupazione
Tasso di partecipazione
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
1.3. Il confronto internazionale
Una recente pubblicazione dell’Oecd “Disability, work and inclusion: mainstreaming
in all policies and practices” ha fornito interessanti dati di confronto a livello
internazionale relativamente all’inclusione lavorativa delle persone con disabilità.
Per quanto esistano evidenti limiti di comparazione, dovuti ai differenti sistemi di
classificazione ed individuazione della platea di riferimento, l’analisi consente di
valutare il caso italiano nel confronto con altre realtà.
L’Italia mostra livelli di occupazione più bassi rispetto alla media dei paesi Oecd e al
tempo stesso maggiori difficoltà nell’accesso all’occupazione. Presentano
performance peggiori rispetto al nostro Paese solo Grecia, Irlanda e Spagna (fig. 4 e
Spain
Fonte: OECD
Iceland
Switzerland
United Kingdom
Netherlands
Australia
Norway
Estonia
Canada
United States
Hungary
Czech Republic
Poland
Slovak Republic
Denmark
Media OECD
Latvia
Luxembourg
Sweden
Lithuania
France
Portugal
Austria
Germany
Belgium
Finland
Italy
Ireland
Slovenia
Greece
Greece
Spain
Ireland
Italy
United States
Belgium
Poland
Hungary
Lithuania
Slovenia
Slovak Republic
Media OECD
Australia
Germany
Czech Republic
Austria
France
Finland
Portugal
Netherlands
Denmark
Latvia
Sweden
United Kingdom
Estonia
Canada
Switzerland
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Fig. 4 – Tasso di occupazione della popolazione con disabilità 15-69 anni, nei paesi OECD,
2019 o anni più recenti (val. %)
Fonte: OECD
Fig. 5 – Tasso di disoccupazione della popolazione con disabilità 15-69 anni, nei paesi OECD,
2019 o anni più recenti (val. %)
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Tuttavia, le criticità individuate sono in larga parte riconducibili alle caratteristiche
strutturali del mercato, storicamente caratterizzato da livelli occupazionali molto
bassi, piuttosto che ad un gap specifico che riguarda le persone con disabilità.
Se si analizza infatti il differenziale tra tassi di occupazione della popolazione 15-69
con e senza limitazioni gravi, quindi riconducibile specificatamente alla disabilità,
l’Italia si colloca tra i Paesi con i valori più bassi, a testimonianza anche dello sforzo
fatto negli anni per favorire politiche di inclusione delle persone con disabilità, nei
limiti di un contesto occupazionale poco dinamico (fig. 6).
Diversamente, in altri Paesi, come ad esempio l’Irlanda, i bassi livelli di occupazione
delle persone con disabilità sono riconducibili principalmente all’elevato gap
nell’accesso alle opportunità occupazionali che ancora caratterizza questo segmento
di popolazione (è infatti il Paese che presenta il gap più elevato). E anche in Spagna e
Grecia, che presentano livelli di occupazione delle persone con disabilità più bassi dei
nostri, le motivazioni, stando alla lettura dei dati, sono parimenti ricondotte alle
difficoltà del mercato del lavoro e al maggiore gap nell’accesso al lavoro che
caratterizza le persone con disabilità rispetto al resto della popolazione.
Fig. 6 – GAP nel tasso di occupazione popolazione 15-69 anni attribuibile alla condizione di
disabilità, nei paesi OECD, 2019 o anni più recenti (val. %)
Fonte: OECD
Ireland
United States
Poland
Lithuania
Norway
Hungary
Belgium
Czech Republic
Germany
Spain
Greece
Slovak Republic
United Kingdom
Iceland
Media OECD
Estonia
Sweden
Netherlands
Slovenia
Portugal
Australia
Denmark
Italy
Luxembourg
Austria
Latvia
Finland
France
Canada
Switzerland
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
1.4. Caratteristiche dell’occupazione
L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è condizionato da una serie di
fattori che attengono ai livelli formativi, alle caratteristiche delle attività che devono
essere svolte, all’organizzazione dei contesti di lavoro, che dovrebbero garantire
l’inclusione dei lavoratori con disabilità gravi, tramite l’eliminazione di tutte quelle
barriere – fisiche, relazionali, comunicative – che rendono difficile, talvolta impossibile,
l’integrazione.
Sotto il profilo formativo, negli ultimi anni sono stati compiuti molti passi in avanti. Se
si osserva infatti la distribuzione delle persone con limitazioni gravi nello svolgimento
delle attività quotidiane, emerge nell’ultimo decennio, un netto incremento dei livelli
medi di istruzione.
