
(AGENPARL) – ven 08 settembre 2023 Iscritta al n. 77/2001 del Registro delle Persone Giuridiche
COMUNICATO STAMPA
In Spagna licenziare è facile
Nel Paese iberico prevalgono i contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a termine,
ma per il datore di lavoro sciogliere un rapporto di lavoro è estremamente semplice
Roma, 8 settembre 2023 – In Spagna crescono le assunzioni a tempo indeterminato, ma
licenziare un lavoratore è molto semplice per l’azienda. Il modello occupazionale iberico,
dunque, non rappresenta un esempio virtuoso di stabilità, tantomeno una prassi da imitare per
l’Italia. È quanto emerge dall’approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del
Lavoro, dal titolo “In Spagna licenziare è facile”, pubblicato oggi. La riforma del lavoro
spagnola – definita dal Real Decreto-ley n. 32/2021 – ha portato ad un aumento delle
assunzioni a tempo indeterminato in virtù dell’introduzione di un’unica tipologia di contratto
a termine (con una causalità stringente e circoscritta) e di un minore impatto delle indennità
di licenziamento sull’impresa rispetto a quanto accade nel nostro Paese. In Spagna le aziende
possono licenziare legittimamente nei casi “oggettivi”, previsti dall’ex art. 52 dello Statuto
dei lavoratori, o in caso di licenziamento disciplinare, di cui all’art. 54. In quest’ultima
ipotesi, inoltre, non è previsto il pagamento di alcuna indennità; mentre in Italia non solo
esiste l’obbligo del preavviso di licenziamento, ma anche quello di corrispondere il
trattamento di fine rapporto (TFR) al dipendente dimissionario. Due istituti ben consolidati
nel regolamento italiano per tutelare i lavoratori, ma sconosciuti al diritto del lavoro spagnolo.
In assenza di un valido motivo per licenziare, il licenziamento si considera “improcedente” e
l’azienda deve pagare al lavoratore una sanzione equivalente a soli 33 giorni di salario per
ogni anno di anzianità lavorativa, per un massimo di 24 mesi. In Italia, invece, il giudice può
decidere tra la reintegra del dipendente e il versamento, in capo al datore di lavoro, di
un’indennità variabile tra 6 e 12 mensilità o tra 12 e 24 mensilità, a titolo di risarcimento,
oltre al riconoscimento del TFR. Tra le altre tipologie di licenziamento previste dal modello
spagnolo, infine, va ricompresa quella derivante da cause economiche o per
ristrutturazione dell’impresa. In tal caso, al dipendente licenziato viene corrisposta
un’indennità pari a 20 giorni per ogni anno di servizio, fino a un massimo di 12 mesi.
In materia di tutele e garanzie per i lavoratori, dunque, la Spagna ha poco da insegnare
all’Italia. La precarietà del mercato del lavoro spagnolo si nasconde nella facilità con la quale
si può procedere al licenziamento, anche illegittimo, dei lavoratori, eludendo, di conseguenza,
i loro diritti. Un modello degno di attenzione, ma per nulla innovativo.