(AGENPARL) – gio 13 luglio 2023 Università e AI, il Cardinale Tolentino: «Rinnovamento e consapevolezza per vincere la sfida dell’algor-etica»
Il prefetto del Dicastero vaticano per la Cultura e l’Educazione ha aperto i lavori del convegno The Future of Catholic Universities in the AI Age, organizzato dal network di università internazionali SACRU e ospitato in Università Cattolica il 13-14 luglio
L’Intelligenza Artificiale ha la stessa potenza innovatrice del passaggio dall’oralità alla scrittura. Riuscire a incanalare questa innovazione verso il bene comune è una delle grandi sfide del nostro tempo e le università sono in prima linea. Un tema su cui il network internazionale di Università Cattoliche SACRU sta lavorando da tempo con l’approccio multidisciplinare che lo caratterizza.
Il Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, aprendo i lavori del convegno The Future of Catholic Universities in the AI Age, ha sottolineato la necessità di rinnovarsi per aprirsi alle nuove sfide poste dalla realtà mantenendo saldamente la consapevolezza della propria identità e origine. Il meeting internazionale è organizzato dal network SACRU e ospitato oggi e domani nel campus milanese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Quello dell’Intelligenza Artificiale è un settore che, come ricordato dal presidente di SACRU Zlatko Skrbis, e dell’Australian Catholic University nel discorso di inaugurazione della prima sessione plenaria della due giorni, crescerà del 38% entro il 2030, quando il suo mercato globale si prevede varrà oltre 1500 miliardi di dollari. Una crescita impetuosa e costante, che rivoluzionerà ogni aspetto della nostra vita quotidiana: educazione, medicina, lavoro, lotta al cambiamento climatico.
«Personalmente ritengo che non si debbano temere i nuovi strumenti tecnologici ma imparare a utilizzare con saggezza le innovazioni per costruire nuovi percorsi didattici e di ricerca -ha dichiarato il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli-. le grandi sfide globali del nostro tempo hanno reso urgente la necessità di formulare nuovi modelli di pensiero». L’approccio multidisciplinare con cui SACRU affronta i temi e le grandi questioni del nostro tempo è una chiave vincente: «Questo è molto importante perché, come sappiamo, nella sua lettera enciclica Laudato Si’, Papa Francesco ha chiesto un dialogo virtuoso tra diverse discipline per rafforzare l’impatto della scienza per il bene comune».
Proprio questo è il filo rosso che guida i lavori delle sessioni plenarie e parallele in cui si articola il convegno, che nella giornata di domani si concluderà con un’anticipazione del Position Paper del network sul tema dell’AI: «Sono fiducioso -ha sottolineato Anelli-, che questo Colloquio Scientifico non sarà solo un’occasione per esaminare i vantaggi e i rischi di una particolare tecnologia. Al contrario, spero che riguardi gli scopi e le aspirazioni fondamentali delle università cattoliche in una società tecnologicamente avanzata. Gli atenei devono stare al passo con i tempi ed essere aperti all’innovazione».
Per fare ciò e incidere sulla realtà tutte le realtà educative devono sapere rischiare. Specialmente quando hanno a che fare con il futuro, di cui l’Intelligenza Artificiale è la più chiara manifestazione nel nostro presente: «Il rischio, lo sappiamo bene, è indissociabile da un contesto educativo degno di tale nome -ha confermato Tolentino-. Rischio ragionevole è, per esempio, nel contesto attuale, mantenere le priorità debitamente salvaguardate: la priorità dell’etico sul tecnico, il primato della persona sulle cose».
Diventa necessario quindi scegliere su cosa puntare e per il Cardinale Tolentino la strada è chiara: «L’investimento da fare è nella formazione di ogni membro della famiglia umana affinché possa sviluppare le proprie potenzialità cognitive, creative, spirituali ed etiche, e così contribuire, in un modo qualificato, al bene comune. La grande questione che sta dietro all’intelligenza artificiale continua ad essere antropologica». Tolentino, richiamandosi alle parole del Santo Padre, ha sottolineato come la vera frontiera sarà sempre più quella dell’algor-etica: le Intelligenze Artificiali non sono neutrali ma implicano la necessità di avere corpi sociali intermedi che diano rappresentanza alla sensibilità etica di ricercatori, educatori e scienziati. Il mondo tecnologico è sempre più complesso e tale aspetto non può essere abbandonato alla sensibilità del singolo.
In una sfida così ampia, che riguarda tutte le istituzioni accademiche e il mondo intero e che a un primo impatto potrebbe scoraggiare, le università cattoliche hanno una certezza: la fiducia che la promessa cristiana irradia. «Chi abita il mondo universitario non può permettersi di non avere speranza -ha concluso Tolentino-. La speranza è la nostra missione. Essa non è ottimismo superficiale, ma è un saper rischiare nel modo giusto».