Tra le persone di 25-44 anni, la quota di quanti posseggono un diploma di scuola
superiore o di laurea è passata dal 40% del 2011 al 61,6% del 2021, mentre tra i 45-64
anni, l’incremento è stato più contenuto, ma significativo, dal 23,8% al 39,7%.
Fig. 7 – Distribuzione della popolazione con gravi limitazioni 25-44 anni e 45-64 anni, per
livello di istruzione, 2011-2021 (val. %)
25-44 anni
45-64 anni
Nessun titolo
Licenza
elementare e
media
Diploma e oltre
Nessun titolo
Licenza
Diploma e oltre
elementare e
media
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Il rafforzamento dei percorsi di inclusione scolastica delle persone con disabilità
dovrebbe favorire anche la facilitazione di quelli lavorativi, considerato che ad oggi,
una quota ancora considerevole di occupati con disabilità gravi, ha al massimo la
licenza di scuola media (39,5% contro il 26,1% delle persone che non presentano
limitazioni); il 41,8% ha un diploma e solo il 18,7% una laurea (contro una percentuale
del 26,4% tra gli occupati che non presentano alcun tipo di limitazione).
Tab. 3 – Distribuzione degli occupati 25-64 anni per livello di istruzione e presenza di
limitazioni, Media 2020-2021 (val. %)
Limitazioni gravi
Limitazioni non gravi
Senza limitazioni
Totale
Laurea e post-laurea
Diploma
Al più la licenza
media
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
Tali caratteristiche si riverberano direttamente sulla tipologia di occupazione. Tra gli
occupati con limitazioni gravi si riscontra una maggiore presenza nelle professioni a
più bassa qualificazione (lavoratore in proprio, coadiuvante, collaboratore): vi è
occupato il 15,2% contro l’11,7% delle persone senza limitazioni. Risulta invece più
bassa la quota di occupati ai vertici della piramide professionale, come dirigenti,
professionisti, quadri, pari al 14,5% tra le persone con disabilità gravi e 18,1% tra
quelle senza limitazioni (tab. 4).
Peraltro, malgrado negli anni si sia assistito ad una significativa elevazione dei livelli
di istruzione delle persone con disabilità, a questa non sembra aver corrisposto un
uguale miglioramento nella collocazione occupazionale.
Tra il 2011 e il 2021, infatti, a fronte di un aumento di quanti svolgono una funzione a
livello impiegatizio e intermedio (dal 28,6% al 35,7%), dovuta in particolare alla
diminuzione di operai e apprendisti (dal 37,6% al 34,6%), si evidenzia una contrazione
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
di quanti occupano una posizione altamente qualificata, come dirigenti, professionisti
e quadri, la cui incidenza passa dal 17,8% al 14,5% (fig. 8).
Tab. 4 – Distribuzione degli occupati per presenza di limitazioni e gruppo di occupazione,
2021 (val. %)
Limitazioni
gravi
Limitazioni non
gravi
Senza
limitazioni
Dirigente, imprenditore, libero professionista, direttivo,
quadro
Impiegato, intermedio
Operaio, apprendista
Lavoratore in proprio, coadiuvante familiare
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
Dirigente, imprenditore,
libero professionista,
direttivo, quadro
Impiegato, intermedio
Operaio, apprendista
Lavoratore in proprio,
coadiuvante familiare
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat – Disabilità in cifre
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
L’idea, guardando i pochi dati a disposizione, è che il percorso di inclusione lavorativo
per le persone con disabilità presenti ancora ampi margini di miglioramento,
malgrado alcuni progressi riscontrati negli ultimi anni.
1.5. La soddisfazione per il lavoro
Non solo l’evoluzione professionale degli ultimi anni non sembra in linea con il
miglioramento dei livelli di istruzione dell’offerta di lavoro che si presenta sul mercato,
ma anche tra coloro che riescono ad accedere ad una occupazione, non sempre si
registra soddisfazione per la condizione lavorativa.
Tra gli occupati che presentano limitazioni gravi, solo il 14,3% si dichiara molto
soddisfatto del proprio lavoro (tra quanti non hanno limitazioni la percentuale è del
17,7%), mentre il 30,6% afferma di esserlo poco (22,2%) o per nulla (8,4%) (tab. 5).
Tale dato colpisce non solo per la differenza rispetto alle persone che presentano
limitazioni non gravi (si dichiara poco o nulla soddisfatto il 24,1%) o che sono senza
limitazione (18,4%), ma soprattutto perché segnala gli evidenti limiti dei processi di
collocamento occupazionale che oggi interessano tale gruppo di lavoratori.
Tab. 5 – Livello di soddisfazione per il proprio lavoro per presenza di limitazioni, Media
2020-2021 (val. %)
Molto
Abbastanza
Per nulla
Totale
Limitazioni gravi
100,0
Limitazioni non gravi
100,0
Nessuna limitazione
100,0
Totale
100,0
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
È indicativo da questo punto di vista, che tra i laureati, dove si riscontra il livello più
alto di soddisfazione (si dichiara molto soddisfatto il 17,6% contro il 16,6% dei
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
diplomati e il 10,4% di quanti hanno al massimo la licenza media) ci sia anche la
maggiore incidenza di insoddisfatti, pari al 31,2% (fig. 9).
Questa risulta quasi doppia rispetto ai laureati che non hanno alcun tipo di limitazione
(solo il 16,3% si dichiara poco o per nulla soddisfatto del proprio lavoro), a conferma
di come le difficoltà di collocamento al “posto giusto” risultino ancora più elevate
proprio tra coloro che hanno maggiormente investito in percorsi formativi di qualità,
e che più scontano la delusione di una collocazione occupazionale non adeguata o
non in linea con il percorso formativo intrapreso (fig. 10).
Guardando invece al gruppo professionale, è ai livelli più bassi di qualificazione che si
riscontra la maggiore insoddisfazione, mentre all’aumentare del livello professionale,
cresce la soddisfazione per il proprio lavoro e diminuiscono, in parte, le criticità: anche
tra dirigenti e professionisti resta elevata la percentuale di persone con gravi
limitazioni che dichiara bassa o nulla la soddisfazione per il proprio lavoro (27,7%) (fig.
Fig. 9 – Livello di soddisfazione per il proprio lavoro degli occupati con limitazioni gravi
per livello di istruzione, Media 2020-2021 (val. %)
Totale
Al più la licenza media
Diploma
Laurea e post-laurea
Molto
Abbastanza
Poco e per nulla
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Fig. 10 – Occupati che si dichiarano poco o per nulla soddisfatti del proprio lavoro, per
presenza di limitazioni e livello di istruzione, Media 2020-2021 (val. %)
Laurea e post-laurea
Diploma
Limitazioni gravi
Al più la licenza media
Limitazioni non gravi
Totale
Nessuna limitazione
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
Fig. 11 – Livello di soddisfazione per il proprio lavoro degli occupati con limitazioni gravi
per gruppo di occupazione, Media 2020-2021 (val. %)
Totale
Lavoratore in proprio; socio cooperativa, coadiuvante;
collaboratore
Capo operaio, operaio subalterno e assimilati;
apprendista
Direttivo, quadro, impiegato
Dirigente, autonomo, libero professionista
Molto
10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Abbastanza
Poco e per nulla
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
1.6. La ricerca di lavoro
Su 10 persone con disabilità gravi tra i 15 e 64 anni, almeno 2 sono alla ricerca di un
lavoro. Si tratta di una platea concentrata principalmente al Sud e nelle isole, dove
risiede il 46% delle persone in cerca di lavoro; il 21,2% è al Centro e il 32,8% al Nord
Italia (tab. 6).
Con riferimento al titolo di studio, la gran parte (57,6%) delle persone con limitazioni
gravi in cerca di lavoro ha al massimo la licenza di scuola media, mentre il 35% ha
conseguito un diploma di scuola secondaria. Il 7,4% delle persone in cerca ha una
laurea (tab. 7).
Tab. 6 – Distribuzione delle persone in cerca di occupazione per area geografica e
presenza di limitazioni, Media 2020-2021 (val. %)
Centro
Sud e isole
Totale
Limitazioni gravi
100,0
Limitazioni non gravi
100,0
Senza limitazioni
100,0
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
Tab. 7 – Distribuzione delle persone in cerca di occupazione per livello di istruzione e
presenza di limitazioni, Media 2020-2021 (val. %)
Limitazioni gravi
Limitazioni non gravi
Nessuna limitazione
Totale
Laurea e postlaurea
Diploma
Al più la licenza
media
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
A distinguere le persone con disabilità alla ricerca di lavoro è soprattutto l’età.
Tendenzialmente, sia tra quanti presentano limitazioni gravi che meno gravi, si
riscontra un’incidenza maggiore di “over44”: sono circa il 62% del totale, la
componente di gran lunga maggioritaria, mentre solo il 38% ha meno di 45 anni (fig.
Fig. 12 – Distribuzione delle persone in cerca di occupazione per classe di età e presenza
di limitazioni, Media 2020-2021 (val. %)
Limitazioni gravi
Limitazioni non gravi
Meno di 44 anni
Nessuna limitazione
45 anni e oltre
Fonte: elaborazione Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su microdati Indagine Istat Aspetti
della Vita Quotidiana
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
2. Il quadro delle politiche
2.1. L’evoluzione normativa
L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità continua ad essere uno dei nervi
delle politiche occupazionali italiane. Si tratta di una materia di non facile normazione,
che comporta il bilanciamento di una serie di dettati costituzionali. Questi da un lato
riconoscono per ogni cittadino inabile il diritto all’educazione e al lavoro, con pari
dignità di trattamento; dall’altro non possono prescindere dalla tutela della libertà di
iniziativa privata, tutelata dall’art. 41 della Costituzione.
Nel corso degli anni, numerosi interventi normativi hanno dato via via forma ad un
sistema molto articolato di diritti che dallo studio, al lavoro alla salute, tentano di dare
piena attuazione ai dettami costituzionali.
Le prime disposizioni in materia di assunzioni obbligatorie nascono con riferimento
agli invalidi di guerra. La prima legge che prevede l’assunzione obbligatoria al lavoro
di questa categoria risale all’anno 1921, quando la crisi economica rese necessaria
una disposizione legislativa che tutelasse gli ex combattenti mutilati.
La materia è stata riordinata in un’unica disciplina, valida per tutte le categorie, con la
Legge 2 aprile 1968, n. 482, nonché con le radicali modifiche introdotte dalla Legge 12
marzo 1999, n. 68, sul collocamento mirato, che ha trovato applicazione a decorrere
dal 17 gennaio 2000. Le regole del collocamento mirato sono state successivamente
modificate dal D.Lgs. n. 151 del 14 settembre 2015.
Con la Legge 68 viene profondamente innovato il sistema di tutela delle persone con
disabilità, prevedendo una normativa ad hoc di promozione dell’inserimento e
dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso
servizi di sostegno e di collocamento mirato.
La L. 68/1999 ha rappresentato un punto di volta fondamentale nell’approccio al tema
dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Con il termine “collocamento
mirato”, che intende realizzare una valutazione della capacità di lavoro, delle
competenze e potenzialità delle persone con disabilità, si è cercato di stabilire un
principio nuovo, della “persona giusta al posto giusto” offrendo all’impresa un
lavoratore con modalità adatte a valorizzare le sue competenze e le sue capacità
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
professionali, e salvaguardando, al contempo, l’interesse imprenditoriale ad avvalersi
di lavoratori in grado di fornire realmente un contributo professionale all’interno della
struttura produttiva.
Un ulteriore tassello alla definizione del quadro normativo di riferimento per
l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità è arrivato con la L. 18/2009, di
ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. La legge ha
sostanzialmente modificato l’approccio al tema della disabilità, segnando un
passaggio dal modello medico-assistenziale ad uno bio-psico-sociale, volto ad un
maggiore rispetto dei diritti umani delle persone1.
Sei anni più tardi, con la Legge n. 227/2021 il Governo viene delegato ad adottare,
entro venti mesi, uno o più decreti legislativi per la revisione e il riordino delle
disposizioni vigenti in materia di disabilità, in attuazione della Costituzione (articoli 2,
3, 31 e 38) e in conformità alla Convenzione UNCRPD del 2006, alla Strategia per i
diritti delle persone con disabilità 2021-2030 e alla risoluzione del Parlamento
europeo del 7 ottobre 2021 sulla protezione delle persone con disabilità.
Con la delega si intende garantire il pieno esercizio dei diritti sociali e civili delle
persone con disabilità attraverso il riconoscimento della condizione di disabilità,
tramite una valutazione congruente, trasparente e agevole. Tra questi, sono compresi
il diritto alla vita indipendente e alla piena inclusione sociale e lavorativa, nonché
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità approvata nel 2006 rappresenta la fonte normativa di
riferimento per la protezione delle persone con disabilità, stabilendo tutele che abbracciano tutti gli ambiti della vita
quotidiana, dall’assistenza alla protezione sociale, dall’istruzione al lavoro. Con essa si segna il passaggio decisivo dal
mero approccio biomedico a quello multidimensionale del modello bio-psico-sociale. Tale superamento rileva a partire
dalla moderna concezione di disabilità inscritta nella Convenzione, definita come un «concetto in evoluzione» perché
rappresenta «il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che
impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri». In coerenza con
tale concezione, le “persone con disabilità” sono «coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali,
intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva
partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri» (articolo 1, para. 2); come tali sono meritevoli di tutele
“attive” per la loro inclusione sociale e per la lotta alla loro discriminazione. Tale nuovo approccio ha profondamente
innovato la visione delle politiche nazionali, orientandole sempre più verso il rispetto della dignità, della libertà e delle
pari opportunità (anche tra uomini e donne), la lotta alla discriminazione e la piena ed effettiva partecipazione e
inclusione sociale. Sul versante del lavoro, l’articolo 27, in particolare, riconosce il diritto al lavoro delle persone con
disabilità sulla base dell’uguaglianza, attraverso la libera partecipazione al mercato del lavoro e ad un ambiente di
lavoro aperto e accessibile.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
l’effettivo e pieno accesso al sistema dei servizi, delle prestazioni, dei trasferimenti
finanziari e di ogni altra relativa agevolazione.
Lo scopo ultimo è la promozione dell’autonomia della persona con disabilità e la
garanzia di una vita basata sulle pari opportunità con gli altri, nel rispetto dei principi
di autodeterminazione e di non discriminazione.
Tra gli ambiti di intervento dei decreti legislativi attuativi della delega, vi è la
definizione della condizione di disabilità e la revisione dei suoi processi di
accertamento. Di particolare rilievo per la promozione dell’inclusione sociale di tali
soggetti è la realizzazione di progetti di vita individuali, personalizzati e partecipati,
attraverso una valutazione multidimensionale della disabilità. Per garantire l’efficacia
degli interventi, si promuove la riqualificazione dei servizi pubblici in materia di
inclusione e accessibilità oltre che il potenziamento dell’Ufficio per le politiche in
favore delle persone con disabilità, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
A seguito della legge delega, con il decreto ministeriale n. 43/2022, vengono adottate
le Linee Guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità. Queste
costituiscono gli strumenti di indirizzo e coordinamento a livello nazionale nel
delineare un percorso di collaborazione e di condivisione interistituzionale. Pur non
sostituendosi alle legislazioni regionali, le Linee Guida intendono offrire un quadro di
riferimento complessivo rispetto a principi, interventi e metodologie di attuazione.
La loro adozione ha colmato un rilevante vuoto normativo lasciato dal Decreto
Legislativo n. 151/2015 che aveva previsto, pur rimanendo lettera morta, la loro
adozione entro centottanta giorni dalla sua entrata in vigore.
Obiettivo delle Linee Guida è quello di superare il divario regionale in tema di
collocamento mirato, in favore di una maggiore omogeneità dei processi e garantire
alle persone con disabilità pari opportunità di accesso ai percorsi di inclusione in tutto
il territorio nazionale. In particolare, il D.M. n. 43, mira a favorire la presenza e la
fruibilità di servizi, strumenti e risorse adeguati su tutto il territorio nazionale,
sostenere la standardizzazione dei processi di attuazione delle norme su tutto il
territorio nazionale e orientare la azioni del sistema nella prospettiva di un
miglioramento continuo.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
2.2. Collocamento e servizi per il lavoro
La promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili
nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato è
disciplinato dalla Legge n. 68/1999 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.
I beneficiari
Le norme riferite alla promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle
persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento
mirato si applicano alle seguenti categorie di soggetti:
persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e portatori di
handicap intellettivo, a condizione che siano in età lavorativa, sia presente una
riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% e che l’accertamento del
grado di riduzione sia effettuato da un’apposita commissione;
persone invalide del lavoro a condizione che presentino un grado di invalidità
superiore al 33% e che l’accertamento del grado di invalidità sia stato eseguito
dall’Inail;
persone non vedenti2, di cui alla Legge 27 maggio 1970, n. 382 e successive
modificazioni, e persone sordomute, di cui alla Legge 27 maggio 1970, n. 381 e
successive modificazioni;
persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio, con
minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria, di cui alle tabelle annesse
al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 23
dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.
Si precisa, da ultimo, che il comma 7 dell’art. 1 della Legge n. 68/1999 dispone che i
datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti a garantire la conservazione del posto
di lavoro a quei soggetti che, non essendo disabili al momento dell’assunzione,
Agli effetti del collocamento obbligatorio devono intendersi per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità
assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale
correzione. Per sordomuti devono intendersi coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima
dell’apprendimento della lingua parlata. Per i non vedenti e i sordomuti, in materia di collocamento
obbligatorio, continuano ad applicarsi anche norme speciali che la Legge n. 68/1999 non ha modificato.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
abbiano acquisito eventuali disabilità a causa di infortunio sul lavoro o malattia
professionale.
Diritto al collocamento obbligatorio
Fermo restando il necessario accertamento delle condizioni di disabilità, effettuato da
specifici organi competenti, i lavoratori disabili che risultino disoccupati e che aspirino
ad un’occupazione conforme alle proprie capacità lavorative devono iscriversi
nell’apposito elenco con graduatoria unica, tenuto dagli uffici competenti per il
collocamento nel cui ambito territoriale si trova la propria residenza.
Il requisito dell’iscrizione all’elenco è presupposto necessario ai fini del diritto al
collocamento obbligatorio.
Per ogni candidato, il comitato tecnico annota in una apposita scheda capacità
lavorative, abilità, competenze e inclinazioni, nonché natura e grado della disabilità, e
incrocia i dati con le caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili,
favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
I servizi competenti provvedono ad iscrivere i lavoratori interessati in appositi elenchi,
ordinati secondo una graduatoria, sulla base dei criteri definiti dalle singole Regioni.
Così come disposto dalla normativa, gli uffici competenti provvedono, in raccordo con
i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio — secondo le specifiche
competenze loro attribuite — alla programmazione, all’attuazione, alla verifica degli
interventi volti a favorire l’inserimento dei soggetti di cui alla presente legge, nonché
all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli
esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all’attuazione
del collocamento mirato. I medesimi organismi sono tenuti a comunicare alla
competente Direzione territoriale del lavoro, anche in via telematica e con cadenza
almeno mensile, il mancato rispetto degli obblighi di legge, nonché il ricorso agli
esoneri, ai fini della attivazione degli eventuali accertamenti.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Soggetti obbligati e quote di riserva
L’art. 3 della Legge n. 68/1999 dispone che i datori di lavoro pubblici e privati sono
tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all’art.
1 della medesima legge nella seguente misura:
7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
2 lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
1 lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
Per quanto riguarda i criteri di computo della quota di riserva agli effetti della
determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, vanno conteggiati tutti i
lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato.
I lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non
assunti tramite il collocamento obbligatorio, sono computati nella quota di riserva (di
cui all’art. 3 della più volte citata Legge n. 68/1999), nel caso in cui abbiano una
riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60% o minorazioni ascritte dalla
prima alla sesta categoria — di cui alle tabelle annesse al Testo Unico delle norme in
materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 — o con
disabilità intellettiva e psichica, con riduzione della capacità lavorativa superiore al
45%, accertata dagli organi competenti.
Modalità di assunzione
Entro 60 giorni dal momento in cui sorge l’obbligo sulla base dell’organico dichiarato
nel prospetto informativo, i datori di lavoro hanno l’onere di presentare ai servizi
per il collocamento obbligatorio la richiesta di assunzione dei lavoratori
appartenenti alle categorie protette necessari per coprire la quota d’obbligo. Tale
richiesta risulta già ottemperata anche attraverso il solo invio del prospetto
informativo, in quanto esso contiene già tutte le indicazioni necessarie ai servizi
competenti.
Ai fini dell’adempimento dell’obbligo previsto dall’art. 3, i datori di lavoro privati e gli
Enti pubblici economici assumono i lavoratori mediante richiesta nominativa di
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
avviamento agli uffici competenti o mediante la stipula delle convenzioni di cui all’art.
11 della Legge n. 68/19993.
La richiesta nominativa può essere preceduta dalla richiesta di effettuare una
preselezione degli iscritti sulla base delle qualifiche richieste e secondo le modalità
concordate con il datore di lavoro.
Tale tipologia di richiesta, tuttavia, rappresenta una facoltà e non un obbligo per il
datore di lavoro, che può anche non esercitarla, senza incorrere in alcuna sanzione,
purché alla mancata assunzione sopperisca la tempestiva presentazione del più volte
citato prospetto informativo.
In caso di mancata assunzione con richiesta nominativa entro il termine di 60 giorni, i
servizi competenti procedono all’avviamento numerico dei lavoratori secondo l’ordine
di graduatoria per la qualifica richiesta o altra specificamente concordata con il datore
di lavoro sulla base delle qualifiche disponibili.
Misure incentivanti per agevolare l’assunzione di persone con disabilità
Recentemente, il Decreto-Legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni
dalla L. 3 luglio 2023, n. 85, attraverso le disposizioni di cui all’articolo 284, ha istituito
nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il successivo
trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un
apposito fondo finalizzato al riconoscimento di un contributo in favore degli enti del
Terzo settore di cui all’articolo 4 del codice di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n.
117, delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale
coinvolte nel processo di trasmigrazione di cui all’articolo 54 del predetto Decreto
Legislativo n. 117 del 2017, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al
Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, iscritte nella relativa anagrafe, per ogni
persona con disabilità, di età inferiore a trentacinque anni, assunta ai sensi della legge
Al fine di favorire l’inserimento lavorativo dei disabili, gli uffici competenti, possono stipulare con il datore di lavoro convenzioni
aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali. Nella convenzione
sono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare. Tra le modalità che possono essere
convenute vi sono anche la facoltà della scelta nominativa, lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento,
l’assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo,
purché’ l’esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il soggetto, non costituisca motivo di
risoluzione del rapporto di lavoro.
Al fine di valorizzare e incentivare le competenze professionali dei giovani con disabilità e il loro diretto coinvolgimento
nelle diverse attività statutarie anche produttive e nelle iniziative imprenditoriali degli enti, delle organizzazioni e delle
associazioni indicate nel medesimo articolo 28.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
12 marzo 1999, n. 68, con contratto di lavoro a tempo indeterminato tra il 1° agosto
2022 e il 31 dicembre 2023, per lo svolgimento di attività conformi allo statuto5.
Inoltre, nell’ambito delle misure incentivanti per agevolare l’assunzione di persone
con disabilità, è altresì rilevante ricordare che l’art. 13 della Legge 12 marzo 1999, n.
68, prevede un incentivo di tipo economico rapportato alla retribuzione lorda
imponibile ai fini previdenziali, che varia in funzione del grado e della tipologia di
riduzione della capacità lavorativa del soggetto assunto.
Più nel dettaglio:
per lavoratori disabili assunti a tempo indeterminato con una riduzione della
capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla
terza categoria, di cui alle tabelle annesse al Testo Unico delle norme in materia
di pensioni di guerra, l’incentivo è pari al 70% della retribuzione mensile lorda
imponibile ai fini previdenziali;
per lavoratori disabili con una riduzione della capacità lavorativa compresa tra
il 67% e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria, di cui alle
tabelle annesse al Testo Unico delle norme in materia di pensioni di guerra, la
misura dell’incentivo è, invece, pari al 35% della retribuzione mensile lorda
imponibile ai fini previdenziali.
Per queste due prime tipologie di lavoratori l’incentivo spetta per 36 mesi ed
esclusivamente per assunzioni a tempo indeterminato e trasformazioni a tempo
indeterminato di un rapporto a termine, anche a tempo parziale.
Per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione
della capacità lavorativa superiore al 45%, l’incentivo è pari al 70% della
retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali e dura 60 mesi. Per i
lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della
capacità lavorativa superiore al 45%, l’incentivo può essere riconosciuto — per
tutta la durata del contratto — anche per le assunzioni a tempo determinato,
purché tali rapporti abbiano una durata non inferiore a 12 mesi.
Le modalità di ammissione, quantificazione ed erogazione del contributo, le modalità e i termini di presentazione delle
domande, nonché le procedure di controllo sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro
delegato per le disabilità e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, da adottare entro il 1° marzo 2024.
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Anche la durata del beneficio varia in base alle caratteristiche del lavoratore assunto
e alla tipologia di rapporto di lavoro instaurato:
in caso di assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disabili che abbiano
una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte
dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al Testo Unico delle
norme in materia di pensioni di guerra così come per le assunzioni a tempo
indeterminato di lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità
lavorativa compresa tra il 67 e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla
sesta categoria l’incentivo spetta per 36 mesi;
per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori con disabilità intellettiva
e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al
45%, l’incentivo spetta per 60 mesi;
per la medesima categoria di lavoratori da ultimo citata (lavoratori con
disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità
lavorativa superiore al 45%), nelle ipotesi di assunzione a tempo determinato,
l’incentivo spetta per tutta la durata del rapporto, fermo restando che, ai fini
del riconoscimento dell’incentivo, questo deve avere una durata non inferiore
a 12 mesi.
Gli accomodamenti ragionevoli
Un capitolo a parte è la questione degli accomodamenti ragionevoli per
l’adeguamento del posto di lavoro alle necessità dei lavoratori diversamente abili e di
quelli la cui disabilità sia intervenuta a seguito di infortunio. La loro obbligatorietà a
livello nazionale risulta sancita a termini dell’art. 3, c. 3-bis del D.Lgs. 9 luglio 2003, n.