SACRU è una rete composta da otto università cattoliche presenti su quattro continenti, coordinate dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, che cooperano assieme con l’obiettivo di promuovere un’istruzione globale per il bene comune e una eccellente ricerca interdisciplinare ispirata dall’insegnamento sociale cattolico.
Il network è stato fondato nel 2020 Ne fanno parte l’Australian Catholic University (Australia), il Boston College (Usa), la Pontificia Universidad Católica (Puc) de Chile (Cile), la Pontifícia Universidade Católica do Rio de Janeiro (Brasile), la Sophia University (Giappone), la Universidade Católica Portuguesa (Portogallo) e l’Universitat Ramon Llull (Spagna). L’Università Cattolica del Sacro Cuore è sede del Segretario, ruolo ricoperto dal prof. Pier Sandro Cocconcelli, Prorettore vicario, con delega per il coordinamento dei progetti di internazionalizzazione.
Di seguito il testo integrale del Cardinale José Tolentino de Mendonça:
La Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae offre alle università cattoliche un impulso ricco di incoraggiamento sul quale vale la pena di tornare. Esso è peraltro in linea con quanto affermato dal Concilio Vaticano II, dal momento che la Gravissimum Educationis aveva già posto come orizzonte delle scuole di grado superiore legate alla Chiesa di indagare «accuratamente le nuove questioni e ricerche suscitate dai progressi dell’epoca moderna», così che «si colga più chiaramente come fede e ragione si incontrano nell’unica verità» (n. 10). Lo spirito della Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae è certamente quello di radicare le università cattoliche nel «cuore della Chiesa» (n. 1) e della sua missione, nella «ardente ricerca della verità» (n. 2), nella «fedeltà al messaggio cristiano» (n. 13), e nell’«impegno istituzionale al servizio del popolo di Dio e della famiglia umana» (n. 13). Ma allo stesso modo sfida l’università ad assumere sé stessa come «un centro incomparabile di creatività» (n. 1), a sentirsi chiamata «ad un continuo rinnovamento» (n. 7), specialmente «nel mondo di oggi, caratterizzato da sviluppi tanto rapidi nella scienza e nella tecnologia» (n. 7). Il rinnovamento costante, in un’istituzione che fa della ricerca della verità e della sua trasmissione disinteressata il proprio modo di esistere, deve perciò essere considerato un fatto normale. Le università cattoliche devono in effetti dialogare con il nuovo, lavorare senza risparmiarsi sulle domande e le problematiche attuali, e costituirsi esse stesse come grandi laboratori del futuro. Dalle università cattoliche ci si aspetta non solo che custodiscano attivamente la nobile memoria dei giorni passati, ma che siano anche sonde, e culle, del domani. Tuttavia, questo rinnovamento che le caratterizza deve essere accompagnato e, come ci ricorda Ex Corde Ecclesiae, sostenuto da una «chiara consapevolezza» (n. 7) di quella che è la loro natura e identità. Per questa ragione, nelle diverse svolte storiche e culturali che le università cattoliche hanno affrontato, compresa la svolta attuale, così sfidante, si rende indispensabile coniugare sempre due termini: «rinnovamento» e «consapevolezza».
Sul «rinnovamento» e la «consapevolezza» si è espresso con insistenza papa Francesco, anche facendo luce sul tema del convegno scientifico che si inaugura adesso: The Future of Catholic Universities in the AI Age. Sono davvero opportune queste sue parole: «Siamo tutti consapevoli di quanto l’intelligenza artificiale sia sempre più presente in ogni aspetto della vita quotidiana, sia personale che sociale. Essa incide sul nostro modo di comprendere il mondo e noi stessi. Le innovazioni in questo campo fanno sì che tali strumenti siano sempre più decisivi nell’attività e perfino nelle decisioni umane». E la strada che egli ci indica è quella del dialogo e del discernimento, che si pongono chiaramente nella linea del «rinnovamento» e della «consapevolezza». Il Santo Padre esprime infatti «la convinzione che solo forme di dialogo veramente inclusive possono permettere di discernere con saggezza come mettere l’intelligenza artificiale e le tecnologie digitali al servizio della famiglia umana».
È fuor di dubbio che il futuro richiede una visione interattiva, una maturazione poliedrica della realtà e l’audacia di rischiare. Il rischio, lo sappiamo bene, è indissociabile da un contesto educativo degno di tale nome. Papa Francesco ce lo ricorda con passione: «Un educatore che non sa rischiare, non serve per educare… Tu sei sicuro in questo punto, ma questo non è definitivo. Devi fare un altro passo. Forse scivoli, ma ti alzi, e avanti… Il vero educatore dev’essere un maestro di rischio, ma di rischio ragionevole». Rischio ragionevole è, per esempio, nel contesto attuale, mantenere le priorità debitamente salvaguardate: «la priorità dell’etico sul tecnico», il «primato della persona sulle cose», «la superiorità dello spirito sulla materia», poiché «la causa dell’uomo sarà servita solo se la conoscenza è unita alla coscienza». Occorre quindi rafforzare un’antropologia integrale che inscriva la persona umana al cuore dei principali processi di civilizzazione. Il grande investimento da fare non può essere che quello umano, ossia l’investimento nella formazione di ogni membro della famiglia umana affinché possa sviluppare le proprie potenzialità cognitive, creative, spirituali ed etiche, e così contribuire, in un modo qualificato, al bene comune. La grande questione che sta dietro all’intelligenza artificiale continua ad essere antropologica. Le sfide che si pongono all’educazione non possono essere se non quelle che si pongono, oggi, alla persona umana.