216 e s.m.i. che, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento
e la piena eguaglianza delle persone con disabilità, prevede l’obbligo per i datori di
lavoro pubblici e privati di adottare accomodamenti ragionevoli come definiti dalla
Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
La disposizione nazionale assegna al datore di lavoro il compito di adottare le
soluzioni più appropriate che consentano al disabile di poter accedere al luogo di
lavoro, di prestare la propria attività e di ricevere una promozione, oltre che di avere
accesso alla formazione professionale. Contemporaneamente, viene individuato un
limite di proporzionalità delle soluzioni adottabili, appunto definite ragionevoli,
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
ovvero che non devono richiedere un dispendio di risorse finanziarie “eccessivo” per
il datore di lavoro.
Una siffatta valutazione deve essere operata, caso per caso, con riferimento alle
dimensioni dell’azienda e alle disponibilità finanziarie della stessa. Nella verifica della
proporzionalità delle soluzioni da adottare da parte delle aziende interessate alla
situazione specifica rientra la possibilità di una compensazione degli oneri a carico del
datore di lavoro da parte degli interventi posti in essere dallo Stato a favore delle
persone con disabilità.
2.3. Le prospettive: Agenda 2030 e PNRR
L’Agenda 2030, programma di azione che impegna gli Stati membri dell’ONU al
raggiungimento di 17 obiettivi strategici entro il 2030, ha l’obiettivo di trasformare il
pianeta a favore delle persone, dell’ambiente e dell’equità. Tra gli obiettivi, ve ne sono
alcuni trasversali, centrali per favorire l’inclusione delle persone con disabilità.
In particolare:
l’obiettivo 4 impone la diffusione di “un’educazione equa e inclusiva”, oltre che
qualitativamente adeguata;
l’obiettivo 8 richiama a “Promuovere una crescita economica duratura,
inclusiva e sostenibile…” e, al suo interno, il punto 8.5 sottolinea il dovere degli
Stati aderenti all’Agenda 2030 a garantire il raggiungimento della “piena e
produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutte le donne e gli uomini,
anche per i giovani e le persone con disabilità, e la parità di retribuzione per
lavoro di pari valore”;
l’obiettivo 10 impone la “Riduzione delle disuguaglianze” realizzabile nel
contesto lavorativo sia pubblico che privato.
Coerentemente con la Programmazione di Agenda 2030, nell’ambito del Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la disabilità rappresenta una delle priorità
trasversali e nell’ambito della Missione 5 – Componente 1- Riforma 1. Politiche attive
di occupabilità dei lavoratori).
Il lavoratore giusto al posto giusto – L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive
Il Programma è inscritto nel “Piano nazionale nuove competenze”, che stabilisce la
fissazione di standard di formazione per le attività di upskilling e reskilling a beneficio
dei disoccupati censiti dai centri per l’impiego (CPI), nonché il rafforzamento del
sistema della formazione professionale. Il programma GOL, in particolare, prevede un
sistema di presa in carico dei disoccupati e delle persone in transizione occupazionale,
anche percettori di misure di sostegno al reddito. Allo scopo di garantire l’efficacia del
programma, saranno adottate misure che superino l’eccessiva eterogeneità dei servizi
erogati a livello territoriale e l’integrazione in rete dei servizi territoriali. L’assetto del
nuovo sistema lascia intendere una certa rispondenza alle esigenze delle persone con
disabilità. I servizi pubblici dovranno infatti partire dalla profilazione della persona,
permettendo la costruzione di percorsi personalizzati di riqualificazione delle
competenze e di accompagnamento al lavoro, anche nell’ambito della transizione
ecologica e digitale.
Il Piano specifica che «attenzione specifica sarà dedicata all’inserimento lavorativo
delle persone con disabilità» (Riforma 1.1: Politiche attive del lavoro e formazione).
Difatti, almeno il 75% dei beneficiari dovrà annoverare soggetti vulnerabili quali
donne, persone con disabilità, NEET under 30, over 55 e disoccupati di lungo periodo.
In aggiunta, saranno avviati progetti sperimentali dedicati alle forme di occupazione
“protetta” o ai percorsi di accompagnamento dedicato, con il coinvolgimento degli enti
del terzo settore, per persone con disabilità grave o per i disoccupati più fragili. Queste
linee di indirizzo, centrate sulla creazione di percorsi personalizzati di
accompagnamento al lavoro, sono in linea con diversi programmi già adottati da altri
paesi europei. Per i lavoratori occupati, invece, è previsto il rifinanziamento del Fondo
nuove competenze, che permette di convertire parte dell’orario di lavoro in attività di
formazione, sulla base di accordi collettivi. Il fondo potrebbe rappresentare un utile
strumento per il mantenimento o per la rapida transizione occupazionale dei
lavoratori più vulnerabili, come le persone con disabilità, maggiormente esposte al
rischio di licenziamento, al cambio di mansioni o alla riduzione delle ore lavorative.