Le università, e a maggior ragione le università della Chiesa, si trovano a un crocevia di possibilità culturali, scientifiche e sociali. Non vivono per sé stesse, come se fossero impermeabili bolle di realtà. Ben al contrario, esse si sviluppano nella misura in cui diventano capaci di ascolto, di esercizio corresponsabile di pratiche collaborative, di un generativo incontro di persone e culture. Ciò richiede un’intelligenza creativa, ma anche un discernimento che non può essere parziale, né improvvisato, ma solidamente basato sui propri valori. All’inizio del suo pontificato, sottolineando il ruolo decisivo delle università nelle dinamiche della transizione culturale che stiamo vivendo, papa Francesco così esortava: «È importante leggere la realtà, guardandola in faccia. Le letture ideologiche o parziali non servono, alimentano solamente l’illusione e la disillusione. Leggere la realtà, ma anche vivere questa realtà, senza paure, senza fughe e senza catastrofismi. Ogni crisi, anche quella attuale, è un passaggio, il travaglio di un parto che comporta fatica, difficoltà, sofferenza, ma che porta in sé l’orizzonte della vita, di un rinnovamento, porta la forza della speranza. E questa non è una crisi di “cambio”: è una crisi di “cambio di epoca”. È un’epoca, quella che cambia. Non sono cambiamenti epocali superficiali… L’Università come luogo di “sapienza” ha una funzione molto importante nel formare al discernimento per alimentare la speranza».
In relazione al «cambio di epoca» che stiamo sperimentando, mi viene in mente il modo prudente in cui nel Fedro di Platone si reagisce al passaggio da società basate sull’oralità a società in cui la scrittura diventa dominante. I pareri erano discordi. Per gli uni, la scrittura rende gli esseri umani più saggi ed è una medicina che viene in aiuto alla loro memoria. Per gli altri, i pericoli superano i vantaggi, e sostengono che la nuova forma di comunicazione «ingenererà oblio nelle anime: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di sé stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei… Potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla».
Indubbiamente, l’ingresso delle università cattoliche in questa nuova epoca storica rappresentata dalla transizione dall’analogico al digitale e dall’impatto, in larga misura ancora da scoprire e regolare, dell’intelligenza artificiale, ci obbliga a un delicato esercizio di responsabilità. Appaiono di particolare pertinenza le riflessioni di papa Francesco, che siamo chiamati ad accogliere. Dice il Santo Padre: «Siamo di fronte a un compito che coinvolge la famiglia umana nel suo complesso. Alla luce di quanto detto, non basta la semplice educazione all’uso corretto delle nuove tecnologie: non sono infatti strumenti “neutrali”, perché, come abbiamo visto, plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori. C’è bisogno di un’azione educativa più ampia… Esiste una dimensione politica nella produzione e nell’uso della cosiddetta “Intelligenza Artificiale”, che non riguarda solo la distribuzione dei suoi vantaggi individuali e astrattamente funzionali. In altri termini: non basta semplicemente affidarci alla sensibilità morale di chi fa ricerca e progetta dispositivi e algoritmi; occorre invece creare corpi sociali intermedi che assicurino rappresentanza alla sensibilità etica degli utilizzatori e degli educatori… Si intravede una nuova frontiera che potremmo chiamare “algor-etica”… La complessità del mondo tecnologico ci chiede una elaborazione etica più articolata, per rendere questo impegno realmente incisivo».
Curiosamente, un tema che non manca mai quando papa Francesco parla di università è quello della speranza. Quasi a farci pensare che siano termini sinonimi. Si tratta di un’esortazione a non lasciarci scoraggiare dalle difficoltà di questa temperie storica e ad affrontarla, piuttosto, illuminati da quella fiducia che la promessa cristiana irradia. Invece di globalizzare la paura e la certezza, Francesco ci incita a «globalizzare la speranza». La speranza non è un accessorio o una eventualità: ha una radice ontologica. Quando la speranza manca, manca la vita. Chi abita il mondo universitario non può permettersi di non avere speranza. La speranza è la nostra missione. Essa non è ottimismo superficiale, ma è un saper arrischiare nel modo giusto. Che le nostre università cattoliche, con gli strumenti del «rinnovamento» e della «consapevolezza», possano andare sempre avanti nel modo giusto.
